A.Diaconale: “La Lazio ha avanzato delle proposte per lo stadio”
Intervista esclusiva al responsabile della comunicazione della S.S. Lazio Arturo Diaconale che parla degli obiettivi societari biancocelesti, lo stadio di proprietà e molto altro
La nostra Redazione stamane ha contattato il dottor Arturo Diaconale, membro del Consiglio di amministrazione della Rai e responsabile della comunicazione della S.S. Lazio, che ci ha gentilmente concesso un’intervista. Giornalista di fama che ha ricoperto numerosi incarichi di prestigio, Diaconale quest’estate è stato nominato dal presidente Claudio Lotito, responsabile delle comunicazioni della società biancoceleste, ruolo molto delicato in un mondo in cui la comunicazione è fondamentale.
Inizierei, se lei è d’accordo, con un commento sull’andamento attuale della Lazio che, dopo 7 giornate di campionato, si ritrova al terzo posto in classifica a pari punti con Roma, Chievo e Milan.
«Direi che il commento è più che positivo. La Lazio veniva da un campionato deludente e la squadra, con un allenatore giovane, doveva dimostrare di aver ritrovato quella compattezza che aveva perso durante la scorsa stagione. Queste prime giornate sono state al di sopra delle aspettative, la squadra si è ritrovata e ci sono segnali indirizzati ad un potenziamento societario che lasciano ben sperare per il futuro. Il ritmo che sta mantenendo la Lazio è più che positivo e tutti si augurano che la squadra possa mantenerlo per tutto il campionato. L’impressione è che la Lazio, con una rosa e un allenatore molto giovane, è una squadra che sta assumendo una fisionomia precisa e può dire la sua in questo campionato».
Secondo lei, dove può arrivare questa Lazio, qual è l’obiettivo societario?
«L’obiettivo societario è che la Lazio si qualifichi per le competizioni europee. Se la società riuscisse ad entrare nella competizione maggiore europea, la Champions League, sarebbe un successo clamoroso. Qualificarsi per l’Europa League, non meno prestigiosa della Champions, significherebbe aver raggiunto l’obiettivo che la dirigenza si era prefissato, bisogna, dunque, terminare tra le prime cinque in classifica».
La Lazio ad Udine è scesa in campo con 11 titolari la cui età media era di 24 anni. Quanto è importante, dunque, la valorizzazione della “linea verde” per la società?
«La valorizzazione dei giovani per la Lazio è molto importante, non a caso nella rosa ci sono dei giocatori che provengono dal vivaio come Murgia e Cataldi. C’è un processo di ringiovanimento della rosa, difatti, anche il calciomercato è stato effettuato seguendo questo processo, basti pensare al nostro portiere Strakosha che ha 19 anni, proviene dalle giovanili e si è dimostrato in grado di sostituire Marchetti».
Anche chi subentra dalla panchina fa parte di questa linea verde non solo i titolari, quindi la Lazio lavora a questo progetto a 360 gradi.
«Assolutamente si, come Murgia e Lombardi che sono due giocatori giovani che hanno un ottimo futuro davanti a loro e insieme agli altri giovani dimostrano che investire su questo fronte è un fattore positivo che può produrre risultati. Anche Keita è un giocatore molto giovane e molto importante che a volte è subentrato dalla panchina e, nonostante qualche problemino quest’estate, sta recuperando ed è stato in grado di spaccare diverse partite. Inzaghi è stato bravo a gestirlo al meglio e per la Lazio è stato un acquisto ritrovato che può fare la differenza. Non dimentichiamoci, però, del resto del gruppo con giocatori come Immobile che sta segnando ad un ritmo notevole, può continuare a farlo e confermarsi degno erede di Klose, o come Parolo che ha dimostrato ad Udine, sostituendo Biglia, che può imporsi in un ruolo a centrocampo che fino ad ora non aveva occupato».
Si parla molto, soprattutto ultimamente, di moviola in campo secondo lei è una tecnologia che realmente può aiutare il calcio?
«Io credo che le innovazioni tecnologiche debbano essere sperimentate e usate, ma senza stravolgere il mondo del calcio. Può sicuramente essere un fattore positivo che aiuta il mondo del calcio, non può assolutamente sostituire l’arbitro perché nel calcio sono indispensabili anche le diverse interpretazioni. Una valutazione diversa su una dinamica, per esempio un fallo, è uno degli elementi che rende questo sport una materia viva, affascinante che accende discussioni e muove passioni. Senza tutto questo, senza il fattore umano sarebbe tutto meno interessante, tutto più asettico».
I dati relativi ai tifosi presenti alle partite della Lazio hanno subito un calo. Quando potremo rivedere le curve e le tribune dell’Olimpico gremite di spettatori?
«Io mi auguro ci sia un’inversione di tendenza rispetto allo scorso anno in cui si è registrato il picco più basso di affluenza di tifosi allo stadio. Quest’anno abbiamo assistito ad un piccolo ritorno della curva, credo però che riempire lo stadio come una volta sia un processo lento, ma per tutte le società. L’affluenza dei tifosi negli stadi è un problema che riguarda il calcio in generale, tornare agli stadi di una volta che registravano 60-70 mila persone credo che sia praticamente impossibile perché ormai il fenomeno delle partite in televisione è un fenomeno che si è generalizzato. Andremo, dunque, verso degli stadi che saranno di capienza contenuta, ma tutto potrebbe divenire più facile se ci fossero degli stadi di proprietà con delle strutture in grado di favorire l’affluenza e l’accoglienza. Questo, però, è un processo lungo che ha bisogno di svilupparsi a cui si arriverà sicuramente, ma non in tempi rapidissimi».
Infine, un commento sulla possibilità per la Lazio di avere uno stadio di proprietà.
«Lo stadio di proprietà è un progetto legato anche alla pubblica amministrazione di Roma, la Lazio ha avanzato delle proposte e dobbiamo vedere cosa succederà. Credo che il percorso per lo stadio di proprietà della Lazio sia in parallelo con quello per lo stadio della Roma. Le due squadre capitoline hanno diritto ad avere uno stadio di proprietà; si tratta solo di capire quali siano i percorsi più rapidi che possano consentire ad entrambe le società di realizzare i loro progetti».
Intervista a cura di Marco Spartà
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