Cacciari si fa la terza dose e il Web impazza: traditore della causa o nuovo Socrate?
Dopo mesi di polemiche contro il Green Pass il filosofo Massimo Cacciari ha invitato chi può a vaccinarsi anche con la terza dose
Cacciari annuncia di aver ricevuto la somministrazione della terza dose e il web si incendia. Solo pochi giorni fa il filosofo Massimo Cacciari aveva commentato la notizia dell’obbligo vaccinale per gli over 50. “Praticamente, non cambia nulla: prima l’obbligo era sottinteso, ora viene formalizzato; ma si tratta di un provvedimento che non può avere sanzioni, perché non vedo come la sanzione sia riscuotibile. Insomma, si continua come prima, non c’è nessuna differenza”.
L’accademico, è fondatore della Commissione “Dubbio e Precauzione” con il giornalista Carlo Freccero, il filosofo Giorgio Agamben, il professore universitario di diritto civile Ugo Mattei e l’oncologo Mariano Bizzarri.
La commissione si costituisce “affinché si revochi il green pass e si valutino con proporzionalità e adeguatezza gli interventi e le misure sulla popolazione”.
Cacciari invita i cittadini a fare la terza dose
L’ex sindaco di Venezia ha dichiarato al Gazzettino di aver fatto la terza dose del vaccino anti Covid. E fin qui nulla di contraddittorio con quanto ha sempre sostenuto, rispetto alla libertà vaccinale. Tuttavia ha invitato “chi può” a procedere alla vaccinazione, perché “queste sono le leggi e finché non si ha la forza di cambiarle, bisogna rispettarle”.
L’annuncio di Cacciari ha sorpreso gli italiani e gli utenti del Web. Infatti da alcuni mesi Cacciari è ospite in diversi programmi di approfondimento per esprimere le sue posizioni critiche nei confronti dei vaccini e soprattutto del Green Pass.
Il filosofo deve problematizzare
Ricordiamo come Cacciari non abbia mai assunto posizioni contrarie alla vaccinazione nel suo aspetto medico, ma si sia invece espresso problematizzando la modalità giuridica e politica con cui è stato imposto (ed estorto) alla cittadinanza tale trattamento sanitario.
Molti utenti scrivono di essere delusi, lo accusano di aver abbandonato la “resistenza” e di essere solo un chiacchierone che non da alcun seguito concreto alle idee che sbandiera. Altri ancora salutano la sua decisione come segno di lucidità di chi si è finalmente ravveduto.
Il filosofo come vittima sacrificale
La sua posizione può infatti apparire incoerente, ma, se compresa profondamente si tratta di una mossa logica illuminante, che pone colui che si sottopone alla somministrazione contro la propria volontà nel ruolo di vittima sacrificale al cospetto di un Potere accanito e delirante.
In tal modo l’ostia del sacrificio medico-scientifico diviene paradossalmente artefice e portatore di una libertà quasi ultraterrena. In terra il filosofo obbedisce, nell’anima resta incorrotto. Nel mondo il filosofo non può agire la propria libertà, ma la sua libertà interiore è eternamente inalienabile.
“I filosofi obbediscono alle leggi, anche quando le ritengono totalmente folli. Socrate insegna”, ha replicato Cacciari.
Lungi dal voler paragonare il mito di Socrate, del vero filosofo sempre pellegrino tra gli uomini e sempre incompreso tra gli stolti -con le scelte personali del professor Cacciari- abbiamo l’occasione per ricordare il rapporto tra il maestro di Platone e le Leggi, espresso nell‘Apologia di Socrate.
Socrate, l’immortalità dell’anima e le Leggi
In quest’opera Socrate affronta il legame del cittadino con le leggi della sua città. Il filosofo non teme la morte per ragioni che definiamo ontologiche e metafisiche. Non possiamo sapere, spiega Socrate, se la morte non sia migliore della vita.
Sono celebri infatti le tre argomentazioni sull’immortalità dell’anima contenute nel Fedone e la definizione di corpo come carcere dell’anima nel quale quest’ultima, immortale e inalterabile, è intrappolata.
Quando Socrate accetta la condanna a morte lascia un annuncio alla città dichiarando che la sua morte non avrebbe messo fine all’opera da lui iniziata, poiché i suoi discepoli avrebbero perseguito la sua missione critica e maieutica nel futuro. L’ateniese profetizzava forse il 2022?
Socrate accetta la condanna a morte anche se la sentenza è ingiusta, in quanto una res pubblica (cosa pubblica), fondata sull’ordinamento di norme condivise può sopravvivere solo se i consociati rispettano le norme e le sue applicazioni, anche laddove esse siano errate.
Socrate ritiene che le leggi vengono applicate in modo fallace a causa delle sentenze umane. Tuttavia la loro contestazione non deve coinvolgere l’autorità ontologica delle leggi stesse. Pena la distruzione della polis e il collasso della civiltà nel caos.
“Non bisogna mai commettere un’ingiustizia, nemmeno quando la si riceve”, afferma Socrate.
Che fare allora?
Altro che democrazia, la rottura sociale è in atto con un premier che la fomenta, il confronto scientifico è stato degradato a ring ideologico che copre enormi reti di interesse e profitto. Mentre la questione filosofica di Socrate è ancora aperta.