Agenda Onu 2030, Carocci: “Pensare a un futuro senza arte e cultura è impossibile”
“Nei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile dell’Onu non ci sono riferimenti a questi aspetti ineludibili”, ci spiega Carocci
“La premessa è che alle istituzioni italiane occorre fare un salto di qualità, che riposizioni al centro del dibattito dell’agenda 2030 dell’Onu il tema immenso e imprescindibile dell’arte e della cultura“. Inizia così l’invettiva di Cristiano Carocci, Presidente della Fondazione Spazio dell’Arte, nei confronti dei 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite.
All’interno dell’agenda – denuncia Carocci, intervenuto in esclusiva al nostro giornale – “non c’è nulla che somigli a questi obiettivi ineludibili. Non ci sono riferimenti a quei concetti che per noi sono l’architrave della nostra storia culturale. L’unico accenno è l’obiettivo numero 4, che parla di una ‘istruzione di qualità‘, ma è un concetto un po’ vago e sicuramente non decisivo”.
Agenda Onu 2030, Carocci: “Arte e cultura temi imprescindibili”
“Nel 2015, quando l’Onu decise di stilare l’elenco degli obiettivi, evidentemente qualcosa è mancato da parte dell’Italia. È mancato il contributo che facesse valere la nostra pietra miliare. L’Italia, dal punto di vista culturale, è sicuramente una superpotenza, se non la superpotenza. Ha illuminato per secoli il pianeta di bellezza, di arte e di cultura e non può rimanere assente nel momento in cui ci si prepara a stilare l’elenco delle cose necessarie per il miglior futuro sostenibile possibile. Perché non è stato inserito? I motivi sono vari ma purtroppo continuano a permanere”.
“Ai 17 punti c’è stato un lavoro preparatorio di commissioni e sottocommissioni. Evidentemente in quella sede è mancato chi con coraggio o con pretese fondate sollevasse il problema. Ok il clima, l’alimentazione, l’energia… ma come si fa a pensare a un futuro sostenibile, inteso come il migliore dei mondi possibili per le future generazioni, senza arte e cultura? È impossibile. E comunque il compito non ce lo potevamo aspettare da nazioni che per ideologie materialiste hanno privilegiato altri trend, ma dall’Italia sì. Credo che avremmo dovuto farlo”.
“Non possiamo limitarci al Pil per verificare il benessere del Paese”
“Nel momento in cui sono stati varati i 17 punti è stato anche deciso che si doveva procedere a una revisione triennale. E noi siamo arrivati con il governo Conte II a creare Benessere Italia, una cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio, che però sta mancando ancora una volta gli obiettivi veri. Per lo sviluppo del pianeta non è possibile limitarsi all’alimentazione e all’energia intelligente. Dovremmo anche dedicare un capitolo al motivo per cui l’uomo è stato qualche gradino più su delle altre specie umane sul pianeta: l’intelletto, l’intelligenza e la cultura”.
“Quindi un salto di qualità per le istituzioni italiane e contemporaneamente fare nostro il concetto di un premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, è che non ci possiamo limitare alla misurazione del Pil per verificare il benessere del Paese. Il Pil non è capace di fotografare il livello di felicità. E quindi dovremmo allargare anche ad altri parametri per avere una fotografia reale della situazione. È un concetto centrale, perché se continuiamo a rimanere radicati su concetti materialistici e immanenti perdiamo molto”.
Progetto città-museo a Roma?
“Progetto città-museo? Queste cose sono state già pensate e hanno cominciato a realizzare negli Emirati Arabi. Si potrà dire che vista la loro ricchezza è facile avventurarsi in progetti del genere. Di certo non hanno la materia prima in casa, al contrario dell’Italia che invece ha il 70% del patrimonio universale dell’arte del mondo. Da questo punto di vista quindi noi saremmo facilitati perché non dovremmo andare a chiedere ad altri Paesi le opere d’arte. Ma evidentemente non c’è la volontà di un salto di intervento.
Perché non pensare, nella Regione Lazio, ma soprattutto a Roma, a una città-museo, piuttosto che a una rete di musei? Quest’ultimi tra l’altro oggi soffrono di una grandissima carenza di spazi. Risulta infatti che su 500 musei nel mondo solo il 10% del loro portfolio è esposto. Il resto giace nei depositi, ormai parte prevalente del museo, in un rapporto di 10 a 1. Soltanto alcuni musei illuminati stanno cercando di portare alla luce, come lo Smithsonian Museum di Washington“.
“Mi sono proposto di mettere a disposizione spazi per l’arte, cominciando da casa mia”
“La tendenza dunque è quella di far si che il museo possa essere fruito non solo dagli studiosi ma anche dalle altre persone. Quindi c’è un’enorme necessità di spazi. Perché abbiamo i prodotti artistici ma non abbiamo sufficienti spazi espositivi. Ecco perché io, in qualità di Presidente della Fondazione Spazio dell’Arte, con un progetto modesto ma spero intelligente, mi sono proposto di mettere a disposizione una rete di case di privati per aumentare gli spazi a disposizione degli artisti, a cominciare da casa mia. Per rappresentare soprattutto i giovani artisti”.
“L’arte deve essere esposta, non può essere fine a sé stessa. Quindi lo spazio cittadino aumentato da questo reticolo di location, anche private. E spazio pubblico con un concetto d’avanguardia, per cercare di configurare una realtà in termini anche organizzativi, logistici e di servizi, visto che Roma è stata definita un museo a cielo aperto“.