Abitanti di Roma: calabresi e marchigiani ma soprattutto 1,5 milioni di “burini”
Il 50% dei residenti di Roma è nato in un’altra provincia o regione. In gran parte però i forestieri sono persone nate nel Lazio, circa 1,5 milioni di romani sono “burini”
I romani sono figli delle migrazioni di tanti popoli diversi. Come tutte le strade portano a Roma, da qui sono passate le etnie e le culture dei popoli del Mondo intero lasciando tracce nel Dna dei romani di oggi.
Quanti sono gli abitanti di Roma? Secondo l’ultimo Bilancio Demografico mensile del 2022 sono 2.759.242 (Istat 31 luglio 2022). Nel Lazio gli abitanti dell’intera regione sono 5.708.215 (Istat 31 luglio 2022). In Italia la popolazione stimata al 31 dicembre 2022 era di 58.850.717 abitanti, l’Italia è il terzo paese dell’Unione europea per popolazione dopo Germania e Francia e il 25° al mondo.
Nell’area metropolitana di Roma, però, vivono 4.348.000 milioni di abitanti. Un’area vasta 5.352 chilometri quadrati, a cui corrisponde una densità demografica di 812 contro i 918 milanesi (o 999, se si prende il dato degli abitanti del Censis).
Roma è una città che invecchia sempre più
Come Italiani eravamo 60milioni nel 2017 e ora siamo 58milioni e 850mila. È dal 1993 che ogni anno il saldo tra nati e morti è negativo, ma grazie all’immigrazione sia dalle altre zone d’Italia, sia dall’estero, la popolazione nazionale aumentava anno dopo anno.
Adesso non più. S’è fermata anche quella crescita. Fermandosi l’aumento della popolazione sia in Italia che a Roma è giocoforza dedurre i romani invecchiano sempre di più. In un decennio è calato il numero di residenti fra i 25 e i 44 anni, mentre è cresciuta la fetta di chi ha fra 45 e 54 anni.
In Italia Milano batte Roma come numero di abitanti dell’area metropolitana, con 5,1 milioni), nonché prima in Europa fra le “non capitali”. Prima città nell’Ue per popolazione è l’area di Parigi (12,8), seguita da quella londinese (12,1 milioni), che quasi doppia quella di Madrid (6,6 milioni) e Berlino (5,1 milioni). Roma è ottava (4,4 milioni), mentre nona è Napoli (3,4 milioni).
Da dove vengono gli abitanti di Roma?
Se lo chiedono spesso gli stessi residenti. Un po’ perché ognuno di loro ha una storia di migrazione, di trasferimento da un’altra città, da un paese verso Roma. Trasferimento avvenuto di recente o per necessità dei genitori o di parenti ancora più indietro negli anni.
Roma ha accolto sempre nuovi abitanti che per motivi di lavoro o di studio o altro, l’hanno scelta come luogo di vita per sé e la propria famiglia. Anche se gli Italiani che si trasferiscono (emigrano è una parola che vale più per il passato) non dimenticano mai le proprie origini, mantengono spesso stretti legami coi familiari delle regioni di provenienza, in poco tempo diventano tutti, immancabilmente, romani.
“Semo tutti romani”
Chi vive da anni a Roma sa cosa voglio dire. Non è tanto nell’accento, che facilmente si apprende, prima per le imprecazioni, poi per il gergo comune con amici e conoscenti. Ma soprattutto per lo stile di vita. Una volta era un po’ rilassato, tranquillo.
Da diversi anni anche i romani sono diventati ansiosi, nevrotizzati dal traffico e dalle spese, preoccupati per i problemi economici e di vita quotidiana, che non voglio enumerare qui, tanto li conosciamo benissimo.
Ma i romani, cosiddetti, di sette o otto generazioni, siano oggettivamente una netta minoranza. Sono quelli che ancora dicono “risparambiare”, “ariconsolasse coll’ajetto”, “dieciannove”, “li guadagni de Maria Cazzetta”…certe esternazioni li identificano ma per motivi logici debbono abbandonarle via via per un gergo più comprensibile agli altri romani di seconda e terza generazione.
Il dialetto di Roma: con Sordi a Gassman tutti amano i romani
Il dialetto è diventato così quello diffuso dal cinema di Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Monica Vitti, Nino Manfredi che aveva note anche ciociare, lo stesso Marcello Mastroianni parlava un romano borghese comprensibile a tutta l’Italia, con necessarie espressioni colorite nel momento dell’imprecazione.
Questo linguaggio del cinema è stato in parte voluto da sceneggiatori e registi, in parte una conseguenza del fatto che il Cinema si faceva soprattutto a Cinecittà e che il personale delle produzioni era comunque romano. La televisione ha seguito questa linea, anche perché la Rai aveva sede a Roma, così gli studi di registrazione o di messa in onda, molti dei giornalisti, attori, conduttori, autori venivano da Roma o vi si erano trasferiti per lavoro.
Personaggi come Corrado, Mario Riva, Maurizio Costanzo, Fabrizio Frizzi, Giancarlo Magalli, Paolo Bonolis hanno fatto dello spirito romano e dell’idioma la cifra del loro successo. Alla fine come faceva il siciliano Pippo Baudo, e il foggiano Renzo Arbore, anche la veneziana Mara Venier e il fiorentino Carlo Conti si lasciano andare ad espressioni romanesche per necessità televisive. Mentre il catanese Fiorello e il messinese Nino Frassica restano fedeli al siciliano.
La televisione e il cinema hanno imposto il romanesco in Italia
Questo ha comportato la nascita di una sorta di simpatia/antipatia verso un accento così invasivo e così identitario. Tanto che negli anni ’70 è iniziata una sorta di ribellione linguistica e con l’avvento delle radio e delle tv commerciali gli idiomi del centro nord hanno invaso la produzione sia cinematografica che radiotelevisiva.
Il fenomeno seguiva evidentemente le esigenze di riaffermare identità regionali o cittadine fin lì emarginate. Con la nascita di Mediaset, negli anni 80-90 anche il milanese ha avuto i suoi spazi nel mondo dello spettacolo ed oggi coabita con il romanesco, il veneto, il toscano nelle sue varie sfumature e gli altri accenti del sud nel mondo della comunicazione e dello spettacolo.
Il napoletano non ha avuto problemi di emarginazione perché è una lingua che grazie alle canzoni, famose nel mondo intero, e grazie ad un retroterra letterario e teatrale di grande spessore, è sempre stato ben presente nella cultura nazionale con una sua specificità riconosciuta.
Chi lavora in televisione sa che due idiomi prevalgono nel decretare a priori il favore del pubblico italiano verso un conduttore e il programma che conduce e sono il napoletano e il romagnolo. Se ci fate caso è da queste due aree che vengono molti personaggi dello spettacolo. Probabilmente sono accenti e termini che risultano divertenti, simpatici, alla maggioranza degli Italiani.
Abitanti di Roma: da dove vengono i romani di oggi?
Ma chi sono oggi i romani. Quali sono le origini dei suoi abitanti? La massiccia immigrazione verso le grandi città dello Stato Italiano iniziò poco dopo l’unità d’Italia, nel 1871. Per cui in breve tempo si dette vita al fenomeno dell’urbanizzazione del Paese. Un grosso impulso lo diede il periodo del boom economico negli anni ’60, quando l’Italia iniziò a crescere economicamente e socialmente.
Il 50% dei residenti di Roma risulta essere nato in un’altra provincia o regione italiana. In gran parte i forestieri sono persone nate nel Lazio, circa 1,5 milioni di romani sono “burini”. Ovverosia nati fuori dalle mura di Roma. Questa espressione si usa ancora scherzosamente per identificare la provenienza. Solo che oggi il confine di Roma non possono più essere le mura aureliane ma il Grande Raccordo Anulare.
Così sentirete dire che uno è nato dentro o fuori il Raccordo, come segno di romanità acclarata o meno. Le regioni più presenti a Roma sono quelle di ascendenza calabrese, marchigiana, campana, abruzzese, siciliana, pugliese, lucana e poi seguono con minor presenza quella toscana, umbra, sarda, molisana, emiliano romagnola, veneta, ligure, friulana e piemontese. Rari i trentini, friulani, altoatesini, valdostani.
Roma è la città con il maggior numero di residenti stranieri
Roma è il comune più popoloso d’Italia e il terzo della UE dopo Berlino e Madrid mentre, con una superficie di 1.287,36 kmq, è il comune più esteso d’Italia e di tutta l’Unione, nonché la quinta città più estesa d’Europa dopo Mosca, Istanbul, Londra e Sam Pietroburgo. È inoltre il comune europeo con la maggiore superficie di aree verdi.
Tra i vari primati, Roma è anche il comune italiano con maggior presenza di residenti stranieri. Al 31 dicembre 2020 erano in totale 356.573, pari al 12,9% della popolazione. Un numero che è sempre cresciuto, e probabilmente è destinato a crescere ancora nel futuro, per via della pressione migratoria dai paesi del Terzo Mondo. La comunità più consistente è quella rumena, con 75.305 abitanti. Poi ci sono i filippini con 45.413 residenti. Seguono immigrati del Bangladesh (40.000 circa) e della Cina (quasi 20.000).
Dall’Ucraina si contano 15.000 residenti, da prima della guerra in corso. Qui non parliamo di profughi ma di cittadini residenti iscritti all’anagrafe. Ovvio che gli ucraini in questo momento saranno almeno raddoppiati. Tra le comunità sudamericane la più presente è quella peruviana (12.000). Dall’India e dall’Egitto sono arrivati 11.000 persone da ciascun paese. Dallo Sri Lanka (Ceylon) sono quasi 10.000 e dalla Polonia 9.000.
A ogni comunità straniera diamo una identità professionale
Un po’ per convenzione e un po’ per le nostre esperienze, ad ogni comunità assegniamo grossolanamente una preferenza lavorativa. Così come i filippini sono spesso collaboratori domestici, i peruviani li troviamo portieri di condomini, gli egiziani pizzaioli, i polacchi muratori o badanti, come per gli ucraini e rumeni, i cinesi lavorano nella ristorazione e nel commercio di oggetti a basso costo, quelli del Bangladesh e gli indiani nei negozi di frutta e verdura aperti 24 ore su 24 per sette giorni a settimana. E degli africani? Non ho trovato traccia, ma sappiamo che la comunità marocchina e quella tunisina, eritrea, etiope, senegalese e nigeriana sono realtà ben presenti nel tessuto sociale. Purtroppo spesso costrette ai margini della società, coinvolte in giri loschi di spaccio e di prostituzione. Tuttavia io parlo di residenti e non di clandestini o turisti, e da questo punto di vista le comunità africane risultano meno presenti come cittadini iscritti all’anagrafe.
Roma un crocevia di popoli e di culture che la lega al mondo intero
Uno studio pubblicato sulla rivista Science nel 2019 svela quale sia l’origine dei romani di oggi attraverso l’analisi del DNA. Lo studio è stato svolto da un gruppo di ricercatori delle università di Harvard, La Sapienza e l’Università di Vienna.
La ricerca ha analizzato campioni di DNA umano provenienti da 29 siti archeologici presenti nell’area intorno a Roma (Lazio e, in un caso anche Abruzzo) e che coprono un arco temporale che va dal Paleolitico all’Era Moderna (in tutto un arco temporale di circa 12 mila anni) appartenenti a 129 individui.
Giungendo alla conclusione che quando era all’apice della sua gloria e quando aveva raggiunto le dimensioni di una metropoli da un milione di abitanti, Roma era come New York adesso, una città cosmopolita con gente proveniente da ogni dove, in specie dalla Grecia, dalla Siria, dal Libano, ma anchedal Nord Africa. Una città aperta in senso antropologico, appunto.
I risultati raccolti hanno permesso di intrecciare il variare del mix genetico presente negli individui che hanno vissuto a Roma e nei suoi dintorni, con l’evoluzione dell’organizzazione urbana del territorio e, dopo la fondazione di Roma, anche con il variare della sua funzione, prima a carattere squisitamente regionale, poi italica, imperiale e globale e fino alla crisi dell’Impero e al successivo medioevo.
Romani o iraniani? abbiamo la stessa radice
Così accade che il profilo genetico dei più antichi abitanti del territorio che diventerà poi Roma, intorno a 6 mila anni prima di Cristo, evidenzia la presenza di antenati di origine anatolica, e sorprendentemente anche iraniani.
Successivamente, tra 5 mila e 3 mila anni fa, i DNA analizzati restituiscono l’arrivo di popolazioni dalla steppa ucraina. Con la nascita di Roma e dell’Impero la variabilità genetica cambia con l’afflusso di DNA da diversi territori orientali, soprattutto dal Medio Oriente. La scissione dell’Impero poi apporta un afflusso di gente dal Nord Europa. Con l’arrivo delle popolazioni dall’Europa centrale, Visigoti e Vandali, e poi i Longobardi, inizia ad apparire un nuovo influsso di geni. A questo punto il mix di discendenze a Roma è più vario che mai, e tale resterà nel resto della Storia, con l’apporto ancora dei geni di altre popolazioni, Sassoni dall’Inghilterra, Vichinghi dalla Svezia.
Roma Caput Mundi: è figlia dei popoli del Mondo
Bisognerebbe informare quei tipi che sostengono che le origini dei romani sarebbero cristiane ed europee e lo scrivono sui muri, parlando di razza italiana o di nazione!
È stato dimostrato che il concetto di razza umana non ha alcun fondamento scientifico. E poi non esiste una popolazione italica sufficientemente omogenea. Anzi proprio Alberto Piazza, con Luigi Luca Cavalli Sforza e Paolo Menozzi, hanno dimostrato, con il saggio The History and Geography of Human Genes del 1994, che popoli, geni e lingue sono strettamente correlati. In Italia la diversità linguistica è la più grande d’Europa.
Nel nostro paese si parlano 35 lingue diverse, esclusi i contributi delle migrazioni più recenti e le diversità dialettali. Più che in Germania (27), Francia (23), Spagna (15) e Regno Unito (13). L’indice di diversità linguistica che misura la probabilità di estrarre a caso in un gruppo due persone di madrelingua diversa per l’Italia è del 47%, grazie ai 3 milioni di italiani che fanno parte di minoranze linguistiche.
Mentre in Germania è del 37% e ancor meno negli altri paesi europei. In sostanza in Italia esiste un gradiente di diversità genetica che fa della popolazione italiana la più variegata d’Europa. E Roma è probabilmente la città d’Europa e del Mondo con la maggior diversità genetica dei suoi abitanti, grazie alla sua storia millenaria. Se ciò ha un valore, la storia di Roma non sta in un ceppo unico di persone ma nella sua enorme diversità biologica. I Romani di oggi sono quindi figli del Mondo. Allora torna il concetto di Caput Mundi ma diversamente inteso.