Attentato a Cannes, anche stavolta si trattava di uno squilibrato?
Un 37enne algerino accoltella un poliziotto “in nome del profeta” Maometto. Stranamente, però, in questi i casi i media solitamente tendono a occultare la matrice islamica…
Ancora una volta la Francia – ma il discorso si può estendere all’intero Occidente – è stata insanguinata da un attentato, a Cannes stavolta. Un attentato di cui sono stati subito resi noti contorni e particolari. Il che rappresenta paradossalmente una rarità, perché di solito i media mainstream fanno del loro meglio per occultarli.
L’attentato a Cannes
«Un poliziotto del commissariato di Cannes è rimasto ferito in un attacco all’arma bianca. L’aggressore è stato neutralizzato dai suoi colleghi». Così ha cinguettato Gérald Darmanin, Ministro dell’Interno transalpino, assicurando il proprio «sostegno alla polizia e alla città».
Tutto corretto, naturalmente, però il Nostro ha “dimenticato” qualche piccolo e insignificante dettaglio. Tipo che l’agente si è salvato, per fortuna, grazie al giubbotto antiproiettile che indossava. Ma, soprattutto, che l’assalitore è un 37enne algerino, con regolare permesso di soggiorno rilasciato in Italia (sic!), che ha affermato di agire «in nome del profeta» Maometto.
Ed è qui che (ri)spunta una vexata quaestio che in realtà è mediatica prima ancora che politica, e la cui eziologia è il “solito” politically correct. In nome del quale il cosiddetto “quarto potere” sembra tendere a nascondere la matrice musulmana di questi atti, derubricandoli al massimo a gesti isolati di folli. Il che, en passant, implicherebbe una “pandemia di squilibrati” nell’Islam, visto che, rimanendo Oltralpe, l’attentato a Cannes è il diciassettesimo nel quinquennio di presidenza Macron.
Alcuni attentati sono “più uguali” di altri?
Di recente, per esempio, era accaduto a Würzburg, in Germania, dove a giugno un 24enne somalo aveva ucciso tre passanti al grido “Allah Akhbar”. E in aprile a Washington, dove un adepto della Nation of Islam aveva a sua volta accoltellato a morte una guardia della Capitol Police.
Anche Lakhdar B. avrà problemi psichici? Staremo a vedere. Di certo c’è che la salute mentale non viene mai evocata in altri casi – pur altrettanto odiosi. Per esempio, in occasione della recente devastazione della sede romana della Cgil operata dalle frange reazionarie dei manifestanti No Green pass. O, più indietro nel tempo, per Luca Traini, l’estremista di destra che nel 2018, con un delirante raid xenofobo, ferì sei migranti a Macerata.
Il che, intendiamoci, è dignum et iustum, a differenza della disparità di trattamento applicata dalla stampa. Che pare quasi lasciar intendere che ci sia terrorismo e terrorismo, che alcuni attentati siano orwellianamente “più uguali di altri”. Ma non può essere vero, giusto?