Acilia. Un 73enne aiuta i vicini di casa: loro lo riducono in schiavitù
Una terribile vicenda che è stata finalmente stroncata dai Carabinieri, nell’ambito dell’operazione “Natale sicuro”
“Da 8 a 20 anni di reclusione”. Questo prevede l’articolo 600 del Codice penale e in questo caso c’è proprio da augurarsi che i giudici affondino il colpo: 20 anni spaccati. Il massimo della pena. Che sarebbe il giusto trattamento per i responsabili della storia, lurida, che stiamo per raccontare.
La scena è Acilia. La vittima un uomo anziano, di 73 anni. Un pensionato che a un certo punto si mette ad aiutare economicamente una coppia di vicini di casa, lei di 61 anni e lui di 64, che si trovavano in difficoltà. E loro cosa fanno, come tutto ringraziamento per quella generosità? Decidono che l’aiuto spontaneo deve trasformarsi in un obbligo. Non solo: invece di accontentarsi di estorcere una parte del reddito del loro benefattore, alzano le pretese e lo costringono a consegnargli l’intera pensione, millantando la possibilità di fargli portare via l'abitazione attraverso l’intervento giudiziario di un giudice compiacente. Ma ancora non basta: lo obbligano a chiedere l’elemosina, davanti a una farmacia del posto, e “ovviamente” a consegnare loro quanto raccolto.
Dalla schiavitù alla liberazione
Poi, per fortuna, questo orrendo raggiro è stato subodorato dai Carabinieri della Stazione di Acilia. I quali, resi ancora più attenti del solito dall’avvio dell’operazione “Natale Sicuro” (che prevede un incremento della attività a tutela delle vittime vulnerabili, e in particolare degli anziani), hanno dato inizio alle indagini.
Appostamento dopo appostamento, i timori si sono dimostrati fondati. E la realtà si è rivelata persino peggiore di quanto apparisse inizialmente. Il 73enne, infatti, veniva obbligato a chiedere l'elemosina anche nei giorni in cui avrebbe dovuto sottoporsi alla dialisi, esponendolo perciò a un aggravarsi della malattia. Ma alla fine, quando la documentazione probatoria era ormai sufficiente, l’ennesima consegna del denaro all’aguzzina ha messo fine alla lunga catena di sopraffazioni.
Arresto in flagranza di reato e trasferimento in prigione per la donna, che è stata spedita alla sezione femminile del carcere di Rebibbia, mentre il suo degno marito se l’è cavata con una denuncia a piede libero. Per entrambi, però, l’accusa è la stessa: riduzione in schiavitù aggravata.
Appunto: articolo 600 del Codice penale, “reclusione da 8 a 20 anni”.
Speriamo 20.