“Anna e Marco”: da Dalla a Gabriele Carbotti
Dall’11 al 23 febbraio in scena al Petrolini uno spettacolo liberamente ispirato a Lucio Dalla
La bellezza delle cose semplici. Stavolta a raccontarla è Gabriele Carbotti, in scena con “Com’è profondo il mare – la vera storia di Anna e Marco”, di cui è regista e interprete, da oggi, 11 febbraio, fino al 23, al teatro Petrolini di Testaccio. Con lui, sul palco anche Ludovica Di Donato, Lorena Scintu, Ughetta D’Onorascenzo, Alessia Amendola, Andrea Dianetti, Paola Majano e Michele Botrugno.
Anna e Marco, proprio loro, quelli cantati da Lucio Dalla, che si sono incontrati nella fantasia di quelle note. Poi un cane che abbaiando li aveva riportati alle loro vite, alle loro realtà. Ma Anna e Marco, proprio loro, in realtà proprio loro non sono. Perché questo spettacolo teatrale, che vuole essere un omaggio a uno dei cantautori più importanti della nostra epoca, è in realtà la trasposizione in prosa di alcune delle storie che Dalla ha cantato e raccontato nei suoi testi.
E così, in una “Sera dei miracoli”, le storie di alcuni protagonisti dei testi di Dalla si incastrano, si accavallano, si accompagnano. Tra di loro, oltre Anna e Marco, anche Stella (che nel testo teatrale è la sorella di Marco). E poi Cara, la prostituta di un locale gestito da Stomp, un americano venuto a Roma negli anni ’70. Stomp, di “Disperato erotico stomp”, “che nella canzone – ci racconta Gabriele Carbotti – è un suono onomatopeico, un modo eufonico di interpretare uno stato d’animo, nel testo teatrale invece è un vero e proprio personaggio”. Ci sono poi Felicita e G.; ma anche Luna, una sorta di voce narrante, personaggio metaforico delle canzoni di Dalla.
La storia, inoltre, si svolge nella sera del 4 marzo 1972. Il 4 marzo, proprio il giorno in cui molti anni prima, nel 1943, nacque Dalla.
Non è una sfida facile, quella che ha scelto di affrontare Gabriele Carbotti: raccontare un’uscita a cena, un bicchiere di vino, l’emozione di un incontro e la paura così grande che può derivarne. Sensazioni comuni, paure comuni, e proprio per questo così inspiegabili. Ma Dalla, ci racconta Gabriele, gli ha dato un grande aiuto: “Dentro una canzone di 4 minuti si possono trovare dei veri e propri testi teatrali. La sfida mi piaceva: per questo ho voluto raccontare a modo mio, in modo semplice, in un contesto povero, con gente qualunque, una storia di tutti i giorni, ambientata nella sera dei miracoli, dando agli eventi un risvolto magico, e pertanto che possa essere inerente alla poetica di Lucio Dalla”.
Elaborazione in prosa dei testi, delle emozioni che suscitano, anche in base al proprio vissuto – quello del regista in questo caso. D’altra parte cos’è l’arte, se non questo: fruizione. Ed è così che Gabriele ci vuole presentare Lucio Dalla, a modo suo. Un modo che è originale, inedito: quello di inseguire la corsa di un’emozione nei 5 minuti di una canzone, e dar voce a modo proprio a quest’emozione, reinventando i personaggi e le loro storie. E sempre dicendo grazie a chi per primo le emozioni, le semplici emozioni, ce le ha regalate in musica.