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Botteghe storiche a Roma: la chiusura dei negozi di quartiere spegne le relazioni sociali e l’anima della città

Il ritratto che emerge dallo studio Confcommercio-Censis, sottolinea che la chiusura dei negozi di quartiere rappresenta anche un vuoto nelle relazioni sociali

Botteghe romane, antica salumeria

Passeggiare per le vie della Capitale, un tempo animate dalle botteghe storiche, significa oggi camminare tra serrande abbassate, insegne sbiadite e locali vuoti, come ferite aperte nella trama urbana dei quartieri. È questo il ritratto che emerge dallo studio Confcommercio-Censis, che sottolinea un aspetto particolarmente sentito dai romani: la chiusura dei negozi di quartiere non rappresenta solo una perdita economica, ma anche un vuoto nelle relazioni sociali, un senso di isolamento che trasforma lo spirito stesso dei rioni.

Le botteghe storiche a Roma erano un punto dove incontrarsi

Roma ha sempre conservato un legame speciale con le sue botteghe, che non erano solo punti vendita ma veri e propri luoghi di scambio, incontro e conoscenza. Dalla storica norcineria di fiducia alla libreria indipendente, dal fornaio che sa esattamente come tagliare il pane per la domenica al sarto che da anni conosce ogni cliente per nome, queste attività erano il perno delle relazioni quotidiane e dei racconti di quartiere.

L’indagine rivela che per il 70% dei romani la chiusura delle botteghe ha indebolito i rapporti sociali. Le persone non trovano più il volto familiare che li accoglieva al mattino, il saluto che dava inizio alla giornata o il consiglio fidato sulla qualità dei prodotti. Queste relazioni, sottili ma profonde, costruite negli anni, erano la spina dorsale del tessuto sociale dei quartieri. Non si trattava di transazioni anonime: ogni acquisto era una piccola esperienza di comunità.

E i numeri parlano chiaro: il fenomeno delle chiusure ha colpito soprattutto i quartieri popolari e le zone meno centrali della città, dove i negozi di quartiere erano autentici baluardi di socialità. Sono state le botteghe storiche, dalle antiche drogherie ai piccoli alimentari a conduzione familiare, a pagare il prezzo più alto. La pandemia, con i suoi lockdown e le sue restrizioni, ha accelerato un processo già in atto, ma sono anche gli affitti in aumento, la concorrenza delle grandi catene e dei colossi online a rappresentare un muro insormontabile per questi negozi di vicinato.

Nella Capitale alcuni quartieri sono irriconoscibili

L’assenza delle botteghe non lascia solo un vuoto visivo, ma priva i romani di quei luoghi dove la fiducia e la reciprocità si coltivavano giorno dopo giorno. I residenti lamentano un senso di smarrimento, una mancanza di punti di riferimento che rende i quartieri quasi irriconoscibili. Nel parlare con chi abita a Testaccio, San Lorenzo, Trastevere o nel più popolare quartiere Appio-Latino, emerge un senso di nostalgia e rimpianto. “Era come avere un amico a cui chiedere consigli”, racconta un anziano residente a Prati, abituato a comprare frutta e verdura nello stesso piccolo negozio da decenni, “oggi al massimo mi arriva una confezione anonima a casa”.

Le botteghe storiche, con la loro personalità unica, rappresentavano anche una forma di tutela della tradizione. Le nuove generazioni, secondo il report, stanno crescendo senza l’abitudine di frequentare questi luoghi, privandosi della possibilità di conoscere le radici della propria città. Si tratta di una perdita culturale, di una cesura con il passato che rischia di trasformare i quartieri in spazi omologati, dove l’identità locale si dissolve.

Un pezzo di storia che se ne va

Alcune botteghe resistono ancora, con orgoglio e determinazione, adattandosi alle sfide contemporanee e reinventandosi per sopravvivere. Certi quartieri tentano di reagire, promuovendo iniziative per sostenere i piccoli esercenti, ma il rischio resta alto. La chiusura di una bottega non è solo una questione di economia: è un pezzo di storia che se ne va, un capitolo della vita sociale dei rioni che si chiude per sempre.

In una città come Roma, la perdita delle botteghe è un colpo all’anima stessa della comunità. Il report Confcommercio-Censis ci racconta una realtà che va oltre la sfera economica e arriva al cuore della vita di quartiere: ogni bottega chiusa è un saluto perso, una relazione spezzata, un pezzo di identità che si dissolve, lasciando al suo posto solo il silenzio di una saracinesca abbassata.