Aprilia: è il caso di stalking più documentato d’Italia ma nessuno se ne accorge
Nonostante le continue denunce e la chiara evidenza della pericolosità dell’ex., nessun divieto di avvicinamento o misura restrittiva è stata adottata
Diamo volentieri anche noi eco a una vicenda insopportabile raccontata da Ilaria Sacchettoni del Corriere della Sera. Ad Aprilia, in provincia di Latina, si sta consumando una delle vicende di stalking più documentate e meno represse d’Italia. Protagonista di questa triste storia è Marina (nome di fantasia), ex compagna di un quarantenne del posto, con un passato penale già segnato da diversi reati.
30 denunce, una persecuzione senza fine
Da due anni, Marina è vittima di una persecuzione incessante, che ha visto trenta denunce all’autorità giudiziaria, supportate da video, foto e registrazioni audio. Ma nonostante l’abbondante documentazione, nessun provvedimento concreto è stato adottato per fermare l’aggressore.
L’ultima aggressione
L’ultimo episodio risale a martedì scorso, quando l’ex è entrato con violenza nella casa di Marina, rompendo mobili e minacciando la donna di morte. “Gridava: ‘Infame, ti ammazzo!’ e le forze dell’ordine sembravano impotenti di fronte a questa sceneggiata”, racconta Marina, visibilmente scossa. L’incursione, avvenuta in pieno giorno, è solo l’ennesimo episodio di una lunga serie di atti violenti che Marina e i suoi quattro figli sono costretti a subire.
La morsa della paura
Marina descrive una vita segnata dalla paura costante, una paura che si rinnova ogni giorno. “Erano le 9,30 di mattina e aveva bevuto. Accade spesso. Ho tentato di fronteggiare la situazione. Ma tutto questo ha un costo in termini psicologici”. Nonostante le continue denunce e la chiara evidenza della pericolosità dell’ex., nessun divieto di avvicinamento o misura restrittiva è stata adottata. “Si sente intoccabile perché nessuno lo ferma”, afferma con amarezza Marina.
L’Inerzia delle Istituzioni
Il caso di Marina mette in luce una tragica falla nel sistema di protezione delle vittime di stalking in Italia. Malgrado le numerose denunce, non sono mai scattate le procedure previste dal cosiddetto “codice rosso”, che dovrebbero garantire interventi tempestivi per la tutela delle vittime. “Sono sfiduciata, lo ammetto”, dice Marina, esprimendo una frustrazione condivisa da molte donne nella sua situazione.
La voce dell’avvocato di Marina
Sonia Battagliese, l’avvocato penalista che assiste Marina, critica duramente l’inefficienza delle istituzioni: “Le istituzioni, nessuna esclusa, non fanno altro che consigliare alle donne di denunciare i loro aguzzini. Credo però che non abbiano la minima idea di quello che passa una persona comune quando decide di rivolgersi alle autorità per denunciare e di cosa voglia dire avere il vuoto assoluto attorno. Non voglio pensare che in Italia la legge funzioni solo se si è potenti ma temo che ai comuni mortali resti solo la speranza di non essere uccisi dal proprio carnefice”.
Un caso emblematico
Il caso di Marina è emblematico di una problematica più ampia che affligge il sistema giudiziario italiano. La lentezza e l’inefficienza delle risposte istituzionali alle denunce di stalking non solo mettono a rischio la vita delle vittime, ma alimentano anche un senso di impunità nei persecutori. È necessario un intervento deciso e immediato per garantire che le misure di protezione previste dalla legge vengano effettivamente applicate e che le vittime non siano lasciate sole a fronteggiare i loro aggressori.
La storia di Marina e della persecuzione che subisce dal suo ex ad Aprilia deve essere un monito per tutti. Le istituzioni devono assumersi la responsabilità di proteggere le vittime di stalking e di applicare le leggi esistenti con rigore e tempestività. Solo così si potrà sperare di prevenire tragedie e di garantire una vera giustizia a chi è vittima di violenze e soprusi quotidiani.