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Arriva il Daspo delle cure contro le violenze a medici e infermieri

Il disegno di legge prevede che chi aggredisce il personale sanitario venga privato della gratuità delle cure programmate per tre anni

Polizia

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Negli ultimi anni, l’Italia sta subendo un preoccupante aumento delle aggressioni contro medici e infermieri nei pronto soccorso e negli ospedali, un fenomeno che ha raggiunto proporzioni allarmanti nel 2023 con ben 16mila episodi segnalati, di cui un terzo fisici e il 70% a danno di donne. Sono dati forniti dall’Anaao Assomed, il sindacato dei medici ospedalieri, e che mettono in evidenza la gravità della situazione e la necessità di un intervento deciso e strutturale.

Le aggressioni nei pronto soccorso

L’episodio più recente, avvenuto all’ospedale Riuniti di Foggia, ha sottolineato l’urgenza di affrontare il problema con misure concrete. Un gruppo di familiari, infuriato per il decesso di una giovane donna durante un intervento chirurgico, ha assaltato il reparto di chirurgia toracica, causando gravi danni. Medici e infermieri si sono visti costretti a barricarsi in una stanza per proteggersi dall’irruzione, con alcuni di loro che hanno riportato ferite e contusioni, compresa una dottoressa con una frattura alla mano.

Di fronte a questa escalation, Fratelli d’Italia ha proposto una misura legislativa di forte impatto: il “daspo delle cure”. Questo disegno di legge, presentato dal senatore Ignazio Zullo, prevede che chi aggredisce il personale sanitario venga privato della gratuità delle cure programmate per tre anni, mantenendo l’accesso solo alle cure d’emergenza e salvavita. Le risorse risparmiate dal Sistema Sanitario Nazionale verrebbero destinate a migliorare le misure di sicurezza nelle strutture sanitarie. Un’idea drastica, che però riflette la disperazione di un settore sempre più sotto pressione.

Inasprire le pene per chi aggredisce medici e infermieri

La proposta ha suscitato dibattito, con alcune voci favorevoli alla necessità di inasprire le pene per chi attenta all’integrità fisica e psicologica di chi lavora in ambito sanitario. Tuttavia, rimane il dilemma di fondo: è possibile garantire sicurezza con misure repressive, senza affrontare il problema culturale di fondo che vede i medici e gli infermieri trasformati in bersagli della frustrazione dei cittadini?

A tal proposito, il Ministro della Salute Orazio Schillaci ha ribadito l’importanza del tema, ricordando che l’anno scorso sono già state inasprite le pene per chi aggredisce gli operatori sanitari. “Il problema è anche culturale”, ha affermato il Ministro, sottolineando l’importanza di far comprendere ai cittadini che il personale medico è lì per accudirli, non per essere trattato come capro espiatorio di un sistema che spesso non funziona come dovrebbe.

Non mancano le richieste di soluzioni più immediate e radicali. Il sindacato degli infermieri Nursing Up ha avanzato l’idea di introdurre presidi fissi di forze dell’ordine nei pronto soccorso, almeno durante gli orari notturni, e in assenza di un numero sufficiente di agenti, ha persino evocato l’intervento dell’esercito, soprattutto nelle strutture più a rischio. “Non possiamo più aspettare”, è il grido d’allarme del personale infermieristico, stremato da una situazione che sembra fuori controllo.

Cittadini sfiduciati verso la sanità pubblica

Questa crisi di sicurezza nei pronto soccorso riflette un malessere più ampio del sistema sanitario. Le aggressioni non sono solo atti di violenza isolati, ma l’espressione di una crescente sfiducia e insoddisfazione dei cittadini verso la sanità pubblica, aggravata da anni di tagli, carenza di personale e lunghi tempi di attesa. In questo contesto, il personale sanitario si trova a operare in condizioni di costante emergenza, con l’aggiunta della minaccia fisica.

L’introduzione di misure come il daspo e il coinvolgimento delle forze dell’ordine o dell’esercito possono rappresentare un tampone temporaneo, ma la vera soluzione richiede un impegno strutturale, che includa non solo il miglioramento delle condizioni di lavoro per medici e infermieri, ma anche una riflessione profonda sulla percezione della sanità da parte della popolazione.

Il rischio è che, senza un cambiamento di rotta, questi episodi di violenza diventino sempre più frequenti, minando alla base la fiducia nel sistema sanitario e costringendo il personale medico a lavorare in un clima di paura e precarietà.