App “Immuni”, l’indagine Dire: perché gli italiani non la scaricano?
App Immuni: l’indagine Dire sui limiti tecnologici dei vecchi smart phone e sulle motivazioni degli italiani che non la scaricano
App Immuni, perplessità e limiti. Fairphone 2, Galaxy S3 e S4, Huaweii di ultima generazione senza sistema operativo Google, Iphone 6 e giù, fino ad arrivare ai modelli più obsoleti. Questi dispositivi rappresentano una delle criticità dell’app da tracciamento Covid-19, disponibile da lunedì 15 giugno in tutta Italia.
App Immuni, perché gli italiani dicono no
Tra quanti hanno detto ‘No’ a Immuni, infatti, un individuo su 10 lo ha fatto per semplice impossibilità, “perché ha riscontrato problemi a scaricare l’app, legati al sistema operativo o al modello di smartphone”.
E’ quanto emerge dal questionario targato ‘Dire’ che raccoglie la voce di oltre 300 persone per indagare le scelte individuali nel download di Immuni.
Da una fotografia generale l’Italia sembra spaccata a metà: il 56% dei partecipanti, infatti, risponde di aver scaricato Immuni contro il 44% che non l’ha fatto. Di questi ultimi, più del 25% risponde di non averla scaricata in quanto “non si fida delle istituzioni” e altrettanti perché “non la ritengono utile” (28%). Due intervistati ammettono poi di non averlo fatto “per semplice negligenza” (1,4%).
Ulteriori perplessità sul dispositivo di tracciamento
Gli indicatori che trainano il download sono utilità e senso civico, tanto che 2 persone su 5 ammettono di aver scelto l’app “per senso civico” (38%) e altrettante perché “la ritengono utile” (42%). Mentre più di uno su 10 procede con il download per paura “di contagiare o essere contagiato” (14%) nuovamente. Dall’altro lato invece, tra quanti hanno optato per un’estate senza Immuni, il 22% approfondisce le ragioni dietro le proprie decisioni e argomenta: “La gestione di dati personali con finalità sanitarie, in un clima di emergenza gestito finora in modo frammentario e disordinato– puntualizza un utente- non mi persuade della bontà e della sicurezza dell’operazione”. C’e’ chi poi risponde di non averla scaricata perché “troppo complicata da installare“, e chi semplicemente, con un briciolo di pessimismo, “aspetta il ritorno del virus in autunno”.
Ma i dubbi e le perplessità non si esauriscono qui: “Non mi è chiaro-commenta un intervistato- cosa mi accadrebbe se avessi avuto contatto con una persona positiva. Ho paura di essere confinato in quarantena per due settimane, senza aver poi la possibilità di fare il tampone“. C’è chi dice che non la scarica “per pigrizia”, chi la bolla come “inutile e dannosa”, e
anche chi svela la propria sindrome della capanna: “Da quando c’è il virus sono quasi sempre a casa”.
E ancora, qualcuno la critica e la definisce “un veicolo impreciso di esposizione a conseguenze indesiderate, anche per chi non ha nessun problema”. Dalla Sardegna poi un intervistato affonda il coltello nella piaga: “Ho paura di sapere se la contraggo. Qui non ci sono veri conteggi”.
Così, mentre si tirano le prime somme dell’unico veicolo esistente in Italia per il tracciamento dei casi Covid, tra le tante voci che hanno solo “dimenticato di scaricarla”, c’è anche chi si lascia andare a commenti coloriti: “Immuni? Tre mesi di galera sono bastati”.