Biennale di Venezia: ci mancano Sordi, la Vitti e il cinema che si girava a Roma con i divi di allora
Rimpiangiamo il cinema che si girava a Roma con i divi del passato. Ormai se ne sono andati tutti, lasciandoci senza più i sentimenti, l’umanità, la semplicità di un tempo
Rimpiangiamo Alberto Sordi e Monica Vitti, il cinema che si girava a Roma con i divi del passato. Ormai se ne sono andati tutti, lasciandoci con una serie di storie spietate e crudeli, sulle piattaforme tv, senza più i sentimenti, l’umanità, la semplicità di un tempo.
Il 30 agosto prende il via l’80° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Si concluderà il 9 settembre. Sono previste le presenze di Sofia Coppola, una delle più promettenti registe americane (figlia di Francis Coppola) e di Woody Allen. Non solo, anche quelle di Emma Stone, Jessica Chastain, Adam Driver, Bradley Cooper, Micky Rourke, Pierfrancesco Favino, Toni Servillo e Valerio Mastrandrea. Liliana Cavani, 90enne, ritirerà il Leone d’Oro alla carriera. Ma sembra che non gliene freghi niente a nessuno.
Una volta c’era il Festival del Cinema
Una volta se ne parlava un mese prima, dei film, dei possibili ospiti, delle polemiche. Il Cinema era un tema di dibattito sociale e politico, dive e divi occupavano le prime pagine delle riviste e dei quotidiani. Adesso la notizia del Festival è passata quasi in sordina. Colpa delle piattaforme che ci hanno portato il cinema in casa? Colpa delle serie tv che stanno soppiantando il piacere delle storie in un’unica soluzione?
Responsabilità della stampa che insegue argomenti che fanno vendere di più, come le frasi sconnesse di qualche ministro o generale, o delle continue separazioni di Belen e De Martino, o delle esternazioni a parolacce di Sgarbi? Di fatto sembra che né al pubblico né ai direttori dei giornali gliene freghi più niente del cinema se non quando accade qualche scandalo.
Il cinema si identificava con Roma e con l’Italia, ora è solo un prodotto per vendere pubblicità
Roma è sempre stata la città del cinema, un cinema che piaceva agli Italiani ma mi sembra che sia piaciuto anche all’estero. Qui è nato il Neorealismo, la Commedia all’italiana, il Western spaghetti e purtroppo qui sono nati i Cinepanettoni e con loro la decadenza della storia del Cinema Italiano. Molti registi e sceneggiatori e produttori non saranno d’accordo con me perché i Cinepanettoni hanno fatto incassare loro molti milioni di lire ed euro e dato lavoro a tante maestranze del settore.
Ma io non sono né un critico né uno che ha vissuto di cinema, da spettatore posso permettermi di dire che quei film erano davvero brutti, anche se girati e scritti da professionisti capaci, il risultato era un’adesione in basso al livello della televisione commerciale, dagli anni ’80 in poi. Niente contenuti, tanti pregiudizi, battute da caserma, omofobia, plot scontati e ripetitivi: corna, corna e ancora corna.
Ancora adesso i set di Roma antica sono locations interessanti
In passato Roma e il Cinema avevano vissuto un’epoca migliore. Che le aveva condotte a raggiungere diversi Oscar e riconoscimenti internazionali. Roma era e, in parte lo è ancora, un set ideale per il cinema. Conserva una identità precisa, una capacità comunicativa eccezionale. Tant’è che molte pellicole del genere business is business, da Fast and Furious 10 a 007 Spectre con l’Aston Martin che sfreccia a 200 km/h davanti a San Pietro guidata da Daniel Craig e Mission Impossible, con un Tom Cruise invecchiato, che sfonda il parapetto di Trinità dei Monti in una Roma deserta per via del Covid, le vengono a girare qui.
Il contrasto tra quelle storie impossibili e tecnologiche, e il paesaggio della Roma Imperiale o barocca o cinquecentesca, con i suoi monumenti, le piazze ricche di opere d’arte e l’atmosfera antica, rende più eclatanti vicende che non hanno un fondamento logico e nessun afflato culturale, ma sono solo ritmo, omicidi e follia. In pratica sono dei videogiochi portati nel cinema.
La Roma del Neorealismo parlava ai nostri sentimenti
La Roma del Neorealismo, quella che raccontava le vicende della guerra e del dopoguerra, uscite dal genio di Roberto Rossellini, Mario Monicelli e Vittorio De Sica, con i volti drammatici di Anna Magnani e del primo Aldo Fabrizi, parlava ai nostri cuori più che alle nostre retine. La Gina Lollobrigida e la Sophia Loren dei vari “Pane, amore e…”erano a un tempo comiche e tragiche come la vita. Uscivi dalla sala in lacrime o divertito, non allucinato. Poi è venuto Federico Fellini con la sua creatività, che forse non faceva incassare miliardi ma insegnava il cinema a intere generazioni, attraverso i volti di Sordi, Mastroianni, la Ekberg, la Milo.
“La dolce vita”, forse al di là dello stesso film, è diventato un’icona dello stile di vita di allora, che tuttavia andava vissuto nel Bel Paese, ed è diventato un veicolo per la moda, la gastronomia, le automobili, l’arredamento. Negli anni ’60 è arrivata la Commedia, con alti e bassi, che ha visto in Alberto Sordi, Virna Lisi, Nino Manfredi, Sylva Koscina, Vittorio Gassman, Renzo Montagnani, Ornella Muti, Edwige Fenech, Stefania Sandrelli, Barbara Bouchet, Laura Antonelli alcuni degli interpreti più importanti.
Il western è rinato a Roma più vero di quello retorico di John Ford
Sergio Leone, ha dato il via al filone “western spaghetti”, grazie al formidabile incontro con Ennio Morricone per le colonne sonore e con attori come Mario Brega, Gian Maria Volonté, Clint Eastwood, che hanno aperto la strada ai vari Franco Nero, Giuliano Gemma, Thomas Milian, fino a Bud Spencer e Terence Hill (Carlo Pederzoli e Mario Girotti). In questo filone sono stati girati dei capolavori ed alcune scene resteranno nella storia del cinema come capacità di fondere assieme ripresa, recitazione e musica.
Da allora il western cambiò pelle e il genere inventato dagli Italiani lo ha mutato del tutto. Fino al film cult “C’era una volta il west” che pose la parola fine. Dopo, credo, i film western hanno cambiato completamente storie e struttura, sono diventati cinema ambientato storicamente in paesaggi o in epoche passate, ma non più delle stupide guerre tra finti buoni (caw boy) e finti cattivi (indiani).
I Cinepanettoni: uno dei punti più bassi della storia del nostro cinema
I cinepanettoni appartengono all’epoca della tv commerciale. Si rifanno al piccolo schermo cui sono destinati dopo aver raccolto il possibile dalle sale. Per me sono una sequela di barzellette sceneggiate, il peggio del pensiero macho e razzista, dell’italiano medio di quegli anni. I fratelli Vanzina si sono prestati a esserne gli inventori e i più capaci realizzatori, coadiuvati dalla coppia Christian De Sica e Massimo Boldi, cui di tanto in tanto si aggiungevano attrici dalle “grandi forme” e comici da “Drive In”.
I kolossal hollywoodiani del passato e le mega produzioni
Roma è stata anche il teatro ideale di grandi produzioni storiche del passato, capolavori come Ben Hur, diretto nel 1959 da William Wyler con Charlton Heston, che vinse ben 11 Oscar. Ma sono tanti i capolavori ambientati in epoca romana, kolossal come Cleopatra, con Richard Burton e Liz Taylor, o Spartacus di Stanley Kubrick con Kirk Douglas, Laurence Olivier, Tony Curtis, Charles Laughton, Peter Ustinov. La Tunica con Richard Burton e Victor Mature.
Una Roma romantica e indimenticabile quella di Vacanze Romane con la dolcissima Audrey Hepburn e Gregory Peck. Fino a tantissime altre pellicole ambientate nella Roma moderna o in quella dei Papi, nella Roma imperiale o in quella dei segreti vaticani, come Angeli e Demoni, di Ron Howard con Tom Hanks. Mentre Il Gladiatore non ha quasi nulla a che vedere né con la vera storia di Roma né con i luoghi che mostra, ma certamente costituisce un forte richiamo promozionale per la città e i suoi monumenti.
Nuova linfa da alcuni autori ispirati dalle contraddizioni della società contemporanea
Più recentemente sono stati registi come Nanni Moretti (La stanza del figlio, Il caimano, Habemus Papam, Mia Madre, Tre Piani, Il sol dell’avvenire), o Ferzan Özpetek (Fate ignoranti – la serie), Carlo Verdone (quasi tutta la sua produzione è dedicata a Roma), Paolo Virzì (Caterina va in città, Le ferie d’agosto) e Paolo Sorrentino (La Grande Bellezza) a donare nuovo lustro alla Roma cinematografica, con pellicole che hanno segnato una nuova fama per la città e le storie che può ancora raccontare.
La Grande Bellezza ha dato ulteriore notorietà internazionale al cinema italiano, con il riconoscimento dell’Oscar, che resta un premio e un evento ancora importante e seguito nel panorama della comunicazione cinematografica. Ben al di là dei premi David di Donatello o dell’Orso di Berlino e delle rassegne europee, dove la sola Cannes riesce ancora a far parlare di sé.
La distanza tra passato (amato) e presente (sconosciuto) nel cinema e nella musica
Tornando al Festival di Venezia e all’indifferenza in cui è precipitato da parte dei mass media e del pubblico, non si può che notare l’abisso che separa il modo in cui si vive il cinema adesso, parlo per il grande pubblico evidentemente, non per cinephiles, critici e addetti ai lavori, e come lo si viveva in passato. Uno dopo l’altro stanno scomparendo gli ultimi grandi attori.
Recentemente Monica Vitti, che però da tempo s’era ritirata dalle scene, il grande Gigi Proietti, Ennio Fantastichini, Carlo Delle Piane, Gianfranco D’Angelo, Gina Lollobrigida, mentre sono ormai anni che sono venuti a mancare Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Nino Manfredi, Aldo Fabrizi, Bombolo, Marcello Mastroianni, Arnoldo Foà, Renato Salvatori, Virna Lisi, Paolo Stoppa, Totò, Peppino De Filippo, Bombolo, Thomas Milian, Sylva Koscina, per citare solo quelli che mi vengono in mente. I loro film sono tuttavia spesso riproposti sulle emittenti tv, li trovi su Youtube e sulle piattaforme a pagamento.
Per cui si rinnova continuamente il piacere di vedere questi attori nei panni dei vari personaggi che abbiamo amato e il dispiacere nel sapere che non ce ne saranno altri, che quella stagione è finita, chiusa per sempre. Se avessimo lo stesso trasporto che c’era per quelle pellicole e quei personaggi per il cinema di oggi, forse il Festival del Cinema di Venezia non passerebbe in maniera quasi anonima.
Succede la stessa cosa per la musica. Lucio Battisti, Lucio Dalla, Fabrizio De André ancora conservano fans e attenzioni, i loro brani sono conosciuti a memoria. Anche i settantenni De Gregori e Venditti, e gli ottantenni Guccini e Al Bano, poi Mina e Ranieri, Morandi e Vasco Rossi riempiono gli stadi e vendono dischi, mentre dei nuovi a mala pena ti ricordi le facce e i nomi astrusi che gli anni appiccicato.
Foto dalla pagina Facebook di Cinecittà