Braccialetto Amazon for dummies, istruzioni per l’uso
Una piccola guida per dissipare il panico digitale che si è creato intorno a un device che, allo stato dell’arte, ancora non esiste
La campagna elettorale, condotta senza esclusioni di colpi, ha trovato un momento di concordia per consentire a tutti, partiti e media, di fare fronte unico contro l’ultimo (per ora) “mostro" digitale: un braccialetto che Amazon molti presumono abbia realizzato con l’obiettivo non dichiarato di controllare ogni movimento dei dipendenti che lavorano nei magazzini, un controllo degno del Grande Fratello (quello di Orwell) su cui si è scatenata l’indignazione (quasi) unanime dell’intero Paese al grido di "No allo schiavismo digitale".
L’unico problema è che il braccialetto digitale, che l’immaginario alimentato dalla non conoscenza ha trasformato in una catena elettronica con cui legare i lavoratori ai ceppi di una galea 2.0 per farli remare al ritmo di una drum machine… non esiste.
Non solo non è stato ancora realizzato, ma non si sa neanche “se" verrà prodotto.
L’unica notizia certa è che Amazon ha depositato nel 2016 una richiesta di brevetto a protezione di una tecnologia, sviluppata nei suoi laboratori, che si propone di “guidare” più velocemente mediante un wearable device (dispositivo indossabile) l’operatore di magazzino nella fase di reperimento prodotti. La richiesta è stata accettata nel settembre 2017 e il brevetto pubblicato in questi giorni.
Un brevetto: una serie di regole, formule, algoritmi e disegni; un giocattolo da laboratorio, come centinaia di altri suoi simili all’interno dei centri di ricerca, moltissimi dei quali non vedranno mai la porta di uscita sia pure per un test di fattibilità. Quanti telefoni sono, per esempio, oggi dotati di airbag per preservare il device in caso di caduta? Nessuno, perché anche se i media diedero un certo rilievo al brevetto, l’idea di Jeff Bezos giace nei cassetti dei laboratori Amazon dal 2011 e difficilmente diventerà realtà. E come scrive Geekwire in quello che sembra essere l’articolo “zero” di questa pandemia "Non è chiaro se o quando Amazon potrebbe effettivamente trasformare il concetto di braccialetto in realtà” e, finché è un concetto, vale quello che scriveva Giorgio Gaber: “un concetto, un’idea, finché resta un’idea è soltanto un’astrazione”.
E se questo “concept” fosse già o riuscisse ad arrivare allo stato di prototipo, potrebbe poi non superare le fasi di sperimentazione ed essere riposto nel cassetto, assieme ai tantissimi fallimenti che sono alla base di ogni ricerca di successo. Oppure potrebbe essere nel frattempo superato da un’altra ricerca ancora più efficace: lenti a contatto con realtà aumentata in stile Black mirror o, per la gioia dei complottisti, nel mitico chip sottopelle powered by Area51. Senza contare che, qualora divenisse realtà, dovrebbe superare le norme sanitarie sul lavoro, da noi molto stringenti.
Si potrebbe speculare a lungo, ma una cosa è certa: il braccialetto Amazon allo stato dell’arte non è prossimo a divenire strumento di lavoro presso i magazzini italiani di Amazon. Soprattutto non è stato progettato per monitorare dipendenti che peraltro sono già in uno spazio chiuso ma per velocizzare il reperimento dei prodotti all’interno dello stesso. E allora: di cosa stiamo parlando?
Che poi, magari esistesse un qualcosa che mi guidasse non in un magazzino, ma in un supermercato, consentendomi di fare la spesa dei soli prodotti che mi servono nel tempo più veloce possibile. Ipotesi non balzana visto che l’inventore del braccialetto, Jonathan Cohn, lavora nel team di Amazon Go, il supermercato ipertecnologico senza cassieri.
Perché la tecnologia non è né buona né cattiva, è l’uso che se ne fa che può essere giusto o sbagliato. Il protocollo che ha dato poi vita a internet, non bisogna dimenticarlo mai, era un progetto della DARPA – Defense Advanced Research Projects Agency che come scenario di applicazione aveva… una guerra.