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Bergoglio nel panico, processo a Viganò: cosa c’è dietro

Sui media è tutto un fiorire di articoli utili al depistaggio: alcuni parlano di sede impedita, ma riguardante Bergoglio, non Benedetto XVI

Istanza Andrea Cionci

Sono 11 anni che si dibatte sulla regolarità delle dimissioni di papa Benedetto XVI. Tale spinosa questione è costata anche la scomunica e la riduzione allo stato laicale di diversi sacerdoti. Per chiedere una risposta definitiva alla Chiesa, giovedi 6 giugno 2024 è stata depositata dallo scrivente, una “Istanza per il riconoscimento della nullità dell’abdicazione di papa Benedetto XVI” presso il Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.

Parliamo di un dossier di 100 pagine messo a punto dopo quattro anni di inchiesta, (900 articoli, 800 podcast, un bestseller da 20.000 copie, 120 conferenze, 2 premi giornalistici) insieme a cinque avvocati, di cui due canonisti, che ricostruisce come papa Benedetto XVI, messo alle strette da cospiratori, e addirittura dopo aver probabilmente subìto un attentato con sonniferi nel marzo 2012, a Cuba, abbia messo in sicurezza la Chiesa, facendosi porre in sede impedita proprio dalla convocazione di un conclave abusivo, convocato a papa non morto e non abdicatario.

L’istanza andrebbe anche nell’interesse di “papa Francesco”: se non c’è nulla da nascondere, un regolare procedimento giudiziario non potrà che fare chiarezza sulla sua legittimità.

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Ma evidentemente la notizia dell’istanza, divulgata tramite paline stradali e camion vela che girano per Roma (visto l’embargo mediatico mainstream) ha gettato nel panico l’inquilino di Santa Marta che subito ha provveduto, giusto ieri, a nominare un nuovo cancelliere al tribunale della Segnatura Apostolica. Perché? Sui media è anche tutto un fiorire di articoli utili al depistaggio: alcuni (Il Fatto quotidiano) parlano di sede impedita, ma riguardante Bergoglio, non Benedetto XVI. Altri (Domani, Corsera) citano alcuni messaggi di papa Benedetto già analizzati in Codice Ratzinger due anni fa, ma offrendone interpretazioni insulse e fuorvianti.

Sarà un caso, ma non si parla MAI (anche in termini negativi, volendo) della sede impedita di papa Ratzinger.

In tale contesto di furiosa “corsa ai ripari” dobbiamo collocare la convocazione a processo da parte del Dicastero per la Dottrina della Fede (Tucho Fernandez) di Mons. Carlo Maria Viganò che non ha mai smentito di essersi fatto riconsacrare vescovo dallo scismatico Mons. Williamson.

Molto strano: dal 2019 Viganò non veniva più preso in considerazione dal mainstream e anche le gerarchie vaticane lo hanno lasciato immune da sanzioni.

Perché proprio ieri, guarda caso, a due settimane dal deposito presso il Tribunale del Vaticano dell’istanza?

Eppure, Viganò ha fatto tempo fa, durante una conferenza online, un’affermazione categorica: “Quello che non possiamo fare, perché non ne abbiamo l’autorità, è di dichiarare che Bergoglio non è papa. La terribile impasse nella quale ci troviamo rende impossibile qualsiasi umana soluzione”. Non è vero perché la Universi Dominici Gregis afferma che se la rinuncia del papa non è a norma, l’elezione che ne consegue è nulla e non occorre una dichiarazione ecclesiastica in proposito. Tutti i Christi fideles possono dire che Bergoglio non è papa.

Ma Viganò non lo ha mai fatto ma il peggio è che nonostante sia stato letteralmente bombardato da chi scrive, nel carteggio degli ultimi anni, di centinaia di articoli, libri, lettere pubbliche e private in merito alla ovvia questione della sede impedita di Benedetto XVI, Viganò non ne ha mai voluto ragionare, non l’ha mai smentita, si è solo limitato a screditare lo scrivente a livello personale affibbiandogli l’abusato e ridicolo cliché del “romanziere alla Dan Brown”, QUI nonostante la quadriennale inchiesta alla quale hanno partecipato latinisti, canonisti, storici della Chiesa, avvocati, filosofi di fama.

L’arcivescovo di Ulpiana però non ha di fatto messo in campo alcunché per contrastare Bergoglio o metterlo in discussione. Si è limitato a fondare un’associazione, Exsurge Domini, per raccogliere denari e fondare una sorta di enclave tradizionalista. Allo stesso tempo, ha terribilmente diffamato papa Benedetto XVI scrivendo su Twitter: “Siamo governati da apostati e questo dura dai tempi del Concilio”, o mettendo like a un tweet che affermava: “Ratzinger è eretico tanto quanto Rahner”.

Viganò ha invece propalato una teoria borderline che vede negli autori Massimo Viglione ed Enrico Maria Radaelli i principali alfieri. Costoro sostengono, con alcune sfumature differenti, che Benedetto XVI, pur cacciato dai modernisti, avesse voluto dare un colpo di coda facendo loro un regalo e creando una sorta di doppio papato modernista, scambiando la reale, ovvia, dicotomia tra un antipapa attivo e un papa impedito per una strana, irrituale e giuridicamente impossibile convivenza tra un vero papa attivo e un vero papa in pensione.

Per quale motivo, poi? Tanto per citare un’ovvietà, se ci fossero stati due veri papi, perché Benedetto nei nove anni da emerito-impedito avrebbe ribadito “il papa è uno solo”? Risposta non pervenuta. Questa dottrina lunare e blasfema, tenuta in piedi forse per mero puntiglio intellettuale, si può rivelare tuttavia, un utilissimo strumento nelle mani di Bergoglio.

Il modus operandi di Viganò, dopo anni di disperati tentativi di instaurare un dialogo sulla patente realtà della sede impedita, ci ha portati a pensare che l’arcivescovo sia un perfetto GATEKEEPER, cioè un promotore del dissenso controllato: egli di fatto convoglia tanti tradizionalisti e bravi cattolici portandoli sul binario morto della assoluta inoffensività per Bergoglio. Adesso in tanti torneranno a considerarlo un paladino antibergogliano, e finiranno nel sacco.

Ecco che in questo contesto si inquadra in modo coerente lo strano tempismo della strana convocazione a processo promulgata da Tucho Fernandez. Tale provvedimento potrebbe funzionare come un’intimidazione verso i prelati che volessero prendere posizione contro la legittimità di Francesco. Sarebbe anche un ottimo diversivo mediatico per stornare l’attenzione da un eventuale processo sulla sede impedita di Ratzinger, oscurandolo, oppure per confondere la gente con argomentazioni fumose e divergenti.

Se il processo in sede del tribunale del Dicastero per la fede dovesse condannare Viganò, questo potrebbe far fare di tutt’erba un fascio con la sede impedita e/o tentare di condizionare l’operato dei magistrati del Tribunale vaticano, creando una sorta di confitto fra i due enti.

Ma la mossa più ardita e furba potrebbe tratteggiare questo scenario: l’arcivescovo si difende a spada tratta parlando della nullità dell’abdicazione di Ratzinger NON PER SEDE IMPEDITA, ma spacciando ai media la barzelletta del Benedetto XVI eretico e modernista e dell’impossibile doppio papato.

Il Dicastero per la Fede gli potrebbe dare inaspettatamente ragione e così per risolvere convocano i cardinali pre 2013 per un conclavetto-farsa tanto per rieleggere formalmente Bergoglio, o meglio eleggerlo validamente per la prima volta. Così Bergoglio verrebbe sanato, il temporaneo impasse sarebbe tutta colpa di un Ratzinger eretico, rimbambito e modernista e questo piccolo disastro, sanato grazie al Viganò – che avrebbe in cambio l’assoluzione e le sue prebende – giustificherebbe ancor meglio la demolizione definitiva di tutto ciò che resta della vecchia Chiesa dei papi postconciliari.

La prova evidente di questo disegno sarà nel fatto che Viganò, nella sua difesa, continuerà ad evitare in modo chirurgico di parlare della sede impedita di Benedetto XVI. Non ne farà la minima menzione, e anche i media confiscati da Bergoglio se ne guarderanno bene. Ma sarà proprio l’assordante silenzio sulla questione a metterla ancor più in risalto.

Parleremo di Viganò, dell’istanza e del verosimilissimo attentato a papa Benedetto domenica 30 presso l’Hotel St. John di Roma.