Bilancio e bilance, Conte “si sinistreggia” tra Dpcm, Dl Sicurezza e Nadef
Il Premier smantella le norme salviniane sull’immigrazione e il Pd dà il placet alla Manovra. Poi toccherà a stato di emergenza e Decreto Ottobre, ma senza tirare troppo la corda
Il bi-Premier Giuseppe Conte, ormai è ufficiale, si destreggia tra Bilancio e bilance, inteso proprio come lo strumento che ne misura gli equilibrismi. O meglio, “si sinistreggia”, visto lo spostamento costante e progressivo verso i progressisti, su tutta una serie di istanze. Ognuna particolarmente importante, visto che vanno dall’economia alla sicurezza, fino alle misure anti-Covid destinate ad avere un nuovo, pesante impatto sulla vita dei cittadini.
(Legge di) Bilancio e bilance
Nei giorni scorsi erano trapelate indiscrezioni riguardo a (presunte) perplessità del Quirinale e dell’Ufficio parlamentare di bilancio a proposito della Nota di aggiornamento al Def. La “mamma” della Finanziaria in cui, as usual, il Governo rosso-giallo aveva – pare – già inserito i fondi europei. Malgrado questi abbiano la stessa consistenza ectoplasmatica del M5S alla prova delle urne.
Stavolta, però, l’organismo che vigila sulla finanza pubblica sembrava restio a validare un quadro macroeconomico euro-falsato, trovando sponda nel Colle, ma anche nel Pd. Di cui si sussurrava l’indisponibilità ad avallare cifre irrealistiche tese principalmente all’autocelebrazione del fu Avvocato del popolo. Perlomeno, non prima di aver ottenuto in cambio lo smantellamento dei Dl Sicurezza del nemico – e segretario del Carroccio – Matteo Salvini.
Illazioni oppure no, sta di fatto che a notte fonda l’esecutivo che «non lavora col favore delle tenebre» ha approvato i due provvedimenti in sequenza. Dapprima il nuovo Decreto in materia di “immigrazione, protezione internazionale e complementare”, e subito dopo la Nadef.
Però il renzianissimo Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha affermato che la «pagina buia» è quella a cui il Cdm aveva messo fine. In modo simile al segretario dem Nicola Zingaretti che cinguettava giulivo: «i decreti propaganda/Salvini non ci sono più».
È una fortuna che, oltre a genuflettersi ai taxi del mare, la maggioranza rosso-gialla stesse abbandonando la demagogia. Così non avrà certo difficoltà a far rispettare la nuova tipologia di Daspo urbano appena istituita, che vieta l’accesso ai luoghi d’intrattenimento a violenti e spacciatori. Verosimilmente, senza esporne le foto nei locali con tanto di taglia.
Il (vero) stato di emergenza
Poche ore, e il primo do ut des ha subito portato all’approvazione della Legge di Bilancio 2021, o almeno della sua cornice. Una Manovra prevista in deficit per 22 miliardi, con un obiettivo di indebitamento netto al 7% del Pil, rispetto a un tendenziale del 5,7%. E sarà interessante conoscere il giudizio di Bruxelles, che in altri tempi (e con un altro Governo) sbraitava per uno scostamento dall’1,6% al 2,4%.
Già, l’Europa. Che procrastinando il Recovery Fund ha giocato uno scherzo non da poco a Giuseppi, benché qualche guitto potrebbe forse ravvisarvi una sorta di “giustizia poetica”. Considerato che il Nostro ha una tendenza alla dilazione così radicata da essersi meritato (si fa per dire) il soprannome di Signor Frattanto.
Curiosamente, proprio in contemporanea col rinvio comunitario, il Presidente del Consiglio ha anticipato l’intenzione di protrarre lo stato di emergenza fino al prossimo 31 gennaio. Un tempismo eccezionale, che avrebbe anche potuto far pensare che si trattasse di una mossa atta a distogliere l’attenzione del pubblico dall’ennesimo euro-flop. Una specie di arma di distrazione di massa, insomma, visto che fortunatamente non c’è nessuna emergenza in atto.
Non la pensa però così Sabino Cassese, giudice emerito della Corte Costituzionale. Secondo cui la proroga «è una dichiarazione di impotenza o peggio ancora incapacità» da parte delle autorità (in)competenti.
«Dichiarare uno stato di emergenza non serve a nulla ed è eccessivo. Serve solo perché nello Stato c’è impotenza ad affrontare rapidamente i problemi ordinari», il j’accuse del magistrato. Che ha aggiunto che «se ci sono degli intoppi nel percorso ordinario basterebbe toglierli». Soprattutto considerando che «tutti sapevano che ci sarebbe stata una recrudescenza dei contagi, perché la vita è ricominciata e il virus circola».
Bilancio e bilance, il piatto del popolo
Bilancio e bilance, si è però detto. E, occasionalmente, sull’altro piatto si palesa anche il popolo (teoricamente) sovrano. Quel popolo che, nell’ultimo biennio elettorale, ha gridato in ogni modo possibile cosa pensi della questione immigrazione. E che inizia a non poterne più nemmeno del regime sanitario da troppi mesi in vigore.
Sarà forse anche per questo, per il timore di star tirando troppo la corda, che il Decreto Ottobre conterrà delle disposizioni “soft”. Lo ha confermato in Parlamento il Ministro nomen omen della Salute Roberto Speranza, annunciando che l’unica vera stretta sarà (nuovamente) sull’obbligo di mascherine anche all’aperto.
Regola che, en passant, anche il virologo Andrea Crisanti ritiene non risolutiva e «difficilmente comprensibile» se, per esempio, «attraversi la strada da solo e intorno a te non c’è nessuno».
Per il resto, niente “coprifuoco” né orari ridotti per i locali pubblici, anche se le Regioni potranno emanare misure più restrittive. Che potranno far rispettare anche col supporto dell’esercito. In una curiosa inversione di tendenza che porterà i manutengoli del pandemicamente corretto a non morire democristiani, certo, ma militari sì.
Il mondo social, d’altronde, li aveva già fulminati con la consueta ironia. Normale, quando bisogna fare i salti mortali tra Bilancio e bilance.