Benedetto XVI, quelle “eccezioni” che avvalorano la sede impedita…
Ancora allusioni a uno stato di straordinarietà anche giuridica: i nuovi messaggi in “Codice Ratzinger” rilevati in un libro di Peter Seewald e in un discorso di Mons. Gänswein
E se anche Papa Benedetto XVI avvalorasse la Magna Quaestio sulle sue non-dimissioni, da leggere piuttosto come auto-esilio in sede impedita? In effetti, alcuni dei messaggi inviati negli ultimi nove anni (anche dal suo più stretto collaboratore, Monsignor Georg Gänswein) sembrano andare proprio in questa direzione. E, anche a distanza di tempo, si fanno ancora delle scoperte decisamente interessanti.
Benedetto XVI e il Codice Ratzinger
Com’è ormai noto, il collega Andrea Cionci ha individuato un sottile modus communicandi adottato da Benedetto XVI negli ultimi nove anni. Si tratta del cosiddetto “Codice Ratzinger”, fatto di giochi di parole, enigmi e autentici rompicapi, alcuni dei quali non sono privi di una certa ironia.
La ragione di tali escamotage sta proprio nella situazione di (Santa) Sede impedita, uno status canonico in cui il Pontefice non può neppure comunicare liberamente. E in cui Joseph Ratzinger si trova dal 2013, come attestato nella celeberrima Declaratio. Che altrimenti, come abbiamo più volte argomentato citando autorevoli giuristi e canonisti quali l’avvocatessa Estefanía Acosta e il professor Antonio Sánchez Sáez, sarebbe giuridicamente nulla.
Naturalmente si tratta di una condizione del tutto straordinaria – nel senso etimologico di “fuori dall’ordinario”. Tant’è che, per descriverla, Mons. Gänswein, Prefetto della Casa pontificia già sotto Papa Ratzinger, nel 2016 ha usato l’espressione «Pontificato d’eccezione», in tedesco Ausnahmepontifikat.
L’Arcivescovo di Urbisaglia parlava durante la presentazione di un libro sul mite teologo bavarese scritto dallo storico don Roberto Regoli. Alla luce del “Codice Ratzinger”, il suo discorso appare farcito di indizi, uno dei quali è proprio il succitato termine teutonico.
Le “eccezioni” che confermano la sede impedita
Come infatti notava il canonista Guido Ferro Canale, la parola Ausnahmepontifikat rimanda al filosofo (anche lui tedesco) Carl Schmitt, teorico dello “stato di eccezione”. Una categoria associata alla facoltà – esclusiva del sovrano – di sospendere l’intero ordinamento giuridico vigente. Proprio ciò che fece Papa Benedetto quando si trovò accerchiato dalla Mafia di San Gallo e con la posta privata data alle stampe (lo scandalo Vatileaks).
Curiosamente, poi, Sua Santità ha fatto riferimento in prima persona a delle circostanze atipiche (ma a livello storico), nel libro-intervista di Peter Seewald “Ultime conversazioni”. Affermando, in risposta a una domanda sulle “dimissioni”, che «nessun papa si è dimesso per mille anni e anche nel primo millennio ciò ha costituito un’eccezione».
Eppure, si contano sei Pontefici abdicatari nel primo millennio, e altri quattro nel secondo, il che farebbe sembrare assurda la dichiarazione del Successore di San Pietro. A meno che per “dimissioni” non si intenda la semplice rinuncia al ministerium, l’esercizio pratico del potere – come ha fatto proprio Benedetto XVI. A questo punto si comprende facilmente che l’allusione riguarda Benedetto VIII, spodestato nel 1012dall’antipapa Gregorio VI. Perdendo così per alcuni mesi il ministerium, ma mai il munus (il titolo divino di Pontefice), tant’è che poi venne reintegrato nelle funzioni papali senza alcuna rielezione.
Significativamente, peraltro, nell’altro libro-intervista Ein Leben il Vicario di Cristo menzionava anche Celestino V, che notoriamente abbandonò il Soglio di Pietro nel 1294. Specificando che la sua situazione «non poteva in alcun modo essere invocata come (mio) precedente».
Eccezioni, dunque, che confermano la… Regola. Benedettina, of course!