Bosnia, 30 anni dopo nel Paese balcanico torna l’incubo secessione
I separatisti serbi fanno approvare una mozione che ritira la loro rappresentanza da esercito, magistratura e fisco: il primo passo verso l’indipendenza della Republika Srpska
Quasi trent’anni dopo, in Bosnia ed Erzegovina la Storia, disgraziatamente, si sta ripetendo. Lo Stato balcanico, culla di tensioni etniche mai veramente sopite, è infatti di nuovo sull’orlo della secessione. E il fatto che stavolta l’incubo si stia ripresentando in maniera meno cruenta (almeno per il momento) non lo rende minimamente meno spaventoso.
In Bosnia torna l’incubo secessione
La Bosnia-Erzegovina continua dunque a non avere pace, purtroppo in senso letterale. E a minarne la stabilità sono nuovamente le spinte separatiste della componente serba del Paese, incarnata dal leader Milorad Dodik.
Dal conflitto del 1992-95, la Nazione balcanica è scissa in due entità politico-amministrative: la Federazione croato-bosniaca e la Republika Srpska, ognuna dotata di Premier e Parlamento. E proprio la Camera serba, pochi giorni fa, ha approvato una mozione per ritirare la Repubblica di Serbia dalle principali istituzioni – esercito, magistratura e fisco.
Una mozione non vincolante e che dovrà superare un’altra votazione, ma può già significare «una secessione di fatto» come ha spiegato a France24 l’esperto Loïc Trégourès. Tanto che secondo il tedesco Christian Schmidt, Alto Rappresentante delle Nazioni Unite presso Sarajevo, siamo di fronte alla «più grave crisi del dopoguerra».
Uno scenario che preoccupa anche Bruxelles – e non potrebbe essere altrimenti, vista l’importanza strategica dello scacchiere balcanico sul piano geopolitico. Importanza testimoniata, per esempio, dalle mire espansionistiche della Cina che, oltre ad avere un’influenza sempre maggiore su Belgrado, ha praticamente lanciato un’Opa ostile sul Montenegro.
Senza contare che per quest’area passa una delle maggiori (e più drammatiche) rotte migratorie per l’Europa. Da questo punto di vista, è superfluo dire cosa comporterebbe un eventuale scoppio delle ostilità: anche per l’Italia, che d’altronde ha già conosciuto ondate di profughi slavi. A ulteriore riprova che il passato, ahinoi, non ha insegnato proprio niente.