Bullismo e adolescenti, le baby gang scelgono la violenza sui coetanei
Gli adolescenti sono sempre più inclini alla violenza e a costituire baby gang
Bullismo tra gli adolescenti, il Centro di ricerca Transcrime dell’Università Cattolica, con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza e quello per la Giustizia Minorile, ha tracciato la prima mappa delle baby gang in Italia.
La caratteristica che lega il fenomeno nella sua complessità è l’esercizio della violenza: risse, bullismo, atti vandalici. Alcuni gruppi strutturati si dedicano anche a spaccio, furti e rapine. Hanno una decina di componenti, solitamente maschi e tra i 15 e i 17 anni, nella maggior parte dei casi italiani. Le vittime più frequenti delle baby gang attive in Italia sono coetanei tra i 14 e i 18 anni.
Le cosiddette baby gang sono per lo più prive di una gerarchia, sono più presenti a Nord ma tendenzialmente più strutturate al Sud.
4 tipologie di baby gang in Italia
L’analisi ha messo in evidenza, in particolare, come vi siano quattro tipi principali di gang presenti in Italia con caratteristiche differenti e una diversa distribuzione sul territorio. Nella Capitale operano principalmente tre gruppi: Anundo gang’s, La 17 e La 18. Si tratta di gruppi che rientrano nella prima tipologia individuata dal rapporto, ossia gang prive di una struttura definita, prevalentemente dedite ad attività occasionali violente (es. risse, percosse e lesioni) o devianti. Sono la tipologia di gruppo maggiormente presente in Italia, caratterizzata da legami deboli, natura fluida, assenza di una gerarchia chiara o una organizzazione definita e spesso anche di fini criminali specifici.
Riguardo alla composizione di queste gang, dai dati raccolti emerge che in quasi la metà dei casi sono composte in prevalenza da italiani, e meno di una su tre è composta in prevalenza da stranieri. I membri hanno generalmente un’età compresa fra i 15 e i 17 anni, sebbene in quasi un quarto dei casi l’età prevalente è compresa fra i 18 e i 24 anni. La maggior parte di questi gruppi è composto da un numero inferiore a 10 individui e in meno della metà dei casi i membri sono in situazione di disagio socioeconomico. Le ragioni che spingono alla creazione di questi gruppi sono molteplici, i giovani possono infatti cercare in queste gang una risposta ad uno stato di isolamento sociale, di insoddisfazione rispetto alla propria condizione o di incapacità di relazionarsi con i propri pari.
Effetto Covid e Lockdown
Le difficoltà che un giovane attraversa in questa delicata fase sono state aggravate durante il periodo pandemico. Diversi studi hanno infatti evidenziato come la recente pandemia da Covid-19 e le restrizioni imposte abbiano avuto un forte impatto sulla quotidianità dei ragazzi, causando un peggioramento delle condizioni di benessere personale.
Decisivo è anche il ruolo dei social network che con il loro effetto spersonalizzante contribuiscono a rafforzare le identità di gruppo e generare processi di emulazione.
Bisogno di un sano riconoscimento, non di visibilità
Secondo la criminologa Cinzia Mammoliti, intervistata da Ansa, nei confronti dei singoli ragazzi “occorre tentare un dialogo attraverso una rete di educatori e dare loro riconoscimento, uno scopo. Bisogna spiegare loro come declinare in modo positivo e creativo le energie. Dar loro un punto di riferimento”. Quanto al fenomeno in generale, “sarebbe opportuno non dare troppo risalto mediatico ai singoli episodi perché questi giovani cercano proprio questo: visibilità. Lo fanno apposta per finire sui giornali e sui social”.