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Biden ha mentito: ecco le prove del denaro ricevuto dalla Cina

L’inchiesta per l’impeachment rivela due bonifici da 260mila dollari intestati al figlio Hunter con l’indirizzo di Sleepy Joe: che ha sempre negato affari di famiglia con vista su Pechino…

Joe Biden, Usa, Impeachment

Joe Biden (© Gage Skidmore / Wikimedia Commons)

L’indagine del Congresso Usa per la messa in stato d’accusa di Joe Biden ha già disseppellito i primi scheletri nell’armadio. E sono scheletri di tutto rispetto, non foss’altro per l’anomalo gonfiore sul lato del portafogli. Ma soprattutto per il persistente (e sconcertante) legame con una certa potenza straniera, evidentemente molto più “vicina” di quanto si potesse proverbialmente supporre.

Joe Biden, Usa
Joe Biden (© Gage Skidmore via Wikimedia Commons)

I Biden hanno ricevuto 260 mila dollari dalla Cina

«Ho ottenuto due bonifici bancari che rivelano che Hunter Biden ha ricevuto pagamenti da Pechino nel 2019, quando Joe Biden correva per la Presidenza. La casa di Joe Biden nel Delaware è indicata come indirizzo del beneficiario per entrambi i trasferimenti di denaro dalla Cina».

Hunter Biden perplesso
Hunter Biden (© Center for Strategic & International Studies via Wikimedia Commons)

Questo, come riporta il New York Post, l’annuncio di James Comer, leader repubblicano dell’House Committee on Oversight and Reform (il principale comitato investigativo della Camera d’Oltreoceano). Il quale ha aggiunto che «gli estratti conto non mentono», invece «Joe Biden sì».

La stessa commissione parlamentare, oltre a precisare che l’importo complessivo degli emolumenti ammonta a 260mila dollari, ha meglio circostanziato il j’accuse del proprio numero uno. Ricordando che nell’ottobre 2020 Sleepy Joe aveva assicurato pubblicamente che «mio figlio non ha guadagnato denaro […] in Cina».

James Comer, Presidente del Committee on Oversight and Reform della Camera Usa
James Comer (immagine dal suo account Twitter)

Dubbio legittimo perché allora l’erede figurava nel board di BHR Partners, un’azienda sino-americana a cui “accidentalmente” l’amministrazione Biden ha venduto parte delle riserve strategiche di petrolio yankee. Per quanto, nell’ottobre 2019, l’ormai ex avvocato dello scapestrato secondogenito, George Mesires, avesse definito l’incarico del proprio assistito come «posizione non retribuita».

Solo menzogne o corruzione internazionale?

Il (primo) problema è che il secondo dei due accrediti, datato agosto 2019, proviene da Jonathan Li, che guarda caso era il Ceo di BHR Partners. E che, come testimoniato da Devon Archer, al tempo socio del first son, parlò telefonicamente e incontrò di persona nella capitale del Paese del Dragone papà Joe. Il quale, all’epoca della propria vicepresidenza, scrisse addirittura delle lettere di raccomandazione al college per i figli dell’antipodico business partner.

Jonathan Li
Jonathan Li (© Bhrpe.com)

L’altra questione riguarda il fatto che la “gaffe machineha sempre negato di aver discusso di affari di famiglia coi rampolli e col fratello. Come la Casa Bianca ha nuovamente ribadito ai cronisti di Fox News che chiedevano un commento sui recenti sviluppi del caso. Circostanze smentite dalle evidenze, che hanno spinto lo speaker dei deputati statunitensi Kevin McCarthy a garantire che «la nostra inchiesta per l’impeachment scoprirà tutta la verità».

Perché è ovvio che un versamento non configura necessariamente un illecito, ma mentire al riguardo fa come minimo sorgere qualche sospetto. E, almeno nell’occasione specifica, il confine tra falsità e corruzione internazionale sembra essere inquietantemente labile.