Antonello Colonna non si ferma, lo chef romano in visita all’Aquila “per amore”
“Amo l’Aquila – dice lo chef Colonna –
amo la genuinità della sua gente e la loro forza straordinaria di reazione alla tragedia”
“Amo questa città, amo la genuinità della sua gente e soprattutto amo la loro forza straordinaria di reazione alla tragedia. Se mi fermassi a l’Aquila il mio primo obiettivo sarebbe la sinergia con l’Università, tra le migliori d’Italia. Partirei dai giovani che già frequentano le facoltà aquilane per rilanciare un nuovo concetto e una nuova filosofia del cibo. Il cibo come atto politico”.
La stoffa del filantropo
La stoffa del filantropo ce l’ha, lo chef Antonello Colonna, che quando incontra un giovane di buoni propositi prova sempre a dargli un’occasione, sempre. E lo fa da 30 anni, andando oltre qualunque pregiudizio. Perché allo chef le battaglie piacciono, specialmente quando il traguardo sa di riscatto.
“È bastata una chiacchierata tra amici ed ecco che mi sento già all’Aquila. Non nascondo l’amore che provo per questa città dalle 99 bellezze (la splendida fontana delle 99 cannelle n.d.r.), io vorrei aggiungerne un’altra ancora di bellezza e arrivare a 100. Un altro monumento al gusto, all’arte, alla cultura.
Un’idea tutta nuova per l’Aquila
Ma non replicherei l’Openissimo, che già occupa la meravigliosa città di Como e dove riapriremo il primo settembre prossimo, come abbiamo programmato. A Como ripartiremo più carichi di prima, visto che la pandemia e i troppi inutili decreti non ci hanno permesso in questi mesi di sviluppare i nostri sogni per Como, una città che va “oltre il lago”.
All’Aquila invece porterei il mio nome, Antonello Colonna Store. Un viaggio oltre i fornelli, un vero Store, ormai un concetto sdoganato che ha un modello americano. Penso a Williams Sonoma a NYC, un vero emporio che include cibo, arte, musica, oggetti per la casa, articoli da regalo particolarissimi e unisce l’interesse di ogni età da zero a cento anni.
Il metodo Colonna
Il mio modo di essere utile, di provvedere ad una disgrazia è un metodo pratico, ma molto realista. All’indomani del terremoto, 12 anni fa, molti, anche tra i miei colleghi proposero di organizzare pranzi, cene, eventi a favore della città e degli aquilani. Io invece mi misi a disposizione per assumere ragazzi che prima del terremoto lavoravano nei ristoranti della città e che col terremoto avevano perso il lavoro. Lo proposi anche ai miei colleghi: “Ognuno di noi faccia la sua parte”.
Un atto politico anche questo, un segnale. Per nulla pietistico, né compassionevole. Per un imprenditore una scelta solidale ha una forte convenienza. E crea un legame con il collaboratore che porta frutto. In Italia nelle occasioni in cui bisogna dare un segno solidale che abbia veramente un senso, spesso vediamo solo sfuriate di entusiasmo di chi promette miracoli. Un entusiasmo che si sgonfia nel giro di poco e porta benefici a nessuno. Si dimentica in fretta.
L’Aquila sta rinascendo
Avevo un’idea diversa dello stato della città. Pensavo che il centro storico fosse ancora un cumulo di rovine. Non è così. Gli imprenditori con cui ho parlato mi hanno raccontato di come stanno ricostruendo la città e di quanto sia facile adesso immaginare una vera rinascita. La ripresa dell’economia nazionale può ripartire proprio da qui, dall’Aquila. Le istituzioni evidentemente hanno lavorato bene e adesso però devono essere accorte e non ostacolare la voglia d’impresa che è fondamentale agevolare. Per amore e perché ci credo, oggi mi sento aquilano”.