3.783 decessi per l’esclusiva responsabilità del Covid: un’analisi numerica controversa
La cifra 3.783 rappresenterebbe, secondo i conteggi dell’ISS, il numero di decessi legati alla esclusiva responsabilità del Covid
Nelle televisioni, nelle piazze ribelli e sui giornali si dibatte continuamente su questo 3.783 che rappresenterebbe, secondo i conteggi dell’ISS, il numero di decessi legati alla esclusiva responsabilità del Covid perché i deceduti, con tampone positivo al Sars-cov2, non avevano altre patologie croniche gravi.
Le cause di un decesso
Al contrario, gli altri con tampone positivo presentavano una o più malattie croniche preesistenti e dunque il Covid-19 non sarebbe l’esclusiva causa di morte, ma una sorta di concausa. Chiaramente, pur non essendo un medico, posso dire ragionevolmente che non si può definire con chiarezza quale sia la causa definitiva di un decesso in presenza di più patologie gravi se non, eventualmente, a seguito di un accurato esame autoptico.
In questo caso sono state analizzate le cartelle cliniche di 7.900 persone, di cui 230 sono risultate positive al Sars-cov2 ma senza altre patologie croniche e pertanto il 2,9% della popolazione analizzata risulterebbe colpita esclusivamente da questa patologia con esito fatale.
Applicando il 2,9% sul totale dei deceduti risultati positivi al tampone (oltre 130.400 in totale) si ottiene questo famoso 3.783.
Il dibattito verte continuamente sul fatto che i restanti 126.000 e oltre non sarebbero morti se non avessero contratto il famigerato virus. Questa eccezione, a mio parere non ha alcun senso.
Un esempio
Porto un esempio di vita comune che può aiutarci nel ragionamento.
Un giovane abile alla guida di un’autovettura si muove con destrezza nelle strade di alta montagna su un asfalto scivoloso, ricco di ostacoli, animali selvatici che attraversano all’improvviso, ma grazie ai suoi riflessi pronti riesce a evitare incidenti.
Dopo molti anni, ormai ultraottantenne, la capacità alla guida è peggiorata fortemente, i riflessi non sono più quelli di una volta, ma lui si ostina a guidare come prima sulle stesse strade.
Passa un animale selvatico, l’uomo sbanda e va colpire un palo e muore.
Possiamo dire che se quel cervo non avesse attraversato la strada l’uomo sarebbe ancora vivo, ma possiamo anche dire che dopo un giorno o un mese o chissà quando un altro ostacolo (animale, buca, asfalto viscido etc..) sarebbe potuto essere fatale perché il problema non è l’ostacolo in sé, ma sono i riflessi e la capacità ormai di gestirsi in situazioni pericolose.
In questo senso il discorso sull’impatto del virus non è ponderabile.
L’analisi dei numeri dei decessi per Covid
Per capirne l’impatto ha più senso analizzare freddamente i numeri.
Se l’elemento esterno (virus, ostacolo lungo la strada) fosse così pericoloso, in pochi si salverebbero a prescindere dalle altre malattie pregresse. Se questo virus fosse un veleno mortale (e così ce lo stanno passando da mesi, ormai da due anni quasi) le percentuali sarebbero molto più vicine tra loro nelle diverse fasce (zero, una, due, tre o più malattie) perché il virus avrebbe una prevalenza di impatto come causa prima di decesso.
Qui, invece, ci troviamo con una forbice molto ampia tra la prima fascia (zero malattie premesse) e la quarta fascia (tre o più malattie) che va dal 2,9% al 67%.
Da questo deduco che questo virus non ha un impatto così determinante.
In più ci troviamo di fronte a un crescendo di percentuali nel passaggio da una fascia all’altra, in linea con ciò che logicamente ci si aspetta da una simile analisi, a prescindere dalla presenza di un elemento esterno (virus) che no sembra dunque risultare determinante.
Per completezza si potrebbe prendere una campione di altre 7.900 persone, interno ai 130.400 deceduti, con cartteristiche simile all’altro campione, ma stavolta con tampone negativo.
Se confrontando i risultati dei due campioni ci trovassimo di fronte a risultati simili, questa sarebbe l’ulteriore conferma che il virus in questione non ha avuto grande impatto sulla mortalità delle 130.600 persone decedute.