“Apertura dei teatri sì, ma senza Green Pass. Così non riapro”
Potrei guadagnare senza adempiere in prima persona al Green Pass ma ho deciso di non riaprire il mio teatro. Stavolta io resto a casa
Dal 15 ottobre è possibile riaprire i teatri col massimo della capienza ma rispettando l’odiosa regola del certificato verde. Il libero passaggio vincolato all’assoggettamento del lavoratore o del fruitore a uno dei due trattamenti sanitari: tampone o vaccino. Dolcetto o scherzetto. Non è né un dolce né tantomeno uno scherzo, siamo di fronte a un ignobile ricatto fondato sul nulla. La compresenza di attori, spettatori e dipendenti muniti di lasciapassare non dà alcuna garanzia sul piano sanitario, è un principio obbligatorio fondato su nessun presupposto logico né tantomeno scientifico.
Una riapertura con l’ombra del Green pass
Da attore e da gestore di un piccolo spazio teatrale a Roma dovrei essere felice, come tanti attori e gestori dopo tanta infruttuosa attesa, di riprendere a lavorare nella norma. Ma, purtroppo, questa nuova normalità non mi piace affatto e non c’è neanche una piccola parte di me disposta a cedere a uno dei più ignobili ricatti mai vissuti in oltre due decenni di carriera e oltre dieci anni di gestione. La mia risposta è NO.
Io non riapro a queste condizioni
Potrei farlo senza adempiere personalmente ma richiedendo il pass a tutti gli altri: attori, dipendenti e pubblico. Potrei guadagnare senza adempiere in prima persona ma ho deciso di non farlo. Stavolta io resto a casa e lascio a casa tutti gli interpreti e il pubblico. Il popolo è sovrano, devo averlo letto da qualche parte.
E pertanto quando è possibile metterla in atto questa sovranità non solo non mi tiro indietro, ma invito tutti gli altri colleghi a confrontarsi e fare lo stesso. Perché in questo momento è molto più importante assumere forza attraverso l’unione a sostegno di principi e valori inalienabili che invece accettare ricatti per salvare momentaneamente un portafoglio che, con questa inerzia, potrà solo peggiorare in futuro.
Inoltre, facendo entrare nel locale solo le persone che hanno adempiuto a un obbligo sanitario vincolato per di più all’inoculazione (e dunque all’acquisto) di un farmaco di proprietà di lobby di potere, la mia attività risulterebbe subordinata a quella delle lobbies. In altri termini c’è una cessione, non solo di sovranità come cittadino, ma di governance come imprenditore.
Motivo in più, questo, per dire un no categorico alla riapertura sotto vincoli inaccettabili.