Al Piccolo Eliseo va in scena “John e Joe”
Essere primi o ultimi, nella società, è un fatto di predestinazione. John e Joe è “una specie di duetto”, poetico e struggente
Al Piccolo Eliseo dal 18 al 29 maggio va in scena John e Joe.
Essere primi o ultimi, nella società, è un fatto di predestinazione. John e Joe è “una specie di duetto”, poetico e struggente. E comico, molto comico. È lirico, come le anime dei suoi personaggi, e clownesco, come sa esserlo il mondo, sedotto dagli affari.
Con tenerezza, la penna intelligentissima di Agota Kristof ritrae i suoi clochard smontando nella loro metafora la serietà dell’economia mondiale. Una sorridente storia di crudeltà insensate, capitali e rovine, che prende sostanza nell’affiatamento ventennale tra la regia di Valerio Binasco e le interpretazioni di Nicola Pannelli e Sergio Romano. Sono loro a impersonare la favola del denaro secondo due stralunati nullatenenti, i soli ad averla compresa.
‘John e Joe’ è un testo molto poetico e struggente. Anche se è difficile non definirlo, allo stesso modo, un testo comico. Molto comico. È una specie di duetto lirico e clownesco (lirismo attribuibile solo all'anima dei personaggi e non alla scrittura) ed è, pur nel pieno realismo delle varie situazioni, da considerarsi quasi un testo metaforico sul denaro, la povertà, l'amicizia e la solitudine, e sul fatto che essere primi o ultimi nella società, sembra che sia solo un problema di predestinazione.
I personaggi di questa commedia sono anime. Le anime degli ultimi, per l'appunto. C'è tanta bellezza e dolcezza in loro ed è per questo che il mio progetto teatrale, è più che mai orientato alla semplicità della messa in scena. Quando una scrittura è davvero grande (e Agota Kristof è di certo una grande della scrittura) l'unico lavoro importante che bisogna fare è creare "l'incanto" insieme agli attori.
Mi pare una splendida opera teatrale questa che cerca di coniugare la metafora della "vita negli affari", con i clochard-clown della tradizione, e con l'incanto delle anime semplici. Questa sintesi di poesia e d’intelligenza è spesso alla base del grande teatro contemporaneo, ed è una fantastica occasione per ridare un senso profondo al lavoro degli attori e alla gioia che tale senso profondo può regalare al pubblico. (Note di regia di Valerio Binasco)
Lettera a John e Joe
Carissimi actors di John and Joe
Voglio ancora una volta ringraziarvi per il lavoro che abbiamo svolto. Avete raggiunto un livello altissimo di precisione, e di poesia. Io me ne vado con il dispiacere di non potervi seguire anche oggi, ma con una grande gioia dentro di me, e con una bella forza d’animo che sono sicuro mi aiuterà anche nei prossimi giorni.
Ho pensato molto stanotte alle qualità della vostra performance, e mi facevo domande su quale sia il segreto dell ’irradiazione totale : quella morbida, indifferente all’esito, eppure perfettamente accordata a tutti i ritmi (interni ed esterni) che vengono suonati e giocati sulla scena. Quell’irradiazione calma, eppure potente, che continuamente trasporta l’immaginazione degli spettatori (e quindi per forza anche degli stessi attori) dal piano orizzontale a quello verticale, con un moto pressoché continuo di andata e ritorno.
Ho pensato che forse ci siamo avvicinati molto a quella nonchalance attiva che tanto ammiriamo negli attori di Brook. Scrivo questa frase non perché sono impazzito e mi considero degno di tale somiglianza, ma perché considero Voi degni di un paragone stilistico così importante.
Mi domandavo, invece, cosa possiamo fare per aumentare ancora la nostra vicinanza a quella straordinaria nonchalance. Cosa hanno, loro, che ancora noi non abbiamo, o che possediamo in misura minore? Mi sono venute in mente due cose.
1) Loro, anche se fanno magari un piccolissimo spettacolo – tipo il nostro – che altro non è se non un esercizio di recitazione, e che si avvale dell’apporto scenico di un paio di oggetti messi lì, di sicuro non hanno alcun senso di colpa per la povertà della loro messa in scena, e non solo: credo che si sentano intimamente molto al sicuro, molto forti nella loro condizione di attori ‘nudi e puri’. Si sentono protetti da un privilegio. Questo non credo che provenga solo dal fatto che la loro performance rechi la firma di un grande maestro. Ma per il fatto che lo ‘stile’ nel quale si esprimono è totalmente riconosciuto, ed apprezzato universalmente. Nessuno scambia la loro povertà per improvvisazione o sciatteria. Il risultato è che non hanno nessun senso di inferiorità nei confronti del pubblico. Non ‘spingono’ niente, non chiedono implicitamente scusa, non sperano di essere miracolosamente capiti, e quindi non hanno, negli occhi, neppure la più piccola ombra di timore che il pubblico non rida, o non partecipi. Lo danno per scontato. Non se ne curano.
2) Noi, invece, dobbiamo superare una barriera – anche interna a noi stessi – che ci dice parole opposte. E quindi occorre fare un gran lavoro (credo anche molto bello) con noi stessi, in camerino e anche prima, per rimuovere totalmente ogni piccola tentazione di insicurezza, ogni minuscola ombra di sottomissione ai luoghi comuni del nostro pubblico, e a ogni dipendenza dalle manifestazioni di approvazione della sala. E’ un lavoro di pulizia interna, silenziosa, finalizzata alla scoperta di qualche scintilla di gioia pura, dispersa nel nostro animo, che va ‘percepita’, e poi alimentata, fatta diventare luce. Trasparenza.
La gioia è pura quando è immotivata. Quando è pura e semplice gioia di vivere. Che per un artista vuol dire – credo – pura e semplice voglia di giocare. Se poco prima di entrare in scena arriviamo a questo verità minima, questa verità senza pensiero che nasce da una scintilla di gioia di vivere, allora credo che non ci sarà difficile fare il passo successivo, che sarà quello di pensare – finalmente – al pubblico. E ci verrà naturale pensarlo in un modo nuovo: il pubblico non sono gli spettatori, ma è il mondo.
E se questo pensiero arriva, allora tutto si fa gioco puro, si confondono anche le distanze, perché anche noi siamo il mondo. Siamo gente nel mondo. Noi sulla scena, come loro seduti lì davanti. Ciao John, Ciao Joe, Valerio
PICCOLO ELISEO Da mercoledì 18 a domenica 29 maggio 2016 Orario spettacoli: mercoledì 18, giovedì, venerdì e sabato h. 20.00 – mercoledì 25 e domenica h. 16.00