Arte ancora nel mirino green: ma i veri responsabili sono più in alto
È ora che media e politica parlino chiaro: non si tratta di attivisti, ma di vandali a cui hanno fatto l’eco-lavaggio del cervello: e il climate change di origine antropica è la bufala del millennio
Ancora una volta si è registrato un ignobile attacco green all’arte. Questa volta in Svezia, dove un gruppo catastrofista ha preso di mira un quadro di Claude Monet, fortunatamente coperto da un vetro protettivo. I veri responsabili di questi atti incivili, però, stanno molto più in alto: ed è ora che si decidano ad abbandonare la propaganda in favore della realtà.
Ancora un attacco green all’arte
L’ultima opera d’arte presa di mira dal fanatismo verde, come riporta Panorama, è “Il giardino dell’artista a Giverny”, capolavoro di Monet in mostra al Museo Nazionale di Stoccolma. Contro cui due teppiste dell’organizzazione Återställ Våtmarker (letteralmente, “Ripristina le zone umide”) hanno lanciato vernice rossa, per poi appoggiare le mani sulla lastra trasparente per lasciarvi l’impronta.
«Voi vi preoccupate di una zuppa di pomodoro o di un po’ di purè su un dipinto. Sapete di cosa abbiamo paura noi? Del fatto che la scienza ci dice nel 2050 non saremo più in grado di sfamare le nostre famiglie».
Questa, come riferisce Il Giornale, è stata la delirante rivendicazione che esprime tutta l’ignoranza tipica di questi collettivi. Perché “la scienza”, come la chiamano, non è affatto concorde sulla cosiddetta emergenza climatica, come dimostra tra l’altro la dichiarazione anti-allarmista della Clintel (Climate Intelligence). E il motivo è semplice: i dati spesso non concordano coi teoremi della “scienza” mainstream.
Dell’esempio più recente in tal senso ha dato conto Meteo Web, svelando l’ennesimo epic fail dell’IPCC, il Pannello Intergovernativo dell’Onu sul Cambiamento Climatico. Che aveva preconizzato la riduzione, in Australia, della stagione delle gelate, che però (ops) si sta allungando, anche di 40 giorni l’anno. Un’evidenza che gli “esperti” aussie hanno definito «una di quelle sorprese climatiche», come se non avessero sbagliato completamente la previsione su una tendenza meteorologica di base.
E non si tratta certo di un caso isolato, come abbiamo ripetutamente argomentato. Basti pensare che i cosiddetti General Circulation Models, che dovrebbero descrivere matematicamente i fenomeni climatici, non riescono a riprodurre nemmeno quelli già occorsi in passato.
I veri responsabili dell’eco-vandalismo
Alla luce di quanto esposto, però, il peccato originale non va ricercato nei giovani affermazionisti, bensì nei “cattivi maestri” che hanno fatto loro l’eco-lavaggio del cervello. E che ora non possono limitarsi a un’indignazione ipocrita di fronte ai “mostri” che essi stessi hanno contribuito a creare.
È ora che media e politica rinuncino all’ideologia, per esempio dicendo chiaro e tondo che chi danneggia l’arte non è un attivista, ma un vandalo. Ma, soprattutto, ammettendo una volta per tutte non solo che il climate change di origine antropica è una fake news, ma è la bufala del millennio. Che, anche se viene ripetuta cento, mille, un milione di volte, con buona pace di Joseph Goebbels, non potrà comunque diventare verità, soprattutto scientifica.