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Armando Siri, intervista sulla solitudine delle persone anziane

E’ vero, come dice Armando Siri, che ci si possa sentire soli anche in mezzo agli altri, ma la forma più temibile di solitudine è quella reale

Armando Siri

Armando Siri

‘’Il segreto di una buona vecchiaia, non è altro che un patto onesto con la solitudine’’. Gabriel Garcia Marquez sintetizzava in modo memorabile il patto con la vita delle anime che volgono al tramonto dell’esistenza. Una visione quella del grande scrittore colombiano che proietta un cono di luce sulla senilità.

Gli anziani sono però anche una risorsa per una società in dissoluzione. Sia nei paesi in via di sviluppo che nelle economie più avanzate la loro esperienza è fonte d’ispirazione e supporto per la comunità, ma in pochi intendono ricordarlo.

Ora che abbiamo lasciato l’estate alle spalle, il momento più duro per il caldo e il vuoto nelle città, possiamo fare qualche riflessione su come il mondo odierno si relazioni con loro. Di questi temi si è occupato con passione e sensibilità, Armando Siri, creatore della Flat Tax, curatore della scuola e formazione politica della Lega e consigliere di Matteo Salvini. Siri vanta una formazione umanistica e una sensibilità che gli consentono di valutare più in profondità certe tematiche e di cogliere aspetti su cui i più preferiscono non meditare. Gli abbiamo rivolto alcune domande.

In che relazione siamo oggi con la terza età?

La nostra società fa fatica a fare i conti con la memoria, una parola che abbiamo sempre usato, attribuendola a una facoltà umana e che la tecnologia invece ci ha strappato. Associamo infatti sempre più spesso questo vocabolo agli hard disc, ai microchip, alla memoria del computer. Quando si perde la familiarità con la memoria, si dimentica con facilità.

E questo cosa implica?

Accantoniamo, cancelliamo dalla mente quanto i nostri cari hanno fatto per noi nel passato e soprattutto dimentichiamo che anche noi saremo anziani. Siamo immersi nella cultura dell’eterna giovinezza, dell’efficienza, della fretta e non abbiamo il tempo di coltivare quei sentimenti che poi sono alla base dello stare bene umano. Il concetto dei cicli che si ripetono sfugge a molti. L’idea che gli anziani costituiscano un patrimonio anche emotivo da rispettare, esce di scena. In questa nostra epoca gli anziani vengono valutati esclusivamente come costo sociale.

Ci si focalizza sui problemi che gravitano attorno ad essi. Non si considera che se un anziano è sano e sta bene, magari evita di gravare sul servizio sanitario. Se riesce a ricevere affetto, stimoli, se è coinvolto nella vita familiare, sta meglio, non grava affatto. Lo stare bene, non è solo legato alle patologie croniche, ma anche al benessere psicofisico, psiche infatti vuol dire anima. Se l’anziano si sente parte della famiglia, se si sente utile, difficilmente peserà sul servizio sanitario nazionale, sul welfare e su tutti quei centri di costo che preoccupano la politica e la società attiva.

Non riesco a comprendere i figli che abbandonano i genitori anziani al loro destino. Naturalmente, quando i genitori necessitano di particolari esigenze, che a casa non possono essere garantite, finiscono in una struttura protetta, in una casa di riposo che possa accudirli in modo adeguato, ma ciò non esonera i figli dal continuare a mantenere rapporti sentimentali, affettivi ed emotivi con l’anziano. Invece spesso l’anziano viene parcheggiato e quasi dimenticato, questo è molto brutto.

Ci sono anziani che vengono lasciati soli, abbandonati al loro destino, mentre i figli non se ne preoccupano e non li vanno a trovare. Ho messo recentemente in evidenza la storia di un anziano che venne portato in ospedale dalla badante e chiamò i figli per comunicarglielo. Loro erano al mare, a 30 km distanza, gli risposero che essendo in vacanza, non potevano aiutarlo.

Queste vicende sono purtroppo all’ordine del giorno. Si alza l’asticella del comportamento morale per tante sciocchezze, mentre invece non ci s’indigna per queste condotte censurabili. A mio avviso questi comportamenti devono essere richiamati all’ordine da una società civile, alla responsabilità morale, ad atteggiamenti che devono essere coerenti con il concetto di civiltà’.

Gli anziani nel futuro saranno accompagnati dai robot?

Questo è lo scenario che viene proposto nella totale indifferenza da coloro i quali non hanno più capacita di coltivare le relazioni, umane, emotive sentimentali e affettive. Il piano è quello di vedere gli anziani supportati e accompagnati dalla tecnologia, in compagnia di robot, di supporti tecnologici che possono di sicuro sopperire ad esigenze pratiche, ma che non potranno sostituire gli affetti’.

Da Ungaretti a Montale a Quasimodo: tutti i più grandi autori hanno parlato della solitudine, lei come la definirebbe?

E’ una condizione che l’uomo teme più della morte perché è una morte silenziosa, è una morte di fatto delle funzioni principali, delle funzioni dell’animale sociale di cui ha parlato Sant’ Agostino. Possiamo sentirci soli anche in mezzo agli altri, ma la forma più temibile di solitudine è quella reale. Ci sono tantissimi anziani che vivono da soli, aiutati dal vicino di casa o da persone che non sono della famiglia e questo, se rende onore a una parte di umanità sollecita e a quel volontariato di cui andiamo fieri, mette in cattiva luce i parenti.

Al di là delle esigenze pratiche che variano da famiglia a famiglia, c’ è un tema morale che è più importante. La legge dice che un figlio non può abbandonare il genitore, ma ci si riferisce ad aspetti pratici, invece il punto è nutrire la sfera emotiva che è l’elemento centrale’.

Quindi la nostra società non gode a suo avviso di un buono stato di salute?

La nostra società mostra i sintomi di una malessere e la malattia in atto è la scarsa affettività di sentimenti e di emozioni, è una società sempre più meccanizzata, proiettata in un altrove freddo, gelido, individualista.

Un anziano è prima di tutto una persona, non pensa che alcuni di loro paghino anche il fatto di essere stati cattivi genitori o di avere un pessimo carattere che mette tutti in fuga?

Non c’è dubbio che essere genitori sia molto complesso. Di sicuro non tutti gli anziani sono stati individui o genitori amorevoli, questo è indubbio e la loro incapacità d’amare ha prodotto danni incalcolabili. Ma bisogna interrompere la catena. La responsabilità di un figlio non è la rivendicazione. Il deserto affettivo non andrebbe allargato. Per quanto pessimo, un genitore ci ha messo al mondo e un piccolo debito affettivo dovremmo saldarlo in ogni caso.

La solitudine nell’arte. Pensiamo a Munch, ad Hopper a come l’hanno rappresentata. O alla vita di Van Gogh..anche l’artista è spesso solo?

Si, ma la solitudine dell’artista è diversa, è fertile, creativa, elaborativa proattiva, trascende la realtà e la sublima. Il pittore riesce a creare, a comporre quell’insieme di armonie, di immagini, di paesaggi e di colori che lo soccorrono. La solitudine della persona semplice è invece drammatica ed è quella su cui ci dobbiamo concentrare, senza chiedere allo stato di sostituirsi alla rete familiare. Il tessuto della società è fatto dalle singole cellule. Ciascun figlio può cambiare le cose.

Come vede la nascita dei resort a 5 stelle per over 65 autonomi e benestanti che hanno lo scopo di restituire loro una vita sociale che spazia dai corsi di cucina, ai tornei di carte fino ai fanghi e alla continua assistenza medica, in una dimensione di vacanza e relax?

E’ una bella immagine, rispetto alla malinconia delle case di riposo, ma non sostituisce la famiglia. Quel deficit permane perché la solitudine è legata al senso di abbandono. E l’abbandono è una condizione molto dura per qualunque essere umano.

Cosa si potrebbe fare a livello politico?

Bisogna partire dalla scuola e dai modelli che la società indica come vincenti, di successo. Un buon figlio dovrebbe diventare un modello di successo, dovremmo dirlo, gridarlo, diffonderlo, organizzando concorsi per il figlio o il nipote migliore dell’anno. Come ogni anno diamo le medaglie a chi si è distinto per il lavoro, dovremmo assegnarle anche ai figli ideali. Sarebbe importante che questo venisse riconosciuto a livello sociale. Oggi invece gli unici modelli di successo sono i cantanti, i ballerini, i calciatori, i tennisti. Nessuno viene premiato per avere svolto un ruolo di coesione sociale, affettiva ed emotiva. Riflettiamo.