Aggressioni ai Prof. di studenti e genitori. Rotto il patto di fiducia scuola-famiglia
L’educazione non è nel DNA di quei genitori e non potrà mai essere nei figli. Non c’è una soluzione immediata se non la repressione, a tutela della scuola, degli insegnanti, della società
Sono diversi anni che assistiamo al crescere di questo assurdo fenomeno che vede i genitori “difendere” i propri figli dalla presunte angherie dei professori e diventare essi stessi dei vendicatori, invece di comprendere le ragioni degli insegnanti e diventare loto partner educativi.
I fatti più recenti riguardano una professoressa di Rovigo che si è vista sparare in testa dei pallini di gomma e, a distanza di tre mesi dal fatto, ha deciso di denunciare l’intera classe. A Ferrara un insegnante si è preso un pugno in faccia da parte del patrigno di una studentessa. Di questo genere di aggressioni siamo da tempo testimoni. I genitori ritengono responsabile l’insegnante dei cattivi voti presi dl figlio, delle bocciature, dei problemi scolastici. A Roma, recentemente il padre di un ragazzo che era stato bocciato ha picchiato e poi cercato di strozzare l’insegnante. Già il fatto stesso per cui un genitore decida di passare alle maniera brutali nei confronti di una terza persona, per di più l’insegnante dei propri figli, denuncia un livello comportamentale che non ammette giustificazioni.
Nel consesso civile ci si confronta, si dialoga, si discute ma “non si mena”!
Tali figli tali padri
Purtroppo la violenza invade la scuola così come accade alla società. Fenomeni di bullismo crescono a danno dei più fragili, in classe come in ufficio o per strada. Spesso assistiamo attoniti agli atteggiamenti aggressivi, minacciosi tra automobilisti nel traffico. Si comportano “come i bambini a scuola” viene da pensare e la corrispondenza è evidente. I padri sono figli non cresciuti, di figli violenti che non sanno crescere.
Si è rotto qualcosa ma non nella scuola, nella società. Nella scuola si riverbera il problema violento che troviamo in ogni ambito del lavoro, delle relazioni affettive, della famiglia, del gioco, dell’educazione dei figli. Non vogliamo tediare nessuno con l’elenco di ciò che succede nelle famiglie e per strada. Tutti sappiamo della costanza dei femminicidi, del maltrattamento degli animali, di chi si approfitta delle debolezze degli anziani per derubarli, senza pietà e senza vergogna. Tutti vediamo la cattiveria che pervade certi sport, soprattutto le frange estreme dei supporter, che scambiano la sfida sportiva per una “guerra” con feriti e morti.
S’è rotto il patto di fiducia Scuola – Famiglia
S’è rotto il patto di fiducia tra scuola e famiglia. Un fatto gravissimo. Gli insegnanti sono costretti a convocare sempre più spesso i genitori per lamentarsi della condotta o del rendimento dei figli. Queste convocazioni sono aumentate dell’80% secondo il Ministero dell’Istruzione. Abbassare i voti non basta. Sospendere non cambierà la realtà. Chiedere ai familiari un risarcimento per i danni causati dagli studenti alla scuola, scatena un’ulteriore violenza. Sempre di più si è costretti a chiamare la polizia a scuola. Padri assenti e madri stressate, per manifesta ignoranza o supponenza, riducono le azioni dei figli a “ragazzate”.
Hanno lasciato correre per anni tutto quello che quel bambino faceva, pur di non prendersi la responsabilità di stare con lui, di dirgli un “No”, e adesso non capiscono perché la scuola pretenda di ridurli al silenzio, al comportamento educato. L’educazione non è nel DNA di quei genitori, potrà mai essere nei comportamenti dei loro figli? Non c’è una soluzione immediata se non la repressione, a tutela della scuola, degli insegnanti, della società. Da diversi anni ci si lamenta della scarsa retribuzione degli insegnanti italiani, in rapporto ad altri paesi.
Un insegnante che percepisce 1500 euro al mese, per gli studenti, è uno sfigato. Lo è anzi doppiamente perché ha studiato 30 anni per guadagnare così poco. I ragazzi non comprendono il senso del dovere, il sacrificio per poi non avere nessun vantaggio e nessun riconoscimento. Rispetto ai valori del modello di riferimento sociale, non hanno torto. Il decadimento salariale rende la classe insegnante meno autorevole agli occhi della società e dei ragazzi.
Sappiamo bene che le persone non si dovrebbero giudicare dallo stipendio che percepiscono, ma è fuor di dubbio che a bassi introiti, corrisponde una vita di sacrifici e di perdita di autorevolezza, da parte del consesso civile. La scarsa retribuzione fa si che le persone più preparate, più meritorie, lascino la categoria in cerca di migliori guadagni. Ad insegnare restano gli altri. C’è il detto nazionale: “Chi sa fa, chi non sa insegna.” Questo contribuisce ad abbassarne la considerazione generale. È un circolo vizioso che va spezzato. Pretendendo di più da chi insegna, contribuendo a formarlo e valorizzando di più le sue capacità e i suoi sacrifici, con stipendi adeguati al ruolo e al compito, uno tra i più importanti per la società.
La scuola è il primo contatto dei ragazzi con le regole della società
Marco Orsenigo, docente di sostegno in un Centro di formazione professionale in Monza-Brianza, educatore e pedagogista, la spiega così: «Rutti a tavola, parolacce urlate, bestemmie a ripetizione, schiaffi: se li vedi accadere tutti i giorni a casa, finisci per assorbirli come azioni normali, e a scuola non riesci neppure a trattenerti e le ripeti. È così, lo vediamo e ce lo raccontano quotidianamente».
Chi proviene da questo tipo di famiglia stenta a vedere la scuola come un luogo per una propria elevazione culturale, economica e sociale. Per i genitori è un parcheggio, per i figli una rottura di scatole, ma anche un modo per fare amicizie, divertirsi a perseguitare i più deboli. “Nei fatti, sostiene Orsenigo, la scuola non darà loro nessuna opportunità. Chi va avanti è solo chi ha basi solide e neppure questo a volte basta”.
La scuola è una imposizione, una delle tante che gli adulti hanno pensato per molestarli, così come loro intendono molestare altri, più piccoli o più emarginati. Esplode la violenza a scuola perché probabilmente è il primo luogo che i ragazzi incontrano in cui vengono detti loro dei No, in cui vengono finalmente a contatto con delle Regole.
Il docente è un pubblico ufficiale
Quando si trova all’interno dell’aula scolastica, l’insegnante ricopre il ruolo di “pubblico ufficiale” secondo il Codice Penale. Così recita l’art.357 del c.p. comma 1:“Agli effetti della legge penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.”
Questo significa che ogni atto insulso di violenza o minaccia può essere perseguito d’ufficio dalla Autorità giudiziaria senza bisogno di una denuncia formale che, ove fosse eseguita dal professore stesso, lo esporrebbe a ritorsioni e vendette ancor più pericolose. Ma come abbiamo detto, denunce e multe non freneranno questa onda nera perché la violenza segna profondamente la cultura di queste persone, i loro atteggiamenti, i loro comportamenti. Andrebbero rieducate e ciò non è pensabile.
Quali soluzioni?
Ci vorrebbe una programmazione scolastica che miri a costruire un rapporto educativo e formativo nei prossimi 20-30 anni, collegando l’istruzione alla produzione e alla crescita culturale. Mirando a dare un giudizio alle performances di ogni alunno e non alla persona, seguendo la indole di ciascuno e non riducendolo a un numero del gregge, sviluppare le singole potenzialità e formando i professionisti che serviranno per domani: informatici, filosofi, creativi, ricercatori, medici, biologi, psicologi, fisici, gastronomi, operatori turistici, professioni per una società futura dove la mobilità, più che la specializzazione, sia la base della esperienza formativa di ciascuno.
Nel breve si ricorra pure alle sanzioni pecuniarie, ai lavori socialmente utili, per chi esce dal seminato. Si diano pure delle sospensioni, risposte dure e ferme dell’istituzione. Ce n’è bisogno, non solo a scuola. Che si capisca che non ci sono scappatoie. Ma non basterà, se non si riorganizza la scuola nella società, se non le si ridà un ruolo alto, perché abbia di nuovo finalità, senso, valore, significato.
Un DASCO temporaneo per gli studenti violenti
Si ponga pure in essere una forma di DASCO (Divieto di accesso alle manifestazioni Scolastiche) temporaneo per gli alunni e permanente per i genitori violenti, a tutela della scuola, sul modello del DASPO dato agli ultras più facinorosi negli stadi.
Si tolgano i cellulari a chi entra in aula. Inflessibilità con chi usa mezzi illeciti, copia, ruba, evita la scuola non autorizzato, con chi vessa il prossimo facendo il bullo. Destituire di valore, ridicolizzare il mito della omertà, non per favorire la spia, ma per mostrarne la vigliaccheria, l’abuso, la meschinità. C’è bisogno di smontare il credo che l’obbiettivo della vita sia fare soldi invece che diventare belle persone, essere stimati, avere dei valori. Se la scuola ti dà solo nozioni e non serve a trovare un lavoro, deve almeno fare di te un Uomo, con senso critico e libertario.