Alain Ducasse raccontato agli italiani gourmand: “Il suo segreto? La personalità”
Umberto Giraudo, Direttore Restaurant Manager, racconta Alain Ducasse: “Vi dico quale cucina proporrà a Roma”
Alla prossima apertura di uno dei ristoranti del gruppo Romeo Collection continua a mancare sempre meno. Una manciata di mesi ancora e Monsieur Alain Ducasse sarà pronto a sbarcare nella Capitale, con uno dei suoi ristoranti, in via di Ripetta a Roma.
Alain Ducasse a Roma
Il taglio del nastro è previsto per ottobre 2023. La curiosità è tanta. Si rincorrono le voci e i pensieri di chi non vede l’ora di vivere l’esperienza con l’arte del Maestro pluristellato. Un’arte sapiente e preziosa che nutre col suo impegno la valorizzazione del territorio, sfruttando non soltanto le materie prime della cucina, ma anche un’innovativa gestione di spazi, di infrastrutture e patrimoni storico-architettonici. Qualche mese ancora e si potranno gustare le prelibatezze del palato in una struttura pronta a stupire, tra linee sinuose e tecnologia avanzata.
La personalità di Monsieur Ducasse
Personalità illustre della scena contemporanea, Alain Ducasse disegna e seleziona con cura maniacale ogni tassello che da vita e lustro a un mosaico emozionale, che spazia dalla viva suggestione dell’haute cuisine, all’intramontabile e instancabile lezione metropolitana. Così, tra percezioni e meraviglie, Ducasse racconta l’ordinario e l’extra-ordinario, ponendo al centro la culla di ogni popolo: il Mediterraneo. Un racconto posto a servizio del gusto, dell’eleganza e del talento. Come dimostrano le numerose “scoperte” di talenti della cucina nostrana. Due nomi su tutti, Massimo Bottura e Carlo Cracco.
Il pensiero di Umberto Giraudo
Oggi abbiamo fatto due chiacchiere con Umberto Giraudo, Direttore Restaurant Manager del Ristorante Ducasse, che conosce bene il Maestro, per averci lavorato a lungo. A Montecarlo, a Parigi e non solo. insignito nel 2012 del Grand Prix de l’Art de la Salle 2012 direttamente dall’Acadèmie Internationale de la Gastronomie, Giraudo ha posto per noi una lente d’ingrandimento, per evidenziare ed esaltare i tratti di una figura sublime dell’altissima ristorazione mondiale.
Monsieur Ducasse è lo Chef più stellato al mondo. Lei lo ha conosciuto, ci ha lavorato, lo ha incontrato più volte. Cos’ha di davvero speciale?
“Ha una personalità affascinante. Affascinante perché è un grande professionista, una persona molto seria e coinvolgente. Ha delle altissime ambizioni, ma non è arrivista. Ha avuto l’umiltà di porsi sin dall’inizio al fianco di grandi imprenditori, a Montecarlo e a Monaco, scegliendo successivamente come collaboratori, giovani volenterosi. Questa credo sia stata davvero la sua forza. Non dimentichiamoci che in giovane età è rimasto coinvolto in un episodio drammatico. E’ infatti l’unico superstite di un incidente aereo avvenuto sulle Alpi nel 1984. Ha subito operazioni, è stato molto male nel periodo seguente. Eppure ha una voglia di vivere molto forte, che ha saputo veicolare in modo costruttivo. Ha creato un vero e proprio mondo. Questo grazie a questo forte carattere e temprata personalità. Non ha mai voluto accentrare tutto su di sé. Ha preferito delegare i compiti”.
Secondo lei ha seguito un esempio, un modello?
“Enzo Ferrari. Ha voluto delegare le sue attività. All’epoca è stato un pioniere in questo. Non dimentichiamoci che lo Chef fino a quel momento era il grande Maestro che doveva per forza essere presente. Lui ha voluto cambiare le regole trasformando la figura dello Chef in una figura che ha il compito di dare l’input, suggerendo le idee, quasi fosse un direttore d’orchestra o uno stilista nel campo della moda”.
Domanda provocatoria: mi vuol dire quindi che il suo segreto si nasconde maggiormente nella personalità, piuttosto che nel gusto dei suoi piatti?
“Sono due aspetti diversi. Ci sono degli Chef altrettanto talentuosi, ma privi di questa personalità. Il grande successo di Monsieur Ducasse è dovuto al forte carattere imprenditoriale. Poi è ovvio che è anche un fuoriclasse dal punto di vista della cucina. E’ stato molto bravo, perché la cucina francese esiste da secoli, molto ricca e molto presente. Quella famosa Novelle Cuisine, molto in voga negli anni ’80 e poi terminata ha avuto un impatto molto forte con Monsier Ducasse perché ha voluto rimettere gli ingredienti vegetali e i prodotti al centro dell’attenzione. Prima la cucina era molto classica, con grandi preparazioni che esistono tuttora. Poi c’è stata questa via moderna di presentazione. Ducasse insieme ad altri chef, ha iniziato a mandare avanti questa idea del concetto della qualità degli ingredienti. Le verdure, il tartufo. Cose semplici che però dovevano essere di altissima qualità”.
In qualche modo inoltre, va a sdoganare l’idea secondo la quale delegando alcuni compiti si rischia di mettere a repentaglio la propria autorevolezza…
“Esatto. Lui non ha paura di farlo. E’ sempre avanti”.
C’è un aspetto della sua personalità in grado di incuriosirla, colpirla in particolar modo?
“Proprio questo: la capacità di guardare oltre e avanti. Non è una persona che si ferma. Lui ti presenta un’idea e tu devi andare avanti sostenendola. Per poi accorgerti che lui è nuovamente avanti in un aspetto della stessa idea che ti ha proposto poco prima”.
Tempo fa qualcuno mi diceva che essendo un imprenditore forse ha la pecca di non potersi trovare e dunque gestire personalmente ogni suo ristorante. Che ne pensa di questo?
“Mah, non credo. Lui mette la sua sigla, la sua impronta. E’ probabile che lo chef “itinerante” sarà una figura in via di esaurimento. Ormai siamo abituati a dieci chef, con dieci ristoranti. Io credo che la firma di Ducasse a prescindere si senta sempre, ovunque, nei suoi ristoranti. Al di là della sua presenza. La capacità di Monsieur Ducasse è quella di possedere ormai un’organizzazione talmente capillare, che il numero di ristoranti è irrilevante. Può aprirne altri 100, la qualità resta indiscutibilmente eccellente in ciascuno di essi”.
Come viene impartita la formazione dei collaboratori?
“C’è un livello di formazione mostruoso. Uno tra questi ragazzi gestirà il ristorante Roma e ha lavorato 8 anni nelle sue cucine. Parigi, Monaco o Londra: i ragazzi più talentuosi apprendono nei ristoranti di queste città. Poi la pratica in ristoranti stellati, dove ovviamente scatta anche un po’ di sana competizione tra i giovani. Il più bravo però riceve più incarichi rispetto a un determinato altro collega”.
Lo dico con una battuta: ce l’avrà un difetto questo Monsieur Ducasse?
“Certamente sì (ride ndr). Ma in questo momento non saprei elencarne uno. C’è sempre stato mutuo rispetto tra di noi, anche se non lo vedo da un po’ di tempo”.
Come pensa verrà accolto nella Capitale?
“Io certamente lo difenderò e farò in modo da far capire ai giornalisti, alla stampa, ai lettori e clienti in generale che Monsieur Ducasse non vorrà arrivare a Roma portando la cucina francese, o non rispettando quella italiana. L’intento sarà, dall’alto delle sue capacità, quello di realizzare un’interpretazione della cucina mediterranea. A modo suo. Non c’entra nulla la tecnica francese. Nei piatti ci saranno ovviamente prodotti italiani di primissima scelta e membri dello staff, all’interno della cucina, italiani. Lo chef francese, come in Giappone o a Londra ha seguito la scuola di Ducasse. Sarà, lo ripeto, una cucina con verdure, con pesci, ma mediterranea: né troppo italiana, né troppo francese. Dunque non ci sarà “Le bouillon” o “La Canard à la Tour d’Argent“. Niente di tutto questo”.
Roma sarà ulteriormente protagonista dell’alta cucina, anche con la prossima apertura di un ristorante di Chef Niko Romito…
“E’ bellissimo, Niko è un grande amico. Gli voglio molto bene e sono molto contento. Non ci sarà alcuna competizione, sono stili differenti. La cucina di Niko è molto italiana. Poi la cucina è molto soggettiva. Niko pure ha diversi locali ma anche lui riesce a porre la propria firma su ognuno di essi. Parliamo di grandi maestri”.
Oggi la cucina francese riscuote un fascino minore o maggiore rispetto a quella italiana?
“Dipende da dove ti trovi (ride, ndr). La cucina italiana ovviamente è una cucina più facile e abbordabile. Se vai a Parigi adesso, la maggior parte dei locali sono di tendenza italiana. Gran Mama ha aperto più di 10 pizzerie da 500 posti. E’ la cucina più facile da far apprezzare. La cucina francese classica è tutt’altra cosa, ha più di tre secoli di storia e il rispetto del prodotto da parte degli artigiani è straordinario. La pizza, la pasta, afferiscono al quotidiano, alla condivisione di bei momenti. Entrambe hanno storia e cultura. Siamo dei cugini a pari livello. Anche se ci guardiamo con un occhio posto di traverso. Ma non devono esserci gelosie in realtà, sono entrambe di ottima e pregevole fattura”.