Camerun, l’ambasciatore francese per i diritti Lgbt “persona non grata”
Jean-Marc Berthon doveva tenere una conferenza sul gender, che però è incompatibile con leggi e valori di Yaoundé: in fondo è la stessa ratio degli euro-diktat all’Italia sul PNRR
Il Camerun ha dichiarato Jean-Marc Berthon, ambasciatore francese per i diritti Lgbt, persona non grata. Il diplomatico avrebbe dovuto discutere tematiche che, secondo la Repubblica africana, sono incompatibili con le proprie leggi e i propri valori. Un atteggiamento, quello transalpino, di stampo puramente neocolonialista, che è più vicino di quanto si pensi: perché è lo stesso che Bruxelles applica all’Italia sul PNRR.
Il Camerun contro l’ambasciatore francese per i diritti Lgbt
Jean-Marc Berthon non è il benvenuto in Camerun, e dunque non potrà effettuare la visita prevista tra il 27 giugno e il 1° luglio. In quest’occasione, come riporta RFI, il delegato dell’Eliseo per le istanze arcobaleno avrebbe dovuto tenere una conferenza-dibattito sulle definizioni di genere, orientamento e identità sessuale. Ovvero, sull’ideologia gender, che è proprio il casus belli coi notabili locali, esploso attraverso una nota verbale trasmessa all’Ambasciatore francese.
Lejeune Mbella Mbella, Ministro per gli Affari Esteri di Yaoundé, ha infatti sottolineato che il suo Dicastero non approva le attività summenzionate. Che peraltro sono illegali e punibili, come scrive Il Giornale, con pene fino a 5 anni di reclusione e 200.000 franchi CFA di multa.
Il comunicato ha inoltre ricordato come «la posizione del Governo camerunese sulle definizioni di genere, orientamento e identità sessuale» sia «chiara e non necessiti di alcun dibattito». E ha concluso sollecitando disposizioni per far «rispettare la posizione dello Stato del Camerun sull’argomento».
La parola chiave, probabilmente, è proprio “rispetto”. Perché ben pochi in Occidente, probabilmente, condividerebbero una prospettiva così draconiana: ma chi potrebbe dire con certezza assoluta da che parte sta la ragione? Se pretendiamo che la nostra cultura venga trattata con ogni riguardo, perché non dovremmo fare lo stesso con le altre?
Forme di neocolonialismo
Abbiamo già dato conto, per esempio, delle pressioni americane contro la legge anti-Lgbt promulgata da Yoweri Museveni, Presidente dell’Uganda, e sostenuta dalla maggioranza dei suoi concittadini. O dei tentativi yankee di condizionare il sostegno allo sviluppo nel Continente Nero alla diffusione proprio dell’ideologia gender. O dell’altrettanto esecratissimo aborto, finanziato perfino, come riferisce C-Fam, attraverso i programmi contro l’HIV. Tant’è che, recentemente, 129 tra leader politici, autorità religiose e imprenditori di 15 Paesi africani hanno chiesto al Congresso Usa di cessare queste subdole pratiche.
Dopotutto, però, questa ratio non è forse la stessa degli euro-diktat sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (dell’Italia, e non solo)? Con – tra l’altro – oltre un terzo dei fondi del programma Next Generation Eu obbligatoriamente destinato a progetti legati alle eco-balle sul climate change?
L’Africa pare averne ormai fin sopra i capelli di questo tipo di ingerenze. Noi, forse, dovremmo prendere esempio.