Campi rom. Raggi fa la buonista: “Discriminazione che va superata”
La Sindaca incappa nel tipico abbaglio ‘alla Boldrini’. Pensare che loro vivano così perché noi ce li abbiamo costretti
Poveri rom da salvare. Da riscattare dalle loro esistenze marginali. Da invitare, con dolcezza, a vivere più o meno come tutti: facendo un lavoro regolare, mandando a scuola i propri figli, curando almeno un po’ l’igiene personale.
Ogni tanto qualcuno si lascia impietosire e ci casca. Oggi ci è cascata anche Virginia Raggi. Forse è dipeso dalle circostanze: durante l’inaugurazione della palestra di una scuola (la media inferiore “Ex Toniolo” in via Anagni, nel V municipio) un ragazzino, appunto di etnia rom, le dice di temere che il suo campo nomadi venga sgomberato. E lei si lascia prendere la mano. Per rassicurare lui, dice cose che non sono affatto rassicuranti per la generalità dei romani.
Eccole: “La condizione che vive chi abita nei campi rom non la possiamo tollerare perché la consideriamo una discriminazione che va superata. Hanno i nostri stessi diritti. Anche loro se hanno delle condizioni economiche svantaggiose hanno diritto a una casa popolare e la devono avere attraverso la graduatoria. Chi lavora e ha la possibilità di pagarsi una casa può andare in affitto. Roma mette a disposizione proprio per queste famiglie relegate per tanti anni nei campi, delle somme per aiutare a pagare l’affitto di casa”.
Campi rom. Non campi di concentramento
È davvero “una discriminazione”, quella dei campi nomadi? Ed è così pacifico che i rom abbiano “i nostri stessi diritti”, dal momento che hanno dato infinite dimostrazioni di non voler sottostare ai nostri stessi doveri?
Perché ci sia una discriminazione deve esserci una imposizione: ma i rom non sono stati costretti da nessuno a non avere un alloggio normale. Sempre che, al pari degli altri cittadini italiani, fossero intenzionati a procurarselo in maniera legale. E che, dopo esserselo procurato, non lo riducessero a un accampamento. O a una discarica.
Più che di discriminazione calata dall’alto, quindi, bisognerebbe parlare di una auto ghettizzazione. I rom (sempre parlando in generale, ovvio) hanno fatto di tutto per farsi odiare. O quantomeno per non farsi accettare di buon grado. I loro atteggiamenti sono tribali. Le loro usanze inquietanti, a cominciare da come sfruttano i propri stessi figli per l’accattonaggio o per i furti. E a proseguire per come vivono nei succitati campi: che indubbiamente non sono un resort di lusso, ma che potrebbero essere meno sgangherati se chi ci abita ne avesse più cura.
Rom discriminati, o rom asociali?
“Non si può essere schedati – ha proseguito la Sindaca – perché si è rom o non si é rom. Tutti i bambini, anche quelli rom, devono andare a scuola e così i genitori devono andare a lavorare e pagare le tasse. L’idea non è quella di sgomberare i campi ma di entrare con i nostri operatori e lavorare con le famiglie e capire quali possibilità possiamo dargli affinché siano in grado di uscire dai campi e porre fine a questa bruttissima esperienza. Noi vogliamo aiutarli a intraprendere un percorso diverso che finora è stato loro negato”.
Di nuovo. Negato da chi? Non sembra proprio che loro muoiano dalla voglia di cambiare e che tutti si ostinino a rifiutarli per un capriccio o un’impuntatura. L’ostilità che c’è nei loro confronti non nasce dal pregiudizio, ma dall’esperienza. Dai tanti, tantissimi comportamenti che loro hanno oggettivamente avuto e che continuano ad avere, in un miscuglio di arroganza e di vittimismo. Comportamenti che a forza di ripetersi hanno cristallizzato l’avversione nei loro confronti
Certo: alla lunga è diventato un circolo vizioso. Loro si presentano come si presentano – per metà straccioni che cercano di impietosirti, per l’altra metà tipi infidi che ti disprezzano, vedendo in te nient’altro che una possibile preda – e la stragrande maggioranza delle persone li evita come la peste.
Magari fosse, che questa situazione incancrenita potesse essere superata. Ma non ci si venga a raccontare, come purtroppo ha fatto oggi anche Virginia Raggi, che siamo noi a doverli scongiurare di “intraprendere un percorso diverso”.
Al massimo, che ci si incontri a metà strada. Loro affermino pubblicamente che non intendono più vivere di espedienti, e noi saremo lieti di dare inizio a una nuova stagione di convivenza. Finalmente civile. Finalmente imperniata sul fatto che sia per noi sia per loro valgono le medesime regole.