Bonus Renzi, la riforma fiscale cancella i 100€, ma non è per forza un male
Accordo nella maggioranza, tutti gli incentivi saranno riassorbiti, ma detrazioni e taglio di Irpef e Irap agevoleranno il ceto medio. Critici Confindustria e sindacati
Fuori il cosiddetto Bonus Renzi e la seconda aliquota Irpef, dentro detrazioni e assegno unico per i figli. Si può riassumere così, in soldoni, l’intesa di maggioranza relativa alla riforma fiscale che comunque dovrà passare per il vaglio del Premier Mario Draghi. In ogni caso, per una visione d’insieme bisognerà aspettare la Legge di Bilancio: intanto, però, si alzano già le prime critiche.
La riforma fiscale cancella il Bonus Renzi
«C’è l’accordo politico ad agire sulle aliquote Irpef», anzitutto cancellando quella al 41%. E inoltre riducendo quelle al 38% (passerà al 35% per la fascia 28.000-50.000 euro lordi annui) e al 27% (scenderà al 25% per lo scaglione 15.000-28.000 euro). Lo ha confermato Gilberto Pichetto Fratin, viceministro azzurro allo Sviluppo Economico, precisando che la decisione definitiva spetterà comunque a Palazzo Chigi. Resterà invece invariata l’aliquota del 23% per i redditi fino a 15.000 euro, mentre oltre i 50.000 euro si applicherà direttamente l’aliquota al 43%.
Questa rimodulazione dovrebbe costare 7 miliardi sugli 8 complessivamente stanziati per il taglio delle tasse, mentre l’ultimo sarà destinato all’eliminazione dell’Irap per autonomi e persone fisiche. Secondo alcune simulazioni, ne beneficerà soprattutto chi guadagna intorno ai 50.000 euro l’anno, anche se il quadro complessivo sarà più chiaro dopo l’approvazione della Manovra 2022.
Per esempio, i redditi più bassi non sono coinvolti nel ridisegno dell’Irpef, ma saranno i più avvantaggiati dal nuovo regime dell’assegno unico per i figli. Che invece è più penalizzante per i redditi medi e medio-alti.
Un’altra conseguenza della riforma fiscale dovrebbe essere il riordino delle detrazioni, che andranno a riassorbire le gratifiche. Incluso il Bonus Renzi originariamente da 80 euro (poi saliti a 100), il che però non è necessariamente una cattiva notizia. L’incentivo italovivo dovrebbe infatti essere redistribuito tra le tre detrazioni principali (quelle da lavoro dipendente, lavoro autonomo e pensione), con un saldo positivo in busta paga.
Le critiche
Le misure, ancorché provvisorie, incontrano già l’ostilità delle parti sociali, curiosamente confluite nello stesso schieramento pur provenendo da fronti diametralmente opposti. Per esempio, Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, avrebbe gradito un cospicuo taglio del cuneo fiscale a vantaggio delle imprese. Dall’altro lato della stessa barricata ci sono invece i sindacati, con rivendicazioni uguali e contrarie. «Non è questo il momento per l’Irap, gli 8 miliardi dovrebbero andare tutti a lavoratori e pensionati» ha lamentato Maurizio Landini, segretario generale della CGIL.
La Triplice e gli industriali (ma non solo) hanno sollecitato una convocazione da parte del Governo. Senza però considerare che la loro opposizione potrebbe anche rafforzare nell’esecutivo il convincimento di essere sulla strada giusta. D’altronde, non sarebbe certo la prima volta.