Anpi il 25 aprile ci sarà. Per la messa possiamo aspettare
Il sentimento di appartenenza alla lotta partigiana evidentemente prevale rispetto a quello della comunità cristiana e il 25 aprile l’Anpi ci sarà
L’ Anpi il 25 aprile ci sarà, infatti la Presidenza del Consiglio, in deroga alle rigorose restrizioni di movimento per l’emergenza Covid 19, autorizza le celebrazioni per la “Festa della liberazione” del 25 aprile. E dopo le proteste dell’Associazione partigiani, in un primo momento dimenticate nella stesura della formazione delle delegazioni autorizzate, comunica che per esse “non esclude in alcun modo l’Anpi”. Nell’attesa che chiariscano modalità e tempistiche di tale deroga motivata dalla “consapevolezza del valore che questo anniversario ricopre per l’Italia”, qualche domanda ritengo che sia lecito porsela.
Il caso della messa interrotta in una chiesa di Cremona
Sono trascorsi appena pochi giorni da quando, in una Chiesa di Cremona di circa trecento metri, un parroco che stava officiando la messa, di fronte a 13 fedeli posti a distanza e con mascherine, ha avuto la visita della Polizia. In un primo momento il sacerdote è stato ripetutamente interrotto dalle forze dell’ordine “munite” di cellulare e sindaco (in linea). Subito dopo è stato multato di seicento euro e rotti (e ciascun fedele per oltre duecento). Senza dover fare l’elenco di tutti gli episodi di “eccesso di zelo” di cui sono state protagoniste le nostre forze dell’ordine, il messaggio che giunge dalle istituzioni è forte e chiaro: si ai partigiani, no alla croce.
Anpi il 25 aprile festeggia la liberazione con le autorità
Il sentimento di appartenenza alla lotta partigiana evidentemente prevale rispetto a quello della comunità cristiana. La celebrazione almeno della messa pasquale negata, come se il parroco non avesse pari buon senso del commesso del supermercato nel regolare i flussi di accesso. La risposta dei credenti, a questo punto, potrebbe essere altrettanto forte e chiara. Nella giornata di sabato 25 aprile, mentre l’Anpi e le Istituzioni festeggeranno la Liberazione, alle 12, tutti davanti alla propria Chiesa per cinque minuti di raccoglimento e di protesta silenziosa. Mascherine, distanziamento e autocertificazione di assoluta urgenza spirituale. La tentazione del gioco della torre è facile, sta propri lì, a portata di mano. Basterebbe sollevare il logico dubbio: perché il lockdown si tinge di rosso.
Nel 2020, tuttavia, la roulette ci ha un po’ stufato, si inizia a non poterne più del rosso e del nero con tutte le dicotomie annesse che possono essere esaurire in un periodo. Fascisti vs comunisti, autoritarismo vs democrazia, lager vs foibe, conservazione vs rivoluzione, credenti vs atei e, ci sta sempre bene, Franco contro Mao. Il rischio è calcolato: sottrarsi alle contrapposizioni dialettiche (anzi provare a trascenderle) presterà il fianco all’isterismo degli “ismi” con attribuzione dell’etichetta di “rossobrunismo”. Niente di male, andrà indossata con orgoglio, come marchio spirituale post-ideologico insieme ai compagni di merende “complottismo” e “populismo”.
Alla Festa della liberazione del 25 aprile
In qualità di rosso-bruni (complottisti e populisti) reo confessi guadagniamo, peraltro, il diritto di constatare liberamente che la serrata mondiale ha fatto, prima di questa polemica nostrana, un’unica trasversale eccezione: le Borse. Questa impalpabile astrazione ha manifestato urbi et orbi la sua natura trascendente, sovrasensibile, divina, senza tema di smentita. La dimensione del sacro (che si ricordi etimologicamente significa separato, riservato) è ufficialmente quella finanziaria. La polemica su questa quantomeno curiosa “resistenza” – innegabilmente più attuale di quella del ’43-‘45 – del mondo affaristico di fronte alla tirannia del coronavirus è durata un battito di ciglia. Qualche articoletto e un po’ di sarcasmo paesano degli spiriti più polemici.
Chiudono scuole e tribunali ma le Borse no
Ormai deprechiamo il mondo affaristico come un tempo facevamo con l’Altissimo. Solo con quell’impasto di rabbia e impotenza con cui il mezzadro alzava gli occhi al cielo di fronte al raccolto devastato dalle intemperie. Ogni afflato è smorzato dalla lucida rassegnazione: “è così che va il mondo”, ergo i mercati. Chiudono scuole, cinema, teatri, chiese, sinagoghe, tribunali, stadi, uffici, negozi ma le borse no: sono come il “pane quotidiano”, arrivano ad ogni longitudine e latitudine. Non è questa la sede per ricostruire i 75 anni che ci hanno condotto dalla “liberazione dal fascismo” del ’45, alla subordinazione al mercatismo del 2020.
E’ lecito, tuttavia, confidare nel destino: accadrà che tanto i superstiti (eredi) dell’Anpi quanto i cristiani saranno un giorno mossi dagli stessi valori universali della difesa dei più deboli. Accadrà che entrambe queste categorie dovranno sospendere la lotta per fissare sguardo, riflessione e (perché no?) preghiere sul nemico comune. La ristretta congrega di ultramiliardari, spalleggiata da una nutrita schiera di vili fiancheggiatori, intenta ad utilizzare antichi rancori come cortina fumogena. Per continuare a depredare i diritti dei popoli. Amen.
*di Massimo Arlechino