A Colle Cesarano licenziamenti, disservizi e business accoglienza
La testimonianza di una ex dipendente e il silenzio della Regione Lazio
La casa di cura Colle Cesarano è una clinica neuropsichiatrica accreditata alla Regione Lazio che si trova a Tivoli, e che dal 2009 è salita all’onore delle cronache per episodi di gravi disservizi in termini di gestione ed assistenza ai degenti. Nel testo di alcune delle interrogazioni che nel corso degli anni hanno denunciato alle istituzioni le cattive condizioni della clinica si parla di “degrado generale della struttura”, “forti disservizi” e addirittura si arriva ad elencare più di un caso di morti sospette. In più, di recente, la struttura è stata coinvolta anche nello scandalo Mafia Capitale. In alcune intercettazioni telefoniche, infatti, come riportano diversi quotidiani e siti internet, si evince come fosse stato deciso di mettere alcuni locali della clinica a disposizione del “business dell’accoglienza dei rifugiati”, in particolare destinando ampi spazi, preposti alle attività di recupero e ricreazione dei pazienti, all’accoglienza, in condizioni discutibili, di rifugiati politici e immigrati.
Tutto questo, assieme a diverse e periodiche procedure di riduzione del personale, avveniva però a fronte di ingenti fondi stanziati dalla Regione Lazio per le attività assistenziali della clinica che, gestita dalla società Geress S.r.l., percepisce dalla Regione circa 8 milioni di euro l’anno. Romait ha incontrato Lucia Tertibolese, una delle 28 unità di personale coinvolto nelle procedure di licenziamento susseguitesi negli anni, la quale ci ha raccontato la sua storia. Una storia che parte dal 2008, anno in cui Lucia, impiegata nella Colle Cesarano dal 2003 come direttrice del personale, viene messa in cassa integrazione e sostituita nelle sue mansioni dalla figlia e dal nipote dell’amministratore delegato della società Geress, che gestisce la struttura.
Da quel momento, Lucia racconta di aver subito significativi episodi di mobbing. La condotta della Geress nei confronti di Lucia avrebbe anche indotto, recentemente, il pubblico ministero della Procura di Tivoli ad aprire un procedimento per ipotesi di reato di violenza privata e appropriazione indebita. Lucia, nel 2012, viene reintegrata, anche se non più come direttrice del personale, ma come impiegata nell’ufficio accettazione. Poco dopo però viene aperta dall’azienda una nuova procedura di messa in mobilità e licenziamento collettivo per 10 persone. Lucia è di nuovo fra queste, anche se il suo ufficio non sarebbe dovuto rientrare nelle attività da esternalizzare e nemmeno in quelle da chiudere, in quanto fondamentale per l’assetto gestionale.
In seguito ad una nuova azione legale, Lucia viene di nuovo reintegrata nel novembre del 2013, con la mansione di addetta alla qualità. “Un ruolo evidentemente di rango inferiore rispetto a quello che svolgevo prima”, ma, racconta Lucia, “mi sono adattata e il mio lavoro l’ho fatto bene, tant’è che siamo riusciti ad ottenere con successo la certificazione di qualità”. Ma evidentemente non è bastato. Il 15 gennaio 2015 infatti viene licenziata, per la terza volta, perché l’azienda, come spiega Lucia “lamenta una nuova crisi, ha la necessità di riorganizzarsi per riadeguarsi agli standard della Regione e di esternalizzare di nuovo alcuni servizi”. Per questo 25 unità di personale sono in mobilità da quasi 4 mesi. Ma facciamo un passo indietro.
Le anomalie nei licenziamenti. Le procedure di cassa integrazione aperte dal 2010 al 2014 sono state 5, pur essendo la Colle Cesarano, come si legge nell’interrogazione urgente a risposta scritta n. 772 del 29/12/2014, presentata al presidente del Consiglio Regionale del Lazio dai consiglieri del Movimento 5 Stelle, Barillari e Porrello, “tra le strutture sanitarie con il più alto budget assegnato” dalla Regione.
“La principale motivazione per la quale sono state aperte queste procedure era il fatto che la struttura doveva adeguarsi per ottenere l’accreditamento definitivo da parte della Regione” ci spiega Lucia, “ma quello che è strano è che le procedure di cassa integrazione e mobilità sono proseguite anche dopo l’ottenimento di questo documento”. “Le procedure peraltro”, continua Lucia, “proprio in virtù di accordi regionali sottoscritti dalla Geress al momento dell’insediamento alla Colle Cesarano nel 2004, non potevano essere aperte”. Accordi che, denunciano i consiglieri del Movimento 5 Stelle nella stessa interrogazione, evidentemente “sono stati disattesi”.
Quello che Barillari e Porrello evidenziano però è come lo stesso accreditamento alla Regione, che in sostanza giustificava la riorganizzazione del personale e quindi i licenziamenti con l’adeguarsi agli standard regionali, questi standard, in realtà, non li rispetta. “La Geress S.r.l.” ad esempio, racconta Lucia, “non ha mai riqualificato il personale OTA in OSS, come previsto dalla normativa vigente, ma diversamente, ha messo questo personale in cassa integrazione e poi lo ha reintegrato senza mai riqualificarlo, mentre mandava a casa altre 35 persone”.
La questione delle anomalie nei requisiti per ottenere l’accreditamento della Colle Cesarano sono stati sollevati anche in Assemblea regionale e, come si legge nell’interrogazione 772 del 2014, sono state ravvisate “incongruenze inerenti l’accreditamento definitivo talmente gravi da allertare gli uffici competenti”. Ma la procedura di mobilità non è stata comunque interrotta dal funzionario regionale responsabile del provvedimento e “nessuno dalla regione ha ancora dato spiegazioni”, sottolinea Lucia.
I soldi per la sanità non ci sono o ci sono ma vengono gestiti male? È la domanda che ci facciamo tutti e che su per giù si fanno anche i consiglieri del M5S nella interrogazione sopra citata, quando chiedono spiegazioni alla Regione circa la “mala gestio dei soldi pubblici” che emergerebbe dai dati di bilancio della società che gestisce la clinica. A fronte di significativi disservizi più volte denunciati, la Regione infatti ha continuato a stanziare annualmente cifre significative destinate all’attività di assistenza della Colle Cesarano, prevedendo, addirittura, per il 2013 “un aumento di budget pari al 5%”.
“Nel 2003” racconta Lucia, “il rapporto tra degenti e personale era 1 a 1, per 170 posti letto c’erano 170 unità di personale, che operavano, per giunta, con un budget inferiore rispetto all’attuale. Ora il budget è aumentato ma il personale è stato ridotto di più della metà. Per 200 posti letto ora ci sono 70 dipendenti”. “In più”, continua Lucia, “le procedure di riorganizzazione del personale, e quindi dei licenziamenti, vengono giustificati dalla ‘crisi aziendale’, ma stando ai bilanci, la Geress S.r.l. ha finanziato con il budget regionale, per circa 6 milioni di euro altre 2 società, che fanno capo agli stessi amministratori della Geress, la GF Sanità e la GF Agricola, alle quali la Geress appaltava numerosi servizi”.
“A tanto infatti ammontano i crediti che la società Geress vanta in totale da società controllate e collegate”, conclude Lucia citando i dati di bilancio.
La risposta della Regione. All’ultima interrogazione, quella del 29 dicembre scorso, che chiedeva delucidazioni su questi ed altri interrogativi, come la verifica della sussistenza delle condizioni per la messa in mobilità, la verifica dei requisiti per l’accreditamento definitivo, i dati di bilancio e la verifica della sussistenza degli accordi regionali tra le parti, la Regione Lazio ha risposto che il licenziamento di 28 unità di personale in esubero è giustificato dalla nuova procedura di riconversione della struttura neuropsichiatrica, che, a fronte di una riduzione del budget nell’anno 2014 (una riduzione di circa 500mila euro su un budget di quasi 9milioni) doveva essere operata dalla società Geress per provvedere alla “fuoriuscita delle figure professionali non previste dalle normative Regionali” e alla “esternalizzazione di attività di supporto e di staff, quali manutenzione e amministrazione, e soppressione dei servizi di farmacia, magazzino e portineria”.
Ma, come affermano in molti, tante rimangono le ombre e le incongruenze sulla vicenda di questi licenziamenti e sulla gestione della clinica. La cosa certa è che quel budget stanziato dalla Regione Lazio e destinato all’assistenza dei pazienti, negli ultimi anni, secondo più di una denuncia alle istituzioni, non si è mai tradotto in un servizio all’altezza. E i lavoratori che hanno perso il posto hanno già promesso battaglia.