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Dopo il G7: analisi del voto per il Parlamento Europeo

Le votazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo hanno decretato la forte avanzata della Destra politica e le difficoltà della Sinistra e dei Neoliberali

Le bandiere dei Paesi membri della Comunità europea

Foto di Ali Levlog: https://www.pexels.com/it-it/foto/uomo-francia-punto-di-riferimento-bandiere-14232002/

Le votazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo hanno sancito la forte avanzata dei partiti della Destra Politica, sia moderata che estrema. In Francia la lista Renaissance di Macron è stata surclassata da quella del Rassemblement National: la prima ha preso 13 seggi sugli 81 spettanti ai francesi, la seconda 30.

Pertanto Marine Le Pen potrebbe di diritto aspirare a guidare un governo con la propria politica, oppure ad entrare con un certo peso in un governo di coalizione per non rompere l’unità nazionale.

Per uscire dalla sua difficile situazione, Macron ha dato subito le dimissioni da Presidente e indetto nuove elezioni a breve, per la fine di giugno, seguite dal ballottaggio.

Le vecchie sinistre ed i sindacati lo appoggiano con le manifestazioni di piazza, che non dovrebbero però cambiare l’orientamento dei votanti, ben diverso da coloro che si sono astenuti.

Anche in Italia vince ancora la destra

Allora, cosa succederà se le destre ripeteranno la vittoria, magari in forma più pesante?

Magari i francesi, orgogliosi nazionalisti, quest’anno potrebbero festeggiare la presa della Bastiglia con la decapitazione dello stesso Macron, cioè con l’estinzione del suo movimento.

Anche da noi in Italia c’è stato un forte avanzamento delle destre, bilanciato però dalla crescita del PD guidato dalla Schlein.

Fratelli d’Italia si conferma come il primo partito, sfiorando il 29 % dei consensi; il PD supera il 24% , recuperando 5 punti rispetto alle precedenti elezioni politiche.

Il M5S di Conte crolla sotto il 10 % , Forza Italia sale oltre il 9 % , seguita dalla Lega di Salvini.

Un exploit il risultato di AvS (Alleanza Verdi-Sinistra) di Bonelli e Fratoianni, che ottiene il 6,6 % , con l’elezione politica di Ilaria Salis.

Le ammucchiate e i partiti minori non sono piaciuti

Bocciate le liste minori, quella di Calenda e l’ammucchiata (piccola ed eterogenea) di Renzi con la Bonino: sarebbe il caso che quei due signori, in particolare la vecchia cariatide, non si vedessero più sui teleschermi; ma si sa, hanno una tenacia simile alla loro faccia di bronzo.

Un grosso e prevedibile exploit anche per il generale Vannacci, che giustamente ha criticato Bossi (“traditore”), il quale ha votato Forza Italia contro Salvini e la sua stessa Lega; adesso si spaccia per nazionalista, sperando che gli Italiani abbiano dimenticato che in passato si vantava di usare la bandiera tricolore come carta igienica.

In questo panorama di risultati concreti e squallide dichiarazioni dei perdenti, le uniche persone che possono gioire sono la Schlein e la Meloni. La prima per il suo forte recupero, la seconda per il fatto di dirigere il Governo più stabile in Europa; da apprezzare anche il fatto che, anche se nel suo linguaggio colorito, abbia dichiarato di voler fare il bene di tutti gli italiani.

Purtroppo, tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare.

Analisi delle opinioni pubbliche

Se cerchiamo di esaminare le ragioni di questo cambiamento dell’opinione pubblica (che qualche commentatore giudica epocale), ne rileviamo almeno di due tipi fondamentali.

In Francia, già quando era capo del Governo, Macron aveva creato il movimento La République En Marche, fondato sulla sua volontà di dirigere un partito personale di stampo neoliberista e vagamente socialista alla Tony Blair. Successivamente, da Presidente della Repubblica, ha fatto alcune riforme che hanno aumentato il potere degli imprenditori e delle banche, passando in secondo piano gli interessi dei lavoratori e quelli della frazione precaria della popolazione.

Perciò il suo appello ad un rapido ritorno alle urne non dovrebbe tornare a suo favore, anzi ci potrebbe liberare della figura di un nuovo De Gaulle in sedicesimo, di cui non c’è proprio necessità.

Del resto, la sua posizione favorevole ad un impegno più forte e diretto a fianco dell’Ucraina contro la Russia, in Europa sarebbe appoggiata soltanto dai Popolari e Socialisti tedeschi, anch’essi in gravi difficoltà interne. Significativa la freddezza del saluto con la Meloni.

Le esigenze interne degli Stati europei ed i loro contrasti si sono riversate sul G7, condizionando le discussioni in tutti i gruppi di lavoro

Subito dopo le elezioni europee, si è svolto in Italia, a Fasano, il vertice del G7, il cui programma prevedeva sei sessioni di lavoro su : Africa, Ucraina, Medio Oriente, Migrazioni; Sviluppo e Cambiamento climatico, Energia e Intelligenza Artificiale.

Ricordiamo che il G7 è il gruppo delle sette potenze più industrializzate: Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e USA; ne è stata esclusa la Russia.

Sono stati invitati come ospiti alcuni Stati africani, l’Arabia Saudita, Argentina e Brasile; e, per la prima volta, il Papa, che ha dato la sua opinione sulla guerra e l’ambiente.

Si sa che tutte le discussioni hanno come oggetto le politiche di mercato, al fine di stabilire una politica economica mondiale condivisibile, per cui importanza particolare acquisivano le posizioni sulle guerre in Ucraina e Medio Oriente.

Per ovvi motivi di visioni e schieramenti diversi dei Paesi partecipanti, non ne è riuscita una posizione comune condivisa, ma una serie di dichiarazioni di intenti divergenti e poco realistici.

In particolare, è stato ribadito l’appoggio più forte e diretto all’Ucraina contro la Russia, tacciando quest’ultima di volontà imperialista e “dimenticando” lo storico servilismo europeo verso gli USA.

Riguardo il conflitto in Medio Oriente, si è ribadita la vecchia tesi dei due Stati sovrani e indipendenti, ormai inattuabile.

Ogni partecipante ha cercato di differenziare le sue posizioni da quelle generali, pensando più ai problemi interni del proprio Paese.

La Meloni ha dichiarato sì di appoggiare l’Ucraina, ma senza impegno diretto.

Le riforme del Governo Meloni

Nelle successive conferenze stampa ha confermato la sua volontà di riformare gli accordi europei in senso meno restrittivo come altri vorrebbero. Rivolta a noi, ha ribadito il suo pensiero riguardo lo sviluppo del Paese e la lotta alle disuguaglianze socioeconomiche da attuare tramite le Riforme costituzionali: Premierato, Autonomia e Magistratura.

La prima era già stata approvata prima delle votazioni per l’Europa.

In questi ultimi giorni è stato approvato alla Camera (era già passato in Senato all’inizio dell’anno) il DdL sull’Autonomia Differenziata, con grande esultanza della Lega e del Ministro per le Riforme Calderoli.

Il quale, all’avanzare di una bandiera tricolore è arretrato come un vampiro di fronte alla Croce.

Ne è seguita una rissa da osteria tra maggioranza ed opposizione, non proprio degna di quello che si definisce un Parlamento democratico.

Questo provvedimento, passato come Legge ordinaria in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione operata dal governo D’Alema gli inizi del duemila, dovrebbe favorire lo sviluppo di tutte le Regioni nelle intenzioni dei promotori.

Le vere ragioni sono economiche

Ma gli effetti reali saranno il contrario delle buone intenzioni: infatti, dietro la soddisfazione della Meloni avanza la dichiarazione del ministro leghista Giorgetti della necessità di chiudere i rubinetti della Finanza Pubblica, se si vuole combattere l’inflazione.

E’ quindi ovvio che le Regioni più ricche – il Centro-Nord – si arricchiranno ancora, mentre il Sud regredirà al livello della crisi degli anni ’70.

L’altro effetto di queste riforme, non secondario, sarà quello di mettere tutto il potere nelle mani del Governo e dei Governatori delle Regioni, riducendo la funzione del Parlamento a quella di approvare le leggi già decise da altri soggetti.

La riforma della Giustizia voluta dalla maggioranza di Governo nel nostro Paese

Confronto con le strutture giudiziarie degli Stati “democratici” dell’UE.

Con l’approvazione della riforma voluta dal ministro Nordio, il prepotere dell’Esecutivo verso il Legislativo ed il Giudiziario sarà totale.

Attualmente, nella nostra Costituzione si legge: Art. 101:” La giustizia è amministrata in nome del popolo”; Art. 104:”La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. Il Consiglio Superiore della Magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Ne fanno parte di diritto il primo Presidente e il Procuratore generale della Corte di Cassazione.

Gli altri componenti sono eletti per 2/3 da tutti i magistrati ordinari, e per 1/3 dal Parlamento riunito in seduta comune e scelti tra Professori ordinari di Università e Avvocati con 15 anni di servizio.

Il Consiglio elegge il Vicepresidente tra i designati dal parlamento.

I membri elettivi durano in carica 4 anni e non sono immediatamente rieleggibili; mentre sono in carica non possono essere iscritti negli albi professionali né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale”.

Al CSM spettano le assunzioni, i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Il Ministro della Giustizia ha facoltà di promuovere l’azione disciplinare.

La magistratura resterà indipendente?

Nordio ha dichiarato che la sua riforma non tocca l’indipendenza della Magistratura, ma è falso.

Infatti, il suo progetto, approvato lo scorso fine maggio, prevede: 1) separazione delle carriere e istituzione di due C.SM. ; 2) PM (Pubblico Ministero) nominato dal Governo.

Il primo punto stabilisce la separazione all’origine tra i magistrati che esercitano la funzione requirente (cioè, i PM che conducono le indagini)e quelli che esercitano la giudicante (i giudici dei tribunali e delle corti). Motivazione a sostegno di questa impostazione, il fatto che quando il magistrato passava dalla funzione di PM a quella di giudice portava con sé la formazione inquisitoria, che pregiudicava un giudizio equilibrato. Per questo motivo Berlusconi accusava la magistratura di persecuzione politica nei suoi confronti.

La composizione dei due CSM

I due nuovi CSM saranno composti dagli stessi tre membri di diritto del vecchio; più altri 30, di cui 20 togati (magistrati) e 10 laici (cioè, politici), tutti scelti per sorteggio, anziché nominati o votati.

La legge prevede inoltre l’istituzione di un’Alta Corte come organo disciplinare, composta da 15 membri: tre nominati dal Presidente della Repubblica; tre estratti a sorte da un elenco preparato dal Parlamento, sei magistrati giudicanti e tre requirenti estratti a sorte nelle rispettive categorie.

Mi sembra che con tale composizione il controllo della politica sulla magistratura diventi effettivo.

Riguardo al secondo punto, le indagini su una notizia di reato saranno condotte in modo autonomo dalla Polizia giudiziaria; il PM ne sarà informato soltanto alla loro conclusione, potendo decidere di condurre l’azione penale o archiviare il fascicolo ricevuto.

Lo stesso modello in Europa?

Nel costruire questa riforma la maggioranza si sarebbe ispirata alla Raccomandazione 19 del 2000 del Consiglio d’Europa, che definisce il Pubblico Ministero come un organo imparziale, riferendosi al quadro legislativo internazionale.

Infatti, in questo la posizione del PM varia da una situazione di indipendenza simile a quella del giudice in Italia ad una di parziale o totale dipendenza dal potere esecutivo.

In Francia si accede alla magistratura tramite concorso pubblico. La costituzione distingue il ruolo di giudice da quello del PM, che sta sotto l’autorità del Ministero di Giustizia; però, è indipendente nella conduzione delle indagini preliminari.

In Germania invece si può esercitare la professione di giudice, PM, avvocato, dopo il superamento degli esami di stato. Il PM viene nominato dalle Amministrazioni della Giustizia nei diversi Lander; c’è inoltre un PM federale, competente per i reati che minacciano l’interesse generale del Paese.

L’esecutivo determina la carriera del PM, che non è inamovibile ed è obbligato a rispettare le direttive del Ministro della giustizia.

In Inghilterra la funzione del PM è svolta da un avvocato nominato Prosecutor, sotto la direzione del Chief Crown Prosecutor (Procuratore capo della Corona).

La supervisione spetta all’Attorney General (Procuratore Generale), membro del governo nominato dalla Regina su proposta del Primo Ministro.

La fase investigativa è competenza della Polizia giudiziaria, che formula l’accusa (charge) e la trasmette al Prosecutor, il quale può decidere di avviare l’azione penale o archiviare il caso, valutando la consistenza delle prove e l’interesse pubblico.

Da quanto riportato, ricordando che la pratica della giustizia inglese si basa sul common law secolare e la magistratura è tenuta in alta considerazione, se ne ricava la sostanziale indipendenza rispetto agli altri poteri dello Stato.

L’Esperienza Americana

Situazione poco diversa negli Stati Uniti. La funzione di Pm è del District Attorney, un avvocato chiamato ad un ruolo pubblico, in alcuni Stati eletto dai cittadini, in altri nominato dal Governatore. Anche negli USA le indagini preliminari sono svolte dalla Polizia giudiziaria, che poi le trasmette al Pm; questi deciderà se avviare il procedimento penale o archiviare il caso.

Sembra perciò che l’attività del Pm sia strettamente soggetta alla Politica; eppure, sempre in base all’evoluzione storica, accade spesso che il PM metta sotto inchiesta lo stesso Governatore che l’ha nominato. Tutto ciò significa che è sbagliato fare paragoni tra sistemi giudiziari diversi, originati da storie diverse e fondati su una generale accettazione sociale dei diritti e dei doveri dei cittadini.

La cosa che manca di più a noi Italici

Di fronte a questo complesso di cambiamenti, diverse forze politiche stanno già iniziando campagne di raccolta di firme per referendum abrogativi.

Ma la cosa più forte sarebbe quella di alimentare una vasta e profonda disobbedienza civile.