Acthung Baby degli U2 è il disco della quarantena di oggi
Il 18 novembre 1991 veniva pubblicato Acthung Baby degli U2, il settimo album della band irlandese capitanata da Bono Vox, Paul David Hewson
Il 18 novembre 1991 veniva pubblicato Acthung Baby, settimo album della band irlandese capitanata da Bono Vox. Per noi che con gli U2 c’eravamo cresciuti, all’inizio fu un vero e proprio shock. Prevenuti dopo aver sentito “The Fly”, il singolo che ne anticipò l’uscita e forse fuorviati dalle pose da star di Bono a cui non eravamo abituati. Disorientati perché le canzoni suonavano realmente diverse da ciò che ci aspettavamo e per essere più precisi un rassicurante seguito di the Joshua Three, ciò che Rattle & Hum nella sua disomogeneità non era stato.
Restammo spiazzati sin dall’inizio, quando la puntina del giradischi cominciava la sua folle corsa tra i solchi dell’iniziale Zoo Station. Dov’erano finiti gli U2 che amavamo alla follia, quelli che ci avevano svezzato con The Joshua Three e che negli anni della nostra formazione da isolati rocker di provincia, furono un faro nel mare impetuoso delle nostre inquietudini post-adolescenziali.
U2, Achtung Baby: c’era vita anche oltre i Pink Floyd
Grazie a questa insana passione andammo a recuperare i loro primi album e scoprimmo così che c’era vita oltre i Pink Floyd, Led Zeppelin e Iron Maiden che i nostri compagni di scuola ci propinavano allo stremo.
Noi che eravamo rimasti impigliati nella rete delle tessiture chitarristiche di The Edge, e non avendone mai abbastanza, avere la curiosità di andare a cercare gruppi musicalmente affini e quindi sbattere frontalmente la testa su tutti i gruppi-cardine della New Wave partendo dai Cure (commercialmente più vicini ai nostri) e come dei salmoni che risalgono la corrente andando a ritroso fino a scoprire i vari Joy Division, Bahuhaus, Siouxsie, Jesus and Mary Chain e poi da li seguire tutte le tendenze che in campo di rock alternativo l’avrebbero fatta da padrona nel decennio 1990-2000.
I dubbi all’uscita dell’album
Quindi si, nel 1991 eravamo già svezzati a un certo tipo di sonorità che si ritrovavano su Acthung Baby. Però ecco, non ci andava giù il fatto che i nostri beniamini avessero letteralmente cambiato pelle (e taglio di capelli). Nemmeno la prima italiana dello Zoo TV tour a un palasport fuori Milano ci convinse. Che cosa ci facevano le Trabant appese su dei trespoli a fare coreografia, inquietante presagio del gigantismo che prese poi il sopravvento negli anni a venire. Dove era finito quel Bono che usciva come un messia con la bandiera del War Tour cantando Sunday Bloody Sunday, immortalato nell’omonimo video alle Red Rocks di Denver.
Ora invece ci trovavamo davanti al palco un tizio con gli occhiali a montatura di mosca che facevamo fatica a riconoscere. Che ci facevamo ancora li? Era ancora quel gruppo che avevamo così amato tanto da farci imparare a memoria i testi delle canzoni e farci prendere in mano per la prima volta una chitarra e farci venire i crampi alle mani per provare a rifare con la chitarra l’intro di Sunday Bloody Sunday?
Achtung Baby: gli U2 erano ancora i nostri eroi
Ma poi cominciammo a capire. Scoprimmo che durante le loro tourneè si portavano come supporto, band più o meno esordienti che poi sarebbero diventate importanti. Capimmo che i nostri eroi, nonostante il successo ormai planetario, erano ancora dei ragazzi come noi. Anche loro con la curiosità di conoscere e assorbire tutto ciò che di nuovo il mondo musicale proponeva. Cominciammo a capirlo e perciò cominciammo a dare fiducia a questa strana creatura chiamata Acthung Baby dove i nostri cercavano di ritrovare lo spirito dei primi album. Uno spirito calato nella realtà delle nuove sonorità che arrivavano dalla perfida Albione ed in particolare dai ritmi spezzati e sincopati della scena di Manchester. Ok, quello che venne chiamato “Manchester Sound” era già vecchio di un paio di anni, ma stava ancora bruciando gli ultimi fuochi.
Finché le folli corse della puntina del giradischi tra i solchi di questo disco divennero tante, forse troppe. E poi metabolizzammo.
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