Cari, carissimi sedicenni. Noi vi faremo votare e voi, please, votate per noi
Il pretesto sono le manifestazioni ecologiste del Friday4Future. La strategia è molto meno nobile: e rimanda anche allo Ius Culturae
Far votare i sedicenni. I partiti di governo sembrano sostanzialmente d’accordo e tra gli editorialisti del mainstream non manca chi si dà da fare per sostenere l’ipotesi. Per esempio Massimo Giannini di Repubblica: che richiamandosi alle grandi manifestazioni di venerdì scorso, scrive un pezzo intitolato “Un milione di voci senza ascolto”. Il filo conduttore è che finora le ragioni dei più giovani sono state trascurate dalla politica e allora, per invertire la tendenza, è necessario che votino anche loro.
Strano approccio: la politica si preoccupa di te solo se diventi un segmento elettorale con il quale fare i conti. Mentre invece dovrebbe essere naturale, e quindi ovvio, che si guardi alla società come a un tutto omogeneo, le cui diverse parti non siano contrapposte ma armonizzate. Se per interessarti alle motivazioni di un determinato insieme di persone devi aspettare che si costituisca come gruppo di pressione, non è democrazia: è lobbying.
Qualcosa di simile, d’altronde, lo ha detto pressoché in contemporanea Enrico Letta. Che rivendica di aver già avanzato la proposta due anni fa e aggiunge: «Adesso dico che è urgente. E che con questa maggioranza si può fare. È un modo per dire a quei giovani che abbiamo fotografato nelle piazze, lodando i loro slogan e il loro entusiasmo: vi prendiamo sul serio e riconosciamo che esiste un problema di sottorappresentazione delle vostre idee, dei vostri interessi».
Ma quali sarebbero, queste idee e questi interessi?
Farli coincidere in blocco con i temi del Friday4Future è a dir poco affrettato. E terribilmente riduttivo. Le grandi adunate collettive si formano intorno a delle parole d’ordine specifiche, ma non implicano affatto che i partecipanti siano d’accordo su tutto il resto. Se lo fossero, tra l’altro, significherebbe che la sollevazione di giornata si inserisce in una concezione ad ampio raggio, o persino onnicomprensiva: in pratica, un’ideologia.
Nel bene o nel male, proprio questo tratto unificante è ciò che manca nelle rivendicazioni di Greta Thunberg e dei suoi numerosissimi seguaci. La ribellione si concentra sugli effetti, a cominciare dal riscaldamento globale, e punta il dito contro le classi dirigenti che li hanno lasciati accadere, moltiplicarsi, dilagare. Ma qui ci si ferma. Non ci si spinge a rimettere in discussione l’intero modello di produzione e consumo. L’intera economia, essenzialmente speculativa e perciò totalmente priva di scrupoli, su cui l’Occidente ha basato il suo sviluppo, per poi affermarsi pressoché ovunque, attraverso la cosiddetta globalizzazione.
Voto a 16 anni, cittadinanza agevolata…
Il vero obiettivo di chi intende far votare i sedicenni (e magari, in un futuro non lontano, addirittura i quattordicenni) è dunque ben diverso dal volerne accogliere le istanze. E tutelarne maggiormente il futuro. Ciò cui si mira davvero è riassorbirli all’interno della pantomima elettorale, confidando di poterne convogliare i voti su quegli obiettivi di pseudo rinnovamento che sono nel mirino già da tempo. E il cui leitmotiv è la contrapposizione generazionale, a partire dal lavoro e dalle pensioni.
Dare spazio ai sedicenni significa avere un nuovo bacino di soggetti che scalpitano per affermarsi e che facilmente, visto che a quell’età non si brilla certo per ponderazione di giudizio, possono abboccare allo schema quanto mai capzioso per cui “il nemico dei giovani sono gli anziani”.
Non solo: l’abbassamento della maggiore età per chi è già italiano marcia in parallelo con la volontà di facilitare, tramite lo Ius Culturae (e in prospettiva lo Ius Soli), l’acquisizione della cittadinanza per i ragazzi stranieri. Con uno scopo ben preciso: di fronte a vastissimi settori di popolazione che si oppongono alle logiche e ai diktat in stile “ce lo chiede l’Europa”, il PD e affini puntano sul coinvolgimento di nuove masse che ritengono più agevoli da condizionare.
Se il vecchio pubblico non ti dà più retta, cercatene uno nuovo. Anzi, fabbricalo a tavolino.