16ª Festa del Cinema di Roma – Verdone e Muccino, un assaggio delle serie italiane “d’autore” in arrivo
Due serie tv italiane di cui si parlava da tempo: quella di Muccino, reboot dell’omonimo film, e quella di Verdone, plasmata su di lui e a lui intitolata. Le abbiamo assaggiate per voi
Eventi Speciali
A CASA TUTTI BENE
Serie, Italia 2021, durata episodio 50’. Regia: Gabriele Muccino
VITA DA CARLO
Serie, Italia 2021, durata episodio 25’. Regia: Carlo Verdone, Arnaldo Catinari
L’avanzata delle serie tv
Lo stiamo vedendo: sempre più autori di cinema si volgono alla tv, una volta considerata la sorella sempliciotta. Le ragioni sono note o ipotizzabili: i soldi (già da un pezzo anche i film fatti per la sala in realtà aspettano solo di essere venduti e passare per i network televisivi). La visibilità che gliene viene (c’è più pubblico, e quindi in cascata viene tutto il resto). La consapevolezza dell’appeal raggiunto dalle utility domestiche (schermi sempre più grandi e definiti, magari con dolby; offerta stellare di canali, costi fattibili; ma anche divani comodi, frigo dietro l’angolo, cibo, ecc.). Infine la socialità sempre più immateriale, demandata al digitale delle piattaforme.
Non fanno eccezione gli autori nostrani. E anche la Festa ne diventa la cartina di tornasole; così sono approdate sul tappeto rosso due serie attese: A casa tutti bene, di Gabriele Muccino, e Vita da Carlo, di Carlo Verdone.
“A casa tutti bene”
Muccino aveva sempre lavorato solo col cinema. Ma anche lui evidentemente soggiace alle sirene dei ricchi network.
Ed è così che bissa il se stesso delle sale riprendendo il soggetto del film del 2018 e ridisegnandolo, con molta libertà, un metraggio tanto più lungo, e interpreti tutti cambiati. Ne vengono fuori 8 episodi per Sky, programmati per dicembre.
Per raccontarci, in sostanza, l’incapacità di essere felici in seno alla famiglia. E il dilemma se arrendersi a questo destino o provare a cambiarne il verso.
Non so se alla fine l’assunto sarà dimostrato; so solo che si esce dal pilot del primo episodio, proiettato ieri alla Festa, con la sensazione di essere su una fiction delle tv generaliste più di bocca buona.
La colpa è di un casting infelice: a parte Francesco Acquaroli, vecchio marpione romano che abbiamo avuto modo di apprezzare varie volte, più di tutte nella serie Suburra; e Francesco Scianna (Baaria, Latin lover), tutti gli altri sembrano impegnati in un saggio di fine corso. Laura Morante compresa, a disagio più che mai, nervosa più che mai, naturale mai. Paradossalmente ne esce meglio Emma Marrone, prestata alla prosa dal mondo della canzone.
Muccino ha riportato dalla sua lunga parentesi americana una serie di convinzioni che immagino lui consideri insegnamenti: il più vistoso è che bisogna muovere a più non posso la macchina da presa; non solo tallonando i personaggi lungo stanze, corridoi e scale in lunghi piani sequenza da ottovolante, ma se stanno fermi girandogli vorticosamente intorno, senza valore aggiunto. Non solo – immagino – costringendo gli attori a grossi sforzi per mantenere la concentrazione, ma anche dando il capogiro allo spettatore.
Peccato, perché gli inizi carriera erano buoni. Mertava un avvenir migliore, gli diremmo parafrasando Giorgio Germont nella Traviata.
Il guaio con le serie è che, anche quando non ti piacciono, rischi di restare impigliato alla trama, e così autolesionisticamente vai avanti con le puntate, per sapere come va a finire (complice qui una trama tinta di giallo). Quello che succederà a noi, che alla Festa abbiamo potuto vedere solo il primo episodio.
“Vita da Carlo”
Va meglio con Vita da Carlo, di cui sono stati proiettati 4 episodi perché brevi – mezz’ora l’uno. Serie prodotta da Amazon Prime.
Qui Verdone fa esplicitamente se stesso, con qualche particolare biografico ovviamente cambiato o camuffato. Con le sue idiosincrasie, la sua nota ipocondria, la sua maniacale competenza medico-farmacologica, la sua attitudine a farsi trascinare controvoglia in situazioni imbarazzanti o incresciose.
Gli fa da spalla un ottimo Max Tortora, sempre in parte, sempre naturalmente gigionesco. Monica Guerritore è la moglie separata; guerritoreggia. Qua e là, cammei e siparietti di altri noti attori, alcuni particolarmente azzeccati come l’incontro con Alessandro Haber di notte, a villa Borghese.
Ad essere sinceri, qui Carlo qualche sconto a un pubblico più facilone lo fa: a momenti caustici e graffianti delle italiche manchevolezze di cui lui è signore, si alternano battute un po’ da Bar Sport, personaggi fastidiosamente di maniera, come ad esempio quel fidanzato della figlia, parassitario e buono a nulla. O gag già brillantemente giocate in passato, e qui rispolverate stirandole in maniera a volte irritante; come quella del cellulare che gli suona sempre, nei momenti meno opportuni, e lui che si arrabbia ma non fa la cosa più semplice, spegnerlo.
Ma Verdone è Verdone, l’ultimo vero grande della commedia italiana. Bene così e lunga vita!