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Cari cittadini europei, vogliamo veramente giocare a fare la guerra?

Lo avete visto, sì? L’incredibile video con protagonista Hadja Lahbib. Che di mestiere faceva la giornalista e la presentatrice televisiva

Bandiera dell’Unione Europea_ Dušan Cvetanović_Pexels

Bandiera dell’Unione Europea_ Dušan Cvetanović_Pexels

Soldi, tantissimi. I famigerati 800 miliardi complessivi delle spese militari in ambito UE. Nome iniziale “ReArm Europe”, che se non altro corrispondeva alla realtà delle cose. Poi ci hanno ripensato. A chiamarlo così era troppo evidente: anche il più distratto dei cittadini – degli elettori – capiva al volo che si trattava proprio di quello. Capitali enormi per il riarmo continentale. In vista di una guerra eventuale.

Eventuale, o probabile.

Probabile, o già in programma.

Ci voleva un eufemismo. E qualche genio del marketing politico l’ha subito scodellato: “Readiness 2030”. Oplà. Dal riarmo, troppo esplicito e battagliero, alla prontezza. Che va bene per tutto. Compri una quantità esorbitante di armi ma racconti che ti stai preparando a ogni sorta di difficoltà o di catastrofi.

Naturali, come le ricorrenti alluvioni. Mediche, come la “pandemia” da Covid-19. E anche belliche, vabbé. Ma solo per colpa della Russia di Putin. Che dopo aver invaso l’Ucraina potrebbe fare lo stesso con altri Stati dell’Europa orientale. O persino di quella occidentale.

L’aggressione incombe, i Custodi della democrazia vegliano su di noi. Di qua i proclami perentori alla Macron & Starmer. Di là le definizioni attenuate, un po’ burocratiche e molto ipocrite, dei documenti ufficiali. Come quello elaborato dalla Commissione UE negli ultimi giorni di marzo: “Strategia dell’Unione europea in materia di preparazione per prevenire e reagire alle minacce e alle crisi emergenti”.

Prepararsi e prevenire. Minacce e crisi emergenti.

Qualcuno enfatizza il pericolo. Qualcun altro lo sfuma.

Un piccolo, comodo, utilissimo kit in caso di guerra

Lo avete visto, sì?

L’incredibile video con protagonista Hadja Lahbib. Che di mestiere faceva la giornalista e la presentatrice televisiva. Ma che all’improvviso, nel luglio 2022, si è trasformata in una politica di alto grado. Venendo nominata, nientepopodimenoché, Ministro degli Esteri del Belgio. Per poi approdare, dal primo dicembre 2024, all’attuale incarico di “commissario europeo per la cooperazione internazionale, gli aiuti umanitari e la risposta alle crisi”.

Bene (si fa per dire).

Il 26 marzo scorso esce questo video in cui lei, tra il serio e il faceto, parla di come dovrebbe essere un “kit per la sopravvivenza” a uso personale. Una novantina di secondi per spiegare cosa va messo nella borsa da tenere sottomano. Un elenco che incomincia con toni ammiccanti e riprendendo un format editoriale di Vogue, la celebre rivista di moda.

Domandina preliminare: What’s in my bag?, cosa c’è nella mia borsa?

L’avvio è irritante. Il seguito è anche peggio.

Tra una battutina e l’altra, la petulantissima Hadja enumera gli oggetti “necessari” per affrontare l’emergenza. Lei ha gli occhiali? Ottimo. Portateli anche voi, perché «è importante vedere quello che succede». Una busta impermeabile per i documenti? Certo: «un must nella piovosa Bruxelles». Ma anche nella Sicilia o nella Romagna alluvionate, why not?

Che altro? Una torcia elettrica, un accendino e dei fiammiferi.

Hadja, chissà perché, lo trova molto divertente e scoppia a ridere.

Tira fuori una bottiglia d’acqua e manda giù una sorsata. Come darle torto? «Water is life», sottolinea lei stessa. L’acqua è vita.

Ed ecco: è venuto il momento di passare al pezzo forte. Il coltellino svizzero multiuso. Pensate: «18 tools» in un colpo solo!

Dopodiché… Vediamo un po’. Medicinali di pronto impiego (decidete voi quali) e qualcosa da mangiare (una comodissima scatoletta di tonno, ad esempio), del denaro contante (perché i bancomat, ahimè, potrebbero non funzionare «nel mezzo di una crisi»), un caricabatterie e pure un power bank, un mazzo di carte (suvvia: «un po’ di distrazione non fa male a nessuno») e infine… una radiolina portatile.

Così attrezzati, ci assicura lei, siamo a posto: «È tutto ciò di cui avete bisogno per sopravvivere nelle prime 72 ore di crisi». E d’altronde, tranquilli, la UE sta predisponendo la sua strategia affinché «ogni cittadino europeo sia in salvo».

Così mediocri, così potenti

L’ironia viene facile, di fronte a un obbrobrio come questo. Ma l’ironia non basta. Anzi: è fuorviante.

La pochezza di questi personaggi, infatti, non va assolutamente confusa con la loro irrilevanza. Mentre noi scuotiamo la testa e li disprezziamo, per quanto sono arroganti e vanesi, essi continuano a detenere un potere enorme.

Un potere decisionale.

Un potere che li autorizza, grazie alla pseudo legittimazione delle elezioni democratiche e a una fittissima ragnatela di norme accumulate via via, a incidere pesantemente sulle nostre vite. Abitualmente sul piano economico, vedi innanzitutto il Trattato di Maastricht dell’ormai lontano 1992, ma d’ora in avanti con implicazioni ancora più allarmanti. Come quelle, appunto, di una possibile guerra contro la Russia.

Una prospettiva che solo a contemplarla in astratto dovrebbe far tremare le vene ai polsi e indurre alla massima serietà e alla massima ponderazione. Ma che invece, come abbiamo visto, oscilla tra le smanie interventiste alla Macron/Starmer e gli insultanti sproloqui alla Hadja Lahbib.

Gente che si impettisce o che ci scherza su, ugualmente a sproposito. Gente che quando pensa alla guerra sa benissimo, con rivoltante sicumera, che ad andare in battaglia non saranno certo loro. Così come, sotto i bombardamenti, i rifugi più sicuri saranno a loro disposizione, a differenza della generalità di noialtri. Cittadini comuni. Figuranti alle urne. Vittime sacrificabili sull’altare di interessi superiori.

Altro che “Readiness 2030”. Questi qua non sono pronti per niente. Né lo diventeranno, d’incanto, adesso che hanno deciso di spendere 800 miliardi in armamenti. Spenderli a carico nostro, attraverso i conti pubblici e le ripercussioni che avranno, in aggiunta, sugli oneri da sostenere per rifinanziare il debito nazionale.

Non lo diventeranno perché i loro veri scopi sono altri. E perché le loro vite, con quelle carriere costruite all’ombra dell’establishment, ne hanno fatto tutt’al più dei solerti executive. Non certo dei veri leader. E figuriamoci dei condottieri in tempo di guerra.

Gerardo Valentini – presidente Movimento Cantiere Italia