3 milioni di giovani non studiano né lavorano, Crepet: “Colpa del reddito di cittadinanza”
Il sociologo: “La Meloni lo ha capito molto bene” Poi aggiunge: “E’ un’economia capovolta, i giovani dipendono dai nonni”
Sono più di 3 milioni i giovani dai 15 ai 34 anni che non lavorano e non studiano. A dirlo un’indagine effettuata da ActionAid e Cgil, all’interno del Rapporto “Neet tra disuguaglianze e divari. Alla ricerca di nuove politiche pubbliche“.
Dati che inducono a un’attenta riflessione, soprattutto perché tra scoraggiati, ex occupati o giovanii alla ricerca della prima occupazione è un elemento che evidenzia una forte necessità di indirizzare politiche nazionali e territoriali nei confronti dei giovani.
Come combattere questa tendenza negativa? Quali le cause, quali le eventuali contromisure da adottare? Lo abbiamo chiesto al Prof. Paolo Crepet, psichiatra, sociologo, educatore, saggista e opinionista italiano.
Professore, che idea si è fatto in relazione all’argomento?
“Questo è un dato che conosciamo da diverso tempo. Il problema vero è che purtroppo non sta diminuendo, anzi cresce. Di questo non gliene importa niente a nessuno. Dovrebbe essere un’emergenza del ministero delle finanze, perché qualcuno è obbligato a mantenere questa generazione“.
Qual è l’aspetto più rilevante di questo dato?
“I giovani non studiano, non si formano però consumano. E anche tanto. E’ un’economia totalmente capovolta. Io ne parlo nei miei incontri, nei miei libri“.
Quali sono le cause secondo lei?
“Le cause sono ovvie. La generazione dei giovani che hanno meno di trent’anni, dipende economicamente più che dai genitori, dai nonni. O meglio, dalle pensioni dei nonni. Noi abbiamo un sistema per cui chi ha fatto impresa negli anni sessanta e settanta, ossia ha versato contributi, percepisce una pensione medio-alta. Senza dimenticare che ha accumulato risparmi, mettendo da parte del denaro”.
E’ colpa è dei genitori?
“Di tutta la filiera. Perché il nonno dovrebbe essere costretto a pagare ciò che non fa un nipote? Non è mai successo nella storia. Questo non è un problema della scuola. Molti dicono che non attrae. Nessuno è stato mai sedotto dalle scuole, dalle università. Sono sempre stati luogo di studio, più o meno interessanti“.
“Ma la mia generazione ha guardato oltre la laurea. Anche la polemica relativa alla presunta laurea in anticipo, conseguita da quella ragazza, al di là di cosa sia accaduto, però evidenzia un dato interessante. Cioè che l’unica persona che possa essersi laureata in regola o addirittura prima, diventa quasi un caso clinico da approfondire“.
Professore, si rilevano disuguaglianze territoriali, di genere e di cittadinanza. Da cosa è dipeso?
“Il reddito di cittadinanza ha certamente istituzionalizzato tutto questo. Il problema già c’era, il reddito ha fatto sì che tutto questo diventasse non solo più evidente, ma anche più che lecito. Io non faccio niente e comunque percepisco un reddito. Se da questa situazione secondo me, come ovvio che sia, si tornerà indietro, ci saranno delle difficoltà. La Meloni credo l’abbia capito molto bene“.