AstraZeneca o non AstraZeneca, per battere la sfiducia serve la verità
L’Ema ribadisce la sicurezza del vaccino, ma ormai la sfida è vincere la diffidenza: per cui bisogna abbandonare la propaganda, cominciando col dire che il “rischio zero” non esiste
AstraZeneca o non AstraZeneca, questo è il problema: non attenuato neppure dal nuovo, scontatissimo via libera da parte della European Medicines Agency all’antidoto dell’azienda anglo-svedese. Il vero nemico della campagna vaccinale, infatti, è la sfiducia che, ove presente, è piuttosto generalizzata. E che non si può pensare di superare solo attraverso le pedanti e astratte rassicurazioni tipiche del pandemicamente corretto.
AstraZeneca o non AstraZeneca, questo è il problema
Assolto perché il fatto non sussiste. Questo, in soldoni, il verdetto dell’Ema sul vaccino AstraZeneca, finito sotto accusa dopo il rilevamento di eventi avversi (anche gravissimi) successivi all’inoculazione del siero.
Il preparato era stato sospeso precauzionalmente da vari Stati comunitari, inclusa l’Italia, in attesa di capire se vi fosse un nesso causale con i casi esaminati. Che per l’ente regolatorio tedesco, il Paul Ehrlich Institut, «non poteva essere escluso a priori», benché fosse più probabile una relazione esclusivamente temporale.
Ora, per l’appunto, la sentenza di proscioglimento. Che era tutto fuorché inattesa, dal momento che la stessa agenzia sanitaria del Vecchio Continente aveva anticipato che «i rischi sono inferiori ai benefici». Verrà comunque aggiornato il bugiardino dell’antidoto, che dovrà includere i fattori di rischio che potrebbero aver avuto un ruolo nell’insorgenza dei problemi di coagulazione riscontrati. A cominciare dalla pillola anticoncezionale che, come ricordava Giorgio Palù, virologo e presidente dell’Aifa, «è un farmaco pro-trombotico».
In ogni caso, il pronunciamento dell’Agenzia Europea dei Medicinali può dare nuovo slancio alla campagna di vaccinazione. Che del resto sarebbe dovuta proseguire «con la stessa intensità, con gli stessi obiettivi», come aveva già annunciato il Premier Mario Draghi.
L’ex Governatore della Bce aveva anche avuto un colloquio con il Presidente francese Emmanuel Macron proprio con l’obiettivo di accelerare la somministrazione delle dosi. Che però potrebbe risentire di questa breve interruzione – e in un senso molto più profondo di quello meramente cronologico.
Un serio problema di fiducia
«I vaccini non si scelgono, chi ne rifiuta uno si mette in coda alla fila». Così parlò il Ministro nomen omen della Salute Roberto Speranza, che al di là delle polemiche ha semplicemente ricordato l’esistenza di un meccanismo già in vigore. Oltre a dimostrare di aver almeno intuito la vera questione in ballo – la diffidenza verso i sieri tout court, che rischia di far fallire qualunque piano vaccini.
Perché si può autorizzare l’overbooking (cioè la sovra prenotazione) mettendo in conto che alcuni non si presenteranno all’appuntamento. Si possono redistribuire le dosi residue «in favore di soggetti comunque disponibili al momento», come da ordinanza di Francesco Paolo Figliuolo, Commissario straordinario per l’emergenza coronavirus. Ma, se c’è sfiducia, si mancherà comunque l’obiettivo di immunizzare almeno «l’80% della popolazione entro il mese di settembre», AstraZeneca o non AstraZeneca.
La chiave per vincere questa sfida però esiste, e l’ha indicata la Germania. Dove proprio il Paul Ehrlich Institut ha spiegato le ragioni dello stop all’antidoto in un documento improntato alla massima trasparenza. In cui, tra l’altro, l’istituto non ha evitato di nascondere ciò che ancora non si sa sul siero.
Solo la verità, infatti, può battere la paura – e pazienza se non è politically correct e magari fa anche male. Si dovrebbe cominciare, per esempio, chiarendo una volta per tutte che il “rischio zero”, come abbiamo argomentato, è pura utopia. Evenienza che, en passant, fornirebbe anche gli anticorpi contro un altro virus del nostro tempo: quello della propaganda.