Calcio e Covid, il caos senza fine è figlio dell’incompetenza al potere
Juventus-Napoli si è trasformata in una pagliacciata a causa della mancanza di chiarezza nei protocolli. Ma anche per via della (almeno parziale) abdicazione alle Asl
Il binomio tra calcio e Covid è definitivamente diventato sinonimo di un caos senza fine. Merito, si fa per dire, anche delle autorità (in)competenti che non sono riuscite a stilare delle regole chiare e inequivocabili. Con un rimpallo delle prerogative che ha contribuito notevolmente a trasformare una partita di cartello come Juventus-Napoli in una pagliacciata.
Calcio e Covid, il caso Juventus-Napoli
Alle 21.30 di domenica 4 ottobre è terminato ufficialmente l’incontro mai iniziato. Come da regolamento, l’arbitro Daniele Doveri ha atteso i canonici 45 minuti dal (presunto) fischio d’inizio, per poi sancire la non regolarità di Juventus-Napoli. Un atto dovuto dopo che i partenopei, com’è ormai universalmente noto, non si sono presentati all’Allianz Stadium.
La decisione ha prodromi antichi benché recenti, risalendo alla precedente giornata di campionato, in cui gli azzurri hanno affrontato il Genoa. Subito dopo il match è scoppiato il focolaio rossoblù, con 22 tesserati trovati positivi al coronavirus nel corso della settimana.
I Campani hanno quindi effettuato tre giri di tamponi, che hanno evidenziato in successione che i due calciatori Piotr Zieliński ed Elijf Elmas avevano evidentemente mangiato ostriche. Stessa cosa per un dirigente non facente parte del gruppo squadra.
È da qui che la situazione ha assunto i contorni di un giallo, tra scambi di e-mail, dichiarazioni, lettere e note. E, soprattutto, le interpretazioni più disparate di un protocollo che sarebbe dovuto essere scritto in modo da evitare qualsivoglia ambiguità. È il numero 21463 del Ministero della Salute, che lo scorso 18 giugno recepiva l’accordo tra Federcalcio e Comitato tecnico scientifico. E dava alle Asl la possibilità di disporre la cosiddetta “quarantena soft”, che i giocatori negativi possono interrompere per disputare allenamenti e gare.
La circolare è stata poi integrata nel Consiglio di Lega del 30 settembre – 1° ottobre, volto a coprire il buco normativo relativo a un’eventuale pluripositività. La norma impone di giocare se si hanno a disposizione almeno 13 giocatori, con un’unica possibilità di rinvio in presenza di 10 o più positivi. In caso contrario, scatta la sconfitta 3-0 a tavolino.
C’è però una postilla. «Fatti salvi eventuali provvedimenti delle Autorità statali o locali».
Juventus-Napoli, la cronistoria
È il pomeriggio di sabato 3 ottobre quando la società di Aurelio De Laurentiis, come da legge e da regolamento, contatta le Asl di riferimento. La Napoli 2 Nord, che fornisce una risposta molto breve. In cui, fra l’altro, accenna all’isolamento fiduciario bisettimanale e alla necessità di non lasciare il territorio nazionale. E la Napoli 1 Centro che, seppure in modo più prolisso, ribadisce il concetto.
In nessuno dei due documenti viene esplicitato il divieto di lasciare la Regione, né l’obbligo per il gruppo squadra di restare nel proprio domicilio.
AdL però interpreta le circolari in senso restrittivo, e comunica con una Pec l’impossibilità di raggiungere Torino. In quel momento, però, l’unica autorità a essersi espressa in tal senso è il Gabinetto della Regione Campania.
La Vecchia Signora non ci sta, e anticipa l’intenzione di scendere in campo ugualmente. «La Juventus, come sempre, si attiene ai regolamenti» avrebbe poi punto il numero uno bianconero Andrea Agnelli. Evidenziando che la Asl può intervenire solo in caso di inosservanza del protocollo. Questa, però, è di nuovo un’interpretazione, anche se successivamente la Procura Federale aprirà effettivamente un’inchiesta sulla corretta applicazione dei protocolli sanitari da parte del Napoli.
Segue quindi la presa di posizione ufficiale della Lega Serie A, che esclude il rinvio della gara. «Non sussistono provvedimenti di Autorità Statali o locali che impediscano il regolare svolgimento della partita» afferma la nota.
Solo due ore dopo (dunque decisamente fuori tempo massimo), le due Asl napoletane precisano che il provvedimento andava inteso come impossibilità di spostarsi dal luogo dell’isolamento. «Noi non abbiamo mai espresso alcun divieto di partire o giocare, non è nelle competenze. È chiaro che sia una cosa consequenziale», sostiene Ciro Verdoliva, DG dell’ASL Napoli 1 Centro.
Calcio e Covid, l’incompetenza al potere
Questa la cronistoria del pasticciaccio brutto tra calcio e Covid, scevra da indiscrezioni che rimangono non confermate. Come quella secondo cui Dela avrebbe sollecitato il Governatore campano Vincenzo De Luca, suo amico, a fare pressioni sulla Asl perché confermasse la sua versione.
Rimarrà da capire se il giudice sportivo disporrà realmente (come dovrebbe) il 3-0 a tavolino, su cui il Napoli è già pronto alla battaglia legale. Per gli azzurri, infatti, l’assenza è giustificata da cause di forza maggiore.
Altro aspetto che resterà indelebile è l’atteggiamento pilatesco dei membri del Governo. A partire dal Ministro dello Sport Vincenzo Spadafora che, in pieno bailamme, si è limitato a fare spallucce. «Spetta ora agli organismi sportivi decidere sugli aspetti specifici del campionato» la sua surreale nota.
Idem per l’altro Ministro nomen omen, quello della Sanità Roberto Speranza, che ha svicolato con un laconico: «Si sta parlando troppo di calcio e troppo poco di scuola. La priorità è la salute delle persone». Nel merito ha ragione, naturalmente, ma il giusto inquadramento delle priorità non significa che se ne possa lavare le mani.
Non se lo può permettere nessuno degli organismi che hanno contribuito al caos, anche a causa dell’abdicazione (almeno parziale) in favore delle Asl. Che rischiano di fungere da Tar del Lazio clinico-calcistico, mettendo a rischio, come ha sottolineato il presidente genoano Enrico Preziosi, il regolare svolgimento della stagione.
Poi c’è un ulteriore strascico destinato a permanere impietosamente, quello relativo alla (ennesima) figuraccia del nostro calcio. Che il mondo social aveva già commentato con la fulminante ironia che gli è propria.
Calcio e Covid, d’altronde. Perché i tempi del virus non sono, ahinoi, gli stessi di un pallone nel pallone.