Carlo Calenda: “Musei della Capitale hanno bassa capacità attrattiva”. La sua proposta
“I Musei Capitolini non sono un museo, ma una raccolta di collezioni esposte in modo confuso”
“Immaginate di essere un turista o uno studente che vuole comprendere la storia della Roma antica. Deve visitare 7 musei diversi, distanti chilometri tra loro. Per andare dai Musei Capitolini al Museo Nazionale Romano a Palazzo Massimo ci vogliono 20 minuti. Per andare dai Musei Capitolini a quello della Civiltà Romana, unico con contenuti didattici chiuso da anni, impiegherebbe 47 minuti”.
“I Musei capitolini non sono un museo”
Inizia così un lungo post su Facebook del candidato sindaco di Azione, Carlo Calenda, dedicato alla sua proposta di unificare i musei che si occupano della Roma antica. “I Musei Capitolini- spiega Calenda- non sono un museo, nel senso moderno del termine, ma una raccolta di collezioni esposte in modo confuso e inintelligibile.
Accade così che in una stanza affollata di busti, in un angolo, sia esposto il più famoso busto di Cicerone, senza che vi sia una parola di spiegazione sul ruolo e la figura del grande oratore. Fanno eccezione l’Esedra e la stanza dedicata ai fasti capitolini dove finalmente si riescono a inquadrare le opere, grazie a un’esposizione moderna rivolta al visitatore. Anche i quadri della pinacoteca sono esposti in modo confuso e affastellato“.
“Bassa capacità attrattiva dei musei romani”
“La scarsa capacità attrattiva del circuito dei musei romani si riflette nel numero di visitatori – aggiunge Calenda – Il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo fa 125mila ingressi l’anno. Palazzo Altemps 55mila. Foro e Palatino, senza Colosseo, 157mila. I Musei Capitolini meno di 500mila
Eppure oltre 3 milioni visitano il vicino Vittoriano, ma solo 1 su 6 di loro entra anche ai Musei Capitolini. Per fare una comparazione il Museo Egizio di Torino è visitato da 850.000 persone ogni anno. La situazione è addirittura peggiore se si considerano altri musei, straordinari, ma oramai del tutto marginali in termini di visitatori come quello Etrusco, la Galleria D’arte Moderna o quella d’arte antica di Palazzo Barberini. Evito per carità di patria ogni confronto con i grandi musei di Parigi, Londra o Vienna”.
“Abbiamo bisogno di un riassetto complessivo dell’offerta museale – aggiunge Calenda – L’assetto attuale purtroppo risponde più alle esigenze dei professionisti della cultura che non a quelle dei cittadini, italiani e non, a cui viene negato il diritto all’accesso al più importante dei beni pubblici, la cultura.
La proposta di Calenda
Ecco la nostra proposta: 1. Affidare tutta l’area archeologica dei fori e del palatino alla sovrintendenza nazionale. Preparare un ambizioso piano degli scavi e lavorare sulla fruibilità di quanto già scavato e consolidato. 2. Unificare le collezioni romane di Palazzo Altemps, Palazzo Massimo, Musei Capitolini e Museo della Civiltà Romana, dando vita al Museo Unico Romano.
Un percorso museale completo, moderno e fruibile che diventi la destinazione naturale di chi vuole conoscere la storia romana. Riteniamo che questo museo debba essere localizzato nei palazzi del Campidoglio (palazzo senatorio incluso). La contiguità con il parco archeologico è a nostro avviso un punto fondamentale. Il fatto che le collezioni appartengano a soggetti pubblici diversi è irrilevante.
Lo Stato deve diventare il promotore e il gestore unico di questo grande progetto di valenza mondiale. 3. Riteniamo necessario unificare la pinacoteca dei Musei Capitolini con quella di Palazzo Barberini in modo da concentrare le opere pittoriche di rilievo internazionale in un unico sito. 4. Etruschi, Romani e Rinascimento fanno parte del programma di studio di tutti i cicli scolastici.
Riteniamo indispensabile che tutti gli studenti italiani possano venire a Roma a visitare i luoghi e le opere che costituiscono l’identità dell’Italia e dell’Occidente. Per questo ristruttureremo i mercati generali per farne un grande ostello aperto agli studenti italiani.
“Possiamo decidere di non cambiare nulla – conclude Calenda – In fondo Roma è Roma e non ha bisogno di modernizzare alcunché. Possiamo rassicurarci ripetendo che non siamo Londra o Parigi ma una città eterna che deve rimanere criptica e ‘chiusa’ per chi non ha sufficienti mezzi culturali per orientarsi, disinteressandoci della possibilità di offrire questi mezzi.
Possiamo continuare a conservare e basta. Possiamo infine ritirarci di fronte a chi scrive, senza vergognarsene, che i politici non devono parlare di musei e cultura ma solo finanziarla. Noi crediamo che dietro questo atteggiamento si nascondano i semi del nostro declino culturale. La storia diventa identità viva se è conosciuta. E i musei devono essere veicolo di conoscenza. Oggi così non è. E anche per questo abbiamo cessato di essere una grande Capitale europea”. (Zap/ Dire)