Banchi di scuola, con o senza ruote: il vero problema della Scuola italiana
La diatriba sul modello dei banchi di scuola è degna di miglior causa. E se per motivi di risparmio decidessimo di segare il banco e farne due?
La polemica fa buon sangue. Dunque è vivamente raccomandato di applicarla a tutto quanto capita a tiro. E poi è rassicurante, ci mostra agli occhi degli altri incontentabili, quindi automaticamente custodi del meglio. E soprattutto si è al riparo, protetti nel ventre caldo dell’opinione gridata corrente.
Non deve stupire quindi che siano in tanti a praticarla: sui giornali, sui social, al distributore del caffè, al Bar Sport. Da esperti tuttologi, ça va sans dire. A noi pochi sprovveduti rimasti non resta, di necessità, che l’arte del dubbio.
Prendete adesso, la faccenda dei banchi di scuola. Breve riassunto per chi se la fosse persa.
Una gara europea per la fornitura di banchi di scuola
La ministra dell’Istruzione Azzolina ha affidato al Commissario Straordinario Arcuri di indire una gara pubblica europea (scadenza bando 30 luglio) per la fornitura fino a ben 3 milioni di banchi monoposto: 1,5 tradizionali, altrettanti innovativi. Per innovativi si intende dotati di un piano presumibilmente retrattile o basculante, di un ripiano sottostante per appoggiare i materiali didattici (quello che una volta era la cartella o la cinghia), e, pietra dello scandalo, rotelle.
Ora immaginiamo per un attimo che le cose si siano svolte in un altro modo. Mettiamo che la scuola italiana, di fronte al problema del distanziamento sociale in classe, avesse proposto l’applicazione di un divisorio di plexiglas al centro del banco biposto (fu già ipotizzato, seguito a ruota da alti ululati o da sghignazzi).
Altre soluzioni per innovare la scuola
Oppure, per motivi di risparmio, di segare il banco e farne due. O anche – perché se no possiamo dare l’impressione di voler vincere facile – che avesse optato per l’acquisto di banchi fissi monoposto in legno. E mettiamo che, contemporaneamente, ci giunga voce che – poniamo – in Svezia, in Belgio o altro paese “avanzato” l’omologo ministero avesse fatto un piano di forniture di banchi innovativi come quelli descritti. Secondo voi ci vuole molta fantasia per immaginare il coro di commenti esterofili che si leverebbe dalle nostre parti contro la scelta italiana? I raffronti impietosi, l’esaltazione del banco innovativo come agile strumento modulare per riconfigurare on demand l’assetto dell’aula a seconda delle esigenze, anche di una singola materia di insegnamento, soprattutto a emergenza finita?
Banchi di scuola: ecco il Codacons
Bene, queste sono state esattamente le motivazioni della richiesta da parte della ministra Azzolina; e puntualmente i nostri – alcuni presidi compresi – hanno allora elevato un peana in favore del banco tradizionale, fisso. Non si è sottratto il solerte Massimo Gramellini, che ha investito il suo spazio quotidiano sulla prima pagina del Corriere della Sera per sganasciarsi sulle comiche scelte della ministra. Per non parlare del Codacons che annuncia un esposto, o del senatore di Azione che ha presentato un’interrogazione parlamentare.
Chi vi scrive non è certo un supporter di M5S, nè è stregato dal fascino della ministra; e ancora sente la suggestione e l’odore dei vecchi banchi di scuola della sua giovinezza. Ma crede di interpretare il sentimento dei residui concittadini detentori di buon senso avanzando timidamente l’ipotesi che la soluzione non sia da buttar via. Magari approfondendo l’ergonomicità del modello: cioè comodità, funzionalità, occupazione di spazio; magari vigilando sulle condizioni della fornitura.
Il miglior rapporto qualità/prezzo
Per esempio, la storia – cavallo di battaglia degli indignati – che il banco innovativo venga a costare 300 euro, contro i 50 di quello tradizionale. Se così fosse avrebbero ragione quelli che destinerebbero la spesa a fini più urgenti, tipo edilizia scolastica. Ma che noi sappiamo la fornitura è a gara, e un elemento di valutazione preferenziale annunciato è il miglior rapporto qualità/prezzo; e le offerte verranno valutate secondo una procedura concorrenziale e trasparente. Quindi quei due prezzi che circolano – curiosamene rimbalzati in fotocopia da tutta la stampa – sembrano prematuri, tirati fuori dal cilindro per buttarla, come si dice, in caciara.
Comunque, ci conforta vedere ridimensionato il problema della scuola italiana: ora sappiamo che quello vero è alla fin fine presto risolvibile: sono i banchi.
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