Antonio Guidi e Spelacchio, perché un albero imperfetto ci piaceva di più
Antonio Guidi: “Gli alberi di Natale perfetti sono tutti uguali…mentre Spelacchio ha una sua identità e anche un nome”
Piazza Venezia, nel dicembre 2017, ha ospitato l'albero di Natale Spelacchio, un abete che versava in condizioni disastrose, privo di radici e con le fronde dei rami mosce o in caduta. L'installazione botanica fece però il giro del mondo, ne parlarono giornali, social e televisioni, a differenza di tutti quei maestosi, tuttavia anonimi alberi, che popolano le piazze d'Europa. Antonio Guidi, ex ministro per la famiglia, attivo su ogni campo della riflessione umana e sociale, soporattutto la disabilità, l'inclusione e l'integrazione, ci ha regalato per questo Natale, una profonda e preziosa riflessione su questa pianta e su cosa rappresenta:
"Spelacchio è stato una metafora di fantasia, dell'imperfezione creativa, ci ha coinvolti tutti. L'errore urbano e organizzativo da contestare c'è stato, ma qui ci interessa una rflessione più profonda sull'identità. Superficialmente è stato preso in giro, ma in realtà da parte delle persone c'è stata una sintonia con questo essere vivo, vivo nella sua originalità, non più solo un albero, ma Lui, una creatura riconoscibile e definita rispetto agli altri. A differenza di tutti gli alberi sani e 'perfetti' del mondo, che non hanno un nome e un'identità, Spelacchio ha conquistato simpatie e creato empatia. I famosi Mosaici di Ravenna con le loro tesserine sbeccate, riflettono screziature di luce e colori cangianti, proprio perché quelle sbeccature danno prondità e spessore. Le imperfezioni non sono lo scopo, non si tratta di un elogio dell'imperfezione, ma di un elogio dell'identità unica di ciascuno".
Spelacchio è allora il simbolo di una conquista interiore che riguarda tutti e non solo di una retorica sulle minoranze; la valorizzazione delle differenze ha lo scopo non solo di includere e integrare color che sembrano più in difficoltà, ma anche comunicare che sono qualcosa da attraversare per incontrare chi si è davvero, e questo vale davvero per tutti. Come nella trasmutazione alchemica o nella parabola cristiana, nel buddhismo e in molte altre saggezze antiche, ciascuno deve vivere il proprio malessere per scoprirsi.
"Si! Spelacchio, come Pinocchio, era deriso, ma ha saputo conquistare la propria identità, la sua unicità e riconoscibilità, quella che ciascuno nella strada per la realizzazione interiore di sé afferma anche per mezzo delle proprie caratteristiche più dolorose o, almeno apparentemente, svantaggiose. Ognuno, come Spelacchio, affronta un percorso dal legno morto alla linfa viva, attraversando il suo dramma, e così diventa veramente se stesso. Il sentimento comune verso Spelacchio è stato di simpatia, ma la sua fine è stata violenta e non valorizzata, questo dovrebbe darci da riflettere".
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