Casini, il nome per il Quirinale che mette d’accordo (quasi) tutti
Chi meglio di lui oggi garantirebbe l’unità di un Paese che non ha mai smesso di essere arcidemocristiano fino al midollo?
Casini al Quirinale, il nome che mette d’accordo (quasi) tutti?
Quando si dipinge Casini a 66 anni come il golden boy della politica italiana, redini alla mano, aspetto giovanile e sciolto, si dimentica che il Pier Ferdinando di Bologna è in Parlamento da 38 anni e che Francesco Cossiga venne eletto Capo di Stato nel 1987 all’età di 56 anni. Basta questo per rendere appetibile e altamente quirinabile Casini.
I tre nomi per il Quirinale: Draghi, Belloni e Casini
Pare che nei caffè dietro Montecitorio, tra Piazza Colonna e Piazza di Pietra, dove la politica fa colazione, digerisce il pranzo, e sfoltisce petali, la rosa finale – tranne ulteriori colpi di scena – si sia ultimamente ristretta a due nomi, bruciato cazziati gli altri, forse tre al massimo.
Sono quelli di Mario Draghi, Elisabetta Belloni, Pier Ferdinando Casini. Tra veti, controveti, e ammazzacaffè, l’opzione Casini parrebbe, sottolineamo parrebbe, oggi la piu’ viabile e meno sgangherata rispetto alle prime due.
Con la tiritera dei mercati e blah blah blah, il primo fa ancora troppo comodo dove sta, ossia a Palazzo Chigi, magari con qualche aggiustamento per accontentare qualcuno. La seconda, pur reclamando finalmente il seggio al Colle una donna, non soddisfarrebbe i palati più fini e intimoriti a causa dell’eventuale passaggio al Colle. Inoltre la Belloni verrebbe dai Servizi Segreti dove ora è al comando.
Casini al Quirinale in un paese da sempre democristiano
Il tempo stringe, sull’opinione pubblica si allenta la morsa di gomene e restrizioni del Covid, il pericoloso elastico… “Ora basta!”, potrebbe scattare da un momento all’altro contro la presunzione della politica di continuare a far prevalere in un momento così cruciale la propria incompetenza e mancanza di sensibilità ai problemi del quotidiano.
Se Casini infine sarà, per stanchezza o per necessità, un ampio arco costituzionale farà comunque festa.
La Meloni potrà continuare a ritagliarsi quello spazio di martire dell’opposizione che tanto le garba, Salvini tirerà il fiato vantando una vittoria non certo propria, e il PD si farà bello col suo ennesimo frutto ben maturo.
Casini è un tempio ormai, un’istituzione della Repubblica, senza nemici apparenti dicono e senza scheletri; partito giovanissimo dai palchi della biblica DC, già scudiero di Forlani, con trascorso nelle file del cavalier Berlusconi, infine planato ed eletto nel Partito Democratico. Chi meglio di lui oggi garantirebbe l’unità di un Paese che non ha mai smesso in fondo di essere arcidemocristiano fino al midollo?