Bonus 200 euro: è silenziamento sociale e non economia del benessere
Una misura, il Bonus 200 euro che ha il sapore solo di silenziare il disagio economico sociale dei destinatari, i soldi finiranno
Il governo ha prodotto il provvedimento di erogazione del Bonus 200 euro ai lavoratori dipendenti, pensionati e autonomi quale una tantum, per contrastare la perdita del potere di acquisto dovuta all’inflazione, Una misura che ha il sapore solo di silenziare il disagio economico sociale dei destinatari, circa 28 milioni di persone.
Il bonus 200 euro pesca nella filosofia di Federico Caffè
Questo metodo di silenziare il disagio economico e finanziario, pesca nel passato. Nella filosofia economica di sinistra, anche quella estrema, raccontata dall’economista Federico Caffè,
L’Adeguamento all’inflazione delle pensioni si chiamava indicizzazione, l’adeguamento all’inflazione degli stipendi si chiamava Scala Mobile. Oggi si aggiunge a sorpresa, mai considerata dalla sinistra, la categoria dei lavoratori autonomi, già c’è un governo di unità nazionale.
Nel passato questi provvedimenti di adeguamento sommavano sui salari e quindi a carico del “padrone”, oggi a carico dello Stato e della fiscalità generale. Ma forse è un segnale che per tutti il datore di lavoro è lo Stato.
Non si sta molto lontani da questa filosofia, se si considerano i pensionati e i dipendenti statali. I lavoratori di aziende private sono certamente la minoranza, già dobbiamo considerare i new entry gli autonomi.
Zittire il dissenso l’obiettivo sbagliato della politica
Insomma un Welfare state, che torna al passato, oggi per la politica è necessario non corrompere la dialettica politica e provocare politiche antisociali. La dialettica politica è inesistente, il disagio sociale è notevole e tutte le parti politiche hanno l’interesse immediato di zittire il dissenso con gli interventi di €. 200, che in realtà coprono appena l’inflazione reale su un imponibile di €. 3.333,33 in percentuale del 6%.
Nel 1985 questi metodi furono cancellati dalla politica, con gravi conseguenze nei confronti della filosofia economica nuova. Il Welfare state non si può ripristinare eliminando il disequilibrio sociale attraverso l’intervento pubblico a carico della fiscalità generale ma a carico del “padrone”.
Prima negli anni ’80/’90 la scala mobile era a carico delle imprese, le quali necessariamente dovevano procedere all’aumento dei prezzi che contribuivano a formare ulteriore inflazione e perdita del potere di acquisto dei salari. Oggi se continuerà ad essere tutto a carico dello Stato, ci dovrà essere senz’altro un aumento della pressione fiscale, che comporterà l’impoverimento delle imprese che chiuderanno.
I soldi finiranno e i problemi torneranno
E in tempi brevissimi tornerà il problema perché le somme destinate al silenziamento sociale non saranno più disponibili e i lavoratori non avranno i salari, i pensionati rimarranno senza pensioni, gli autonomi senza azienda e senza alcun welfare sociale. In due parole: il caos.
La politica deve ritornare a dialogare, a guadare una programmazione a medio e a lungo termine nell’interesse di una nazione inserita nella Comunità Europea e nel contesto Mondo. Un’azione a tutto campo e non limitarsi nell’immediato a cercare di gestire maldestramente solo il Silenziamento Sociale. Varrebbe la battuta di cominciare a preparare il Thè.
Il costo del lavoro
Oggi, cambiando filosofia, si dovrebbe tentare di ridurre fortemente il costo del lavoro, e se in qualche modo si dovesse ritornare nel breve alla scala mobile, la stessa dovrà essere completamente esente da contributi a carico delle ditte e dei lavoratori. E il non assoggettamento all’ Irpef, con il riconoscimento di un modesto credito percentuale a favore delle imprese.
L’ideale oggi potrebbe essere: la sterilizzazione delle retribuzioni previste dai contratti di lavoro ad oggi e che tutti gli aumenti dovuti a rinnovi di contratti e i possibili aiuti in forma occulta di scala mobile siano tutti esenti da contributi e tasse. L’aumento vada ad esclusivo vantaggio dei lavoratori, perché tutti sappiamo se vi è un aumento di 100 sulle retribuzioni, al lavoratore vanno forse 49 e all’erario 101, in varie forme.
Il via libera a questo sistema renderebbe la politica libera da interessi di parte, ovvero aumenterebbero i salari e aumenterebbero le entrate fiscali e previdenziali.
In questo modo avremmo immediatamente benessere sociale, senza dovere ricorrere al mezzo del silenziamento. Non accadrà.
Mauro D’Ambrogio