Casal Palocco, niente carcere a Di Pietro. È la pena giusta?
“Oggi abbiamo una condanna che rispettiamo ma che non potrà restituire la vita di un bimbo di 5 anni”, così l’avvocato della famiglia
Ha accettato la colpevolezza in cambio di una condanna di 4 anni e 4 mesi, in linea con quello che prevede la legge per il patteggiamento. Ma non farà un giorno di galera e questo non va bene per l’opinione pubblica, che non comprende le ragioni della Legge. Chiediamoci piuttosto se questa sentenza farebbe desistere altri dal commettere lo stesso reato.
L’assassino del piccolo Manuel non andrà in carcere
Matteo Di Pietro, 22 anni, il ragazzo che il 14 giugno 2023 uccise a Casal Palocco il piccolo Manuel di soli 5 anni, mentre era in corso una challenge, ovvero una sfida, seguita su YouTube dai follower del gruppo Theborderline (ora chiuso in seguito alle vicende di cronaca), ha patteggiato la condanna e gli sono stati attribuiti 4 anni e 4 mesi. La legge prevede un massimo di 5 anni per il patteggiamento e altre pene, come il ritiro della patente e una forte pena pecuniaria. Ma lui è incensurato e ha già scontato 6 mesi ai domiciliari. Si è presentato in tribunale con lo sguardo pentito, capelli lunghi spettinati, timido e conciliante. Irriconoscibile dal bullo che guidava la pattuglia Theborderline, la società che incassava proventi per quanti seguivano le loro gesta.
La sfida era restare alla guida più di 50 ore
Il giovane era alla guida di un Suv Lamborghini, preso a noleggio, assieme ad alcuni suoi amici che lo aiutavano nelle riprese con i telefonini. Doveva dimostrare in diretta di poter rimanere alla guida il più a lungo possibile, anche 50 ore di seguito.
Ma quando ti trovi al volante di un Suv potente come quello, è facile schiacciare l’acceleratore e correre a folle velocità in una strada trafficata di AXA a Casal Palocco, pensando di uscirne indenne, non si sa bene in base a quale teoria. Già superare il limite di 50 Km/h che c’è in quel tratto di strada è un rischio. Secondo i dati del Gps al momento di imboccare via di Macchia Saponara, alle 15:38, il Suv si fermava per poi riprendere velocità e in 14 secondi arrivare a 124 km/h poco prima dell’impatto. Non si rilevarono tracce di frenata, la Lamborghini travolse la Smart, su cui si trovava il piccolo Manuel, uccidendolo all’istante e ferendo la madre e la sorellina.
Di Pietro è stato condannato per omicidio stradale aggravato e lesioni, gli sono state riconosciute le attenuanti generiche. Ma non andrà in carcere. La sua legale Antonella Benveduti lo ha specificato così: “Credo che questa sia una condanna in linea con quelle che sono le finalità del nostro ordinamento, di rieducazione, risocializzazione proprie della sanzione penale. Sono cardini fondamentali del nostro ordinamento penale, previsti dalla Costituzione, e importanti nel valutare poi la correttezza di questa pena. Nessuna condanna può mitigare il grave lutto, la grave perdita”.
La pena è irrisoria per l’Associazione vittime di incidenti stradali
Il legale della mamma di Manuel: “Eravamo preparati, oggi non è stata una sorpresa. Resta la tragedia per una famiglia, per una madre” ha detto l’avvocato Matteo Melandri, legale della madre del bambino morto. “Oggi abbiamo una condanna che rispettiamo ma che non potrà restituire la vita di un bimbo di 5 anni” A Di Pietro è stata anche revocata la patente.
L’Associazione vittime incidenti stradali ha protestato per bocca del suo presidente: “La pena comminata per omicidio stradale per lo youtuber è troppo bassa” ha detto l’avvocato Domenico Musicco. “C’erano tutte le aggravanti e la velocità era quattro volte superiore al consentito in una zona con divieto a 50 km/h. Così non si fa giustizia per la famiglia del bambino ucciso. Di Pietro potrà usufruire delle misure alternative al carcere e la concessione del patteggiamento si risolve di fatto in una pena irrisoria. Non è una bella pagina per le vittime della strada”.
“Matteo ha espresso le sue scuse, il suo dolore. Ha riconosciuto nuovamente la sua responsabilità, come aveva già fatto nell’interrogatorio e ha espresso anche il suo desiderio di impegnarsi in futuro in progetti che riguardano la sicurezza stradale. Quindi un suo impegno sociale che lui stesso ha definito come ‘obiettivo sociale’”, ha dichiarato l’avvocato Antonella Benveduti, che ha raccontato ai giornalisti presenti a piazzale Clodio quanto detto in aula dal suo assistito.
Allora chiunque fa un incidente e ammazza una persona non va in galera?
Ci rendiamo conto del possibile pentimento del ragazzo e dei principi di rieducazione cui si ispira la Legge ma c’è anche un altro problema, non solo quello del rispetto che si deve a una famiglia che ha subito la perdita di un figlio piccolo, ma anche quale idea si possono fare altri giovani come Matteo, del nostro ordinamento giudiziario. Tanti bei discorsi difficilmente giungeranno alle loro orecchie. Il fatto del pentimento e del recupero di Matteo passerà in seconda linea rispetto all’evidenza che ha ucciso un bambino e non farà un giorno di carcere.
Purtroppo la comunicazione funziona così e anche la comprensione delle notizie e dei fatti che accadono viene interpretata, dalla persona disabituata a valutare aspetti diversi, principi legali e sociali e le conseguenze dei propri atti, tenendo conto di tutto questo. Il concetto è banale e spietato: meglio non avere incidenti ma se mi capita non mi fanno nulla! Dove anche il ritiro della patente è nulla, anche perché non sarà per sempre e uno può sempre andarsene in un altro Paese e ricominciare un’altra vita. Manuel no.
Le condanne devono essere esemplari
È pur vero, come dice l’avvocato Benveduti che nessuna condanna, per quanto dura, restituirà il bambino morto alla sua famiglia ma una condanna esemplare forse, potrebbe far desistere un altro giovane irresponsabile, di tentare di fare gare e sfide come quelle di Matteo e dei suoi amici. Inoltre si resta perplessi osservando la disparità di trattamento per altre persone, anche coetanei di Matteo, magari stranieri, che finiscono in cella per reati meno gravi dell’ammazzare un bambino per guida irresponsabile. Se fermano una persona con oltre 5 grammi di hashish o marjuana, la punizione prevista è la reclusione da sei a venti anni e con una multa da 26.000€ a 260.000€, prevista dall’articolo 73 del Testo Unico in materia di sostanze stupefacenti.
Insomma quand’è che in Italia non si riesce a evitare la galera?
In Italia è difficile andare in galera. Secondo quanto spiega l’avvocato penalista Mattia Fontana nel suo sito, in ogni caso si deve arrivare al terzo grado di giudizio, quello della Cassazione. Tuttavia se la pena comminata è inferiore ai 4 o 6 anni in casi specifici relativi a soggetti tossicodipendenti, il Pubblico ministero ne dispone la sospensione. Ed è possibile richiedere una misura alternativa alla pena carceraria. Tipo i servizi sociali, gli arresti domiciliari, la semilibertà.
Allora quando non si può evitare di andare in galera?
Quando la condanna supera i 4 anni. Salvo il caso della sospensione condizionale della pena perché era il primo reato e si spera che ci si astenga dal ricaderci. Per reati come il maltrattamento aggravato, lo stalking o il furto in casa o con strappo (scippo) il carcere è inevitabile. Peggio per reati di terrorismo, eversione, associazione di tipo mafiosa, violenza sessuale e di gruppo, induzione alla prostituzione minorile, pedopornografia, omicidio, estorsione aggravata, rapina aggravata, sequestro di persona. In tutti questi casi è impossibile evitare il carcere ma, aggiungo io, in Italia c’è chi ci riesce anche in questi casi. Magari evitando il 41bis, la detenzione stretta dei colpevoli per reati di mafia.
Di Pietro non va in carcere. Ha scontato 6 mesi ai domiciliari
A spiegare perché Di Pietro non andrà in carcere è Matteo Melandri, l’avvocato che assiste la famiglia di Manuel: “Di Pietro, dopo sei mesi ai domiciliari, ha ottenuto il patteggiamento della pena ed è stato condannato per omicidio stradale aggravato e lesioni. Al giovane youtuber sono state riconosciute le attenuanti generiche. Di Pietro ha già scontato agli arresti domiciliari sei mesi. Ha patteggiato una pena a quattro anni e quattro mesi di reclusione”.
“Il che significa che a Di Pietro resterebbero da scontare circa 3 anni e 6 mesi, un periodo di tempo inferiore alla soglia di quattro anni, che consente la richiesta di affidamento. Quando diventa definitiva una pena inferiore ai quattro anni di reclusione, l’ordine di esecuzione è automaticamente sospeso e l’imputato può fare richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali. Si tratta di fatto di una detenzione domiciliare nelle ore notturne per tutto il periodo di durata della pena. Chi decide se concedergli o meno questo beneficio sarà il magistrato di sorveglianza”.