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Il mantra sul “viaggio lungo e rischioso” per Bergoglio: cosa c’è dietro?

Secondo l’ex direttore de L’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, addirittura “sembra una replica dell’ultimo viaggio di Paolo VI”

Da Repubblica al Messaggero, dal Corriere a La Stampa, al Sole 24 ore e via così passando per tutte le agenzie: la nota di linguaggio sul viaggio apostolico di antipapa Francesco è che si tratta del “ più lungo”, “pesante e rischioso” come titola Franca Giansoldati su Il Messaggero.

Secondo l’ex direttore de L’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, addirittura “sembra una replica dell’ultimo viaggio di Paolo VI”.

“Gli acciacchi non frenano l’impeto missionario del Pontefice gesuita, nonostante qualche apprensione serpeggi anche tra i suoi collaboratori” scrive Iacopo Scaramuzzi su Repubblica.

Sembra quasi che “gliela stiano tirando” al povero Francesco.

Insomma, il messaggio che il Vaticano ha voluto far passare a tutti i costi è che questo pseudo-viaggio apostolico è una vera “impresa-monstre”, come l’ha definita Rainews.it,  e potrebbe perfino costargli caro.

Quando ci si trova in presenza di queste veline a reti unificate è sempre il caso di drizzare le antenne.

Abbastanza strano che proprio adesso Bergoglio, 87enne, reduce dalle bronchiti dell’inverno, si faccia prendere dall’urgenza di andare a visitare presunte “moltitudini inneggianti” di cattolici in Papua Nuova Guinea (30% di cattolici), Indonesia (2,9%), Timor Est (95%) e Singapore (5%). Non proprio dietro l’angolo.

In effetti, il viaggio è oggettivamente massacrante, in due continenti, da compiersi in appena 11 giorni, ma “Parigi val bene una messa”.

Cosa bolle in pentola? Partiamo da alcune oggettive stranezze: abbiamo già visto come i cambiamenti delle esequie pontificie annunciati nel 2024 da Bergoglio nel libro “El Sucesor” fossero conosciuti dallo scrittore britannico Robert Harris che li inserisce nel suo romanzo “Conclave” già dal 2016.

Cambiamenti che impongono il corpo del papa velato e chiuso nella cassa già durante la prima (e unica) veglia, alla quale partecipano pochi porporati.

Bergoglio ha disposto che in San Pietro non sarà più esposto il corpo del papa alla devozione dei fedeli, nella seconda veglia tradizionale, ma un feretro già chiuso e sigillato. In questo modo – è chiaro – nessuno potrà avere la certezza che dentro vi sia davvero il suo corpo.

Ancora più curiosa la realizzazione di un appartamento ospedaliero nel palazzo della basilica di S. Maria Maggiore, dove Bergoglio dice di voler farsi tumulare. Che senso ha un ospedale privato nel luogo dove ci si vuol far seppellire?

Insomma, gli ingredienti per la sceneggiatura di un film, in cui si parli di una morte simulata per un antipapa in fuga, sulla carta ci stanno tutti.

Del resto, ormai la questione della sede impedita è stata scoperta, sono stati informati la Segreteria di Stato, la Gendarmeria pontificia, la Guardia svizzera, e dal 6 giugno scorso il Tribunale penale dello Stato della Città del Vaticano.

Come potrebbe cavarsela, in un film fantareligioso, un antipapa così pizzicato? L’istanza in tribunale non si può respingere, senza una palese ammissione di colpa. Sparire nel nulla non può, per non rovinare tutto, né potrebbe farsi arrestare. L’unica soluzione sarebbe nell’organizzazione di una finta morte, in modo da salvare la faccia e lo status quo, evitare lo scandalo e proseguire con un nuovo conclave illegittimo nell’elezione del futuro antipapa Giovanni XXIV. Magari in questa funeral-exit strategy riesce a trovare anche una quadra con i suoi nemici, tutti accomunati dal vecchio motto clericale del “sopire troncare, troncare sopire” manzoniano. A screditare Benedetto XVI facendolo passare per eretico e modernista, intanto, ci pensa il fido Viganò che però, goffamente, ammette che la rinuncia di Ratzinger è nulla e invalida.

Tutti i media mainstream sono stati militarizzati e hanno il divieto assoluto di affrontare anche solo di striscio il tema “sede impedita”.

Così, su questo strano viaggio apostolico in Asia e Oceania ci permettiamo di abbozzare un altro plot per un romanzo alla Dan Brown, secondo la formula utilmente fornitaci dagli avversari. (Chi ci vieta di fantasticare?).

Ed ecco la sceneggiatura: sfumata l’ipotesi S. Maria Maggiore, per lo spoiler di alcuni giornalisti maliziosi, scatta il Piano B. I media mainstream vengono mobilitati per spingere al massimo sulla retorica di un viaggio apostolico pesante e rischioso che Bergoglio porta quasi a termine. Tuttavia, intorno al 10 settembre (Timor Est) o all’11 (Singapore), verso la fine dell’epica impresa, quanto incontra i gesuiti locali, magari presso la nunziatura apostolica (come previsto per l’’11) improvvisamente Francesco “si sente male” e si fa ricoverare in un ospedaletto locale, o magari proprio all’interno della nunziatura, come da tempo predisposto. Oppure, meglio ancora, viene fatto oggetto di un simil-attentato, come avvenne (realmente) per Paolo VI a Manila.

Bergoglio si trova lontanissimo da Roma e non può essere raggiunto dal Segretario di Stato, dal decano e dagli altri dignitari di maggior rilievo. Dopo qualche giorno di apprensione, il buon papa Francesco lascia questa vita, come voleva lui “fra i poveri e gli ultimi del mondo”: la cassa ben sigillata viene rimpatriata, ma nessuno oserà scoperchiarla per verificare che dentro ci sia davvero l’illustre defunto. Viene così esposta la bara chiusa in San Pietro, e poi tumulata in S. Maria Maggiore. E buonanotte ai suonatori. Tutti si concentrano sul prossimo conclave col toto-nomi per un nome che si conosce già: Giovanni XXIV, dal nome di quello che i massoni ritengono il proprio santo protettore e che il filomassone Pannella già invocava nel 2005.

Ci auguriamo che tale ipotesi rimanga solo una bozza per una sceneggiatura di un film di cattivo gusto e che Bergoglio possa tornare sano e salvo, per affrontare tutte le sue responsabilità.

Fino in fondo.