Avere un bambino oggi necessita di amore e sacrificio. Ma quanto costa un figlio?
C’è un grande lavoro dietro ogni nascita e la politica dovrebbe occuparsi dei disagi e delle frustrazioni che vivono i neo genitori
Avere un bambino nel 2023 è ben diverso dal vissuto genitoriale di trenta e quarant’anni fa. Eppure le procedure sono le stesse, i bimbi nascono dall’unione di due persone che consapevolmente o improvvisamente scoprono che avranno un bebè.
Molte coppie sognano di avere un figlio ma sono costrette a dare priorità ad altro. Allargare la famiglia oggi presuppone un atto di vero coraggio. E’ necessario fare un passo indietro e posticipare tutti i progetti in corso. Significa accogliere una nuova creatura e riorganizzare la propria vita. Bisogna mettersi a disposizione dell’altro, curarlo, accudirlo, coccolarlo e creare un ambiente sano e stimolante.
Ma quanto costa avere un figlio?
In termini economici si stima che il costo sia intorno ai 600 euro mensili e già questo è un dato inquietante, ma se aggiungiamo quanto costa in termini di sacrifici, rinunce, doveri, fatica fisica e mentale siamo di fronte a un vero e proprio tsunami!
Eppure l’esperienza della nascita è meravigliosa e ineguagliabile. Oggi le donne sperimentano questo evento esaltando ogni attimo, amplificando ogni piccolo progresso e vivono con molta apprensione il nuovo stato fisico e psichico al punto di decidere di lasciare il lavoro. Le giovani mamme vogliono apparire perfette, in piena forma perché questo è il nuovo messaggio lanciato dai social da influencer che ogni giorno pubblicano foto delle loro “giornate fantastiche” con il bimbo a passeggio, al supermercato, dal parrucchiere, in barca o in aereo.
Purtroppo sono immagini artefatte, costruite per l’occasione e comunque situazioni dove il bebè è seguito da baby sitter che non appaiono mai. Le mamme perfette non esistono, esistono però famiglie felici, famiglie sane dove i genitori si alternano nella cura del figlio, dove l’uno protegge l’altro dallo stress e lascia il tempo al partner per dedicarsi a ciò che crea piacere. Le donne hanno conquistato con fatica e grandi lotte un posto nella società e con sacrificio continuano ad assistere i loro cari alternando tempi lavorativi e tempi di cura.
Difficile essere buoni genitori
E’ molto difficile però essere una buona madre, una buona moglie, una lavoratrice attenta se non si ha l’aiuto di un buon partner. Colui che è sempre presente, condivide i lavori domestici, gli impegni fuori e dentro le mura domestiche e appoggia l’altro in ogni scelta personale. Essere una madre e una moglie sufficientemente buona non implica una completa dedizione verso i figli e il coniuge. Una madre sufficientemente buona è colei che crescerà i suoi figli psicologicamente sereni. E’ una donna che non rinuncia a se stessa, che non rinuncia alla sua vita, ai suoi interessi, al suo lavoro, ma dedica ad ogni aspetto della sua vita il tempo necessario per realizzarsi, anteponendo, al bisogno, la cura dei figli.
Secondo Donald Winnicott, psicoanalista dei primi del ‘900, la madre va liberata dalla concezione dell’essere perfetta e infallibile perché ciò arrecherebbe traumi alla prole. Una madre stanca, preoccupata, a volte arrabbiata è una madre che trasmette sicurezza e amore.
La presenza costante dell’altro evita che si sviluppi un rapporto narcisistico madre-bambino pericoloso per la madre prima e per il bambino in un secondo momento. Un rapporto iperprotettivo genera dipendenza fisica e psichica e tende a escludere gli altri. Il bambino crescendo avrà molti problemi legati alla socialità, al problem solving, all’essere parte di un gruppo; la madre dipenderà dal figlio per tutta la vita e difficilmente riusciranno a vivere separati.
I bambini non chiedono di nascere e siamo noi che dobbiamo decidere se siamo o meno in grado di essere delle buone madri. Oriana Fallaci in “Lettera a un bambino mai nato” scriveva: “Mi sono sempre posta l’atroce domanda: e se nascere non ti piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando “chi ti ha chiesto di mettermi al mondo, perché mi ci hai messo, perché?” (….) “Come faccio a sapere che non sarebbe giusto buttarti via, come faccio a intuire che non vuoi essere restituito al silenzio?”
Sentirsi inadeguata, triste, iperprotettiva o al contrario disinteressata al neonato, avere sensi di colpa, ansia e attacchi di panico può essere uno stato passeggero di depressione post partum, ma se i sintomi continuano oltre le prime settimane è necessario fare uno screening e monitorare la mamma e far emergere il disagio, sollevando la madre dalle cure assidue e quotidiane verso il piccolo. I segnali d’allarme non possono passare inosservati.
La mamma che uccide il foglio tanto desiderato
La notizia recente della madre di Voghera ci addolora e rende tutti colpevoli per non aver dato importanza ai sintomi sentinella che la donna certamente manifestava. Tutti sapevano che non andava lasciata sola in questo particolare periodo e quindi era chiaro che il bimbo di un anno era in pericolo. Il marito è uscito di casa dando fiducia a sua moglie ma non si è accorto che lei non era lucida, incapace di badare a se stessa e tantomeno al piccolo.
Storie tristi che ci lasciano senza parole ma quel bimbo tanto desiderato e arrivato tardi, troppo tardi per quella mamma che forse per un attimo, un maledetto attimo, ha visto nel suo bimbo il male di vivere. C’è un grande lavoro dietro ogni nascita e la politica dovrebbe occuparsi dei disagi e delle frustrazioni che vivono i neo genitori accompagnandoli nel percorso di crescita attraverso azioni positive che allevino il carico assistenziale e permettano alla famiglia di vivere serenamente attraverso aiuti economici per il sostegno alla genitorialità e asili nido gratuiti.
Il Family Act del 2022 a sostegno e valorizzazione della famiglia non ha ancora adottato alcuni decreti come ad esempio la copertura totale degli asili o altri aiuti per l’acquisto di libri e per le attività sportive e educative. Naturalmente solo attraverso politiche per la genitorialità efficaci e lavori meno precari che si potrà avere una ripresa delle nascite in Italia, un paese invecchiato a dismisura dove si stima che nel 2045 gli anziani ultra sessantacinquenni saranno il 34% della popolazione. Un evento unico nella storia dell’umanità.