Agitu, la pastora etiope uccisa, era un simbolo d’integrazione e imprenditoria
La storia di Agitu, la pastora che negli ultimi mesi del 2020 aveva aperto anche un negozio, è una storia che non deve morire con lei
A ridosso del nuovo anno, una vicenda tragica sconvolge la stampa nazionale. Agitu, la pastora etiope a capo dell’azienda “Capra Felice” era il simbolo dell’integrazione e della buona imprenditoria e ora non c’è più.
Agitu nata in Etiopia ma italiana di adizione
Trentino, 29 Dicembre 2020. Aigtu Ideo Gudeta, nata in Etiopia e trasferitasi in Italia da ormai diversi anni, è stata trovata morta nella sua casa a Maso Villalta a Frassilongo in Valle dei Mocheni, nel pomeriggio. Tramortita da alcune martellate e in seguito violentata, per poi essere uccisa da un colpo finale con il medesimo utensile. L’omicida è un suo dipendente, un ghanese di 32 anni. L’uomo è un pastore e da tempo era stato richiamato dalla donna per tornare a lavorare per lei. Il motivo che sembra averlo spinto a compiere un atto del genere, sembra essere il mancato pagamento dello stipendio di un mese.
42 anni, nata nella capitale Etiope, Addis Abeba, era giunta in Trentino per studiare sociologia per poi tornare nel suo paese d’origine allo scopo di insegnare ciò che aveva imparato e per poi rifugiarsi di nuovo in Italia, al riparo da violenze e persecuzioni.
Il suo obiettivo era quello di continuare le tradizioni di famiglia, stando a contatto con la natura. Dagli insegnamenti ricevuti dalla nonna materna, aveva preso in gestione 11 ettari di terreno abbandonato. E con grande determinazione si era occupata di avviare una produzione di derivati dal latte di capra, coordinando un gregge di capre Mochena, vicine al pericolo d’estinzione. Il tutto nel pieno rispetto dell’ambiente, tramite una produzione ecosostenibile e l’uso di metodi tradizionali.
Aveva ricevuto minacce razziste
Ma questa bella storia di integrazione, aveva già incontrato degli ostacoli: la donna aveva infatti ricevuto minacce a sfondo razziale ed era stata anche aggredita.
Ma questi episodi non l’avevano di certo fatta arrendere, continuando la sua attività imprenditoriale. Non sono mancati poi i numerosi sostegni di donne e uomini del mondo della politica, tra cui ricordiamo la senatrice radicale Emma Bonino che ha ricordato sui social di quando la invitò all’iniziativa organizzata da lei in occasione della festa delle donne nel 2017:
“Dalle sue parole, quel giorno, siamo riusciti a cogliere tutta la sua forza, determinazione, passione politica. La sua scomparsa tragica lascia un grande vuoto.”
Agli episodi razzisti che hanno caratterizzato la vita di Agitu e l’hanno spinta a fare e dare ancora di più, si aggiunge il più drammatico, quello legato alla sua fine. Si tratta di una violenza di genere a tutti gli effetti; infatti non si tratta solo di un omicidio ma anche di una violenza, consumata sul pavimento della sua camera da letto, quando ancora era in vita e agonizzante per le prime ferite inferte.
La vita di questa donna va ricordata e quest’episodio è l’ennesimo che vorremmo non raccontare mai ma che purtroppo si aggiunge ai fatti di cronaca che contraddistinguono i lati più brutti della nostra società.
La storia di Agitu, che negli ultimi mesi del 2020 aveva aperto anche il suo primo negozio, è una storia che non deve morire con lei.
Un esempio di integrazione che deve continuare ad esistere e a ripetersi.
Articolo di Marta Giorgi. Disegni di Chiara Giorgi
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