Caso Gregoretti: la strategia anti Salvini si ribalta. E il PD si scandalizza
L’obiettivo era eliminare il leader della Lega per via giudiziaria. Dando per scontato, a torto, che lui non avesse alcuna contromossa
Morivano dalla voglia di mandare Salvini a processo. Poi sono stati presi dal timore che diventasse un boomerang, specialmente a ridosso delle elezioni in Emilia-Romagna. Così hanno temporeggiato, per rinviare l’attacco a un momento meno rischioso. Decidendo infine di disertare la riunione di giunta che, in base all’art. 135 del regolamento del Senato, doveva esprimersi al riguardo. E che ieri, appunto, si è pronunciata comunque.
E lui, il leader leghista, che cosa ha fatto?
Ha giocato d’anticipo. Dando l’ordine ai suoi di votare per l’autorizzazione a procedere. Che peraltro, essendo solo un parere preliminare, è un passaggio non ancora risolutivo, visto che per un eventuale ed effettivo via libera al processo si dovrà attendere il voto dell’intera assemblea di Palazzo Madama.
Una partita, evidentemente, tutta politica. Ossia mediatica, in questi tempi sempre più poveri di autentico approfondimento e di vera consapevolezza da parte della generalità dei cittadini. Moltissimi dei quali non capiscono – e non sospettano neanche – che le contrapposizioni oggi esibite siano molto meno sostanziali di quanto essi credano. Di qua i liberisti della globalizzazione, favorevoli all’immigrazione di massa. Di là i liberisti “sovranisti”, che mal sopportano gli stranieri e non si rendono conto che la prima e decisiva invasione è quella del potere economico, di per sé sovrannazionale, che pensa solo al profitto e che ci impone delle vite insensate.
Così, in un ribaltamento dei ruoli che sarebbe quasi comico se non venisse dai partiti al governo, i fautori del processo a carico di Salvini si mostrano scandalizzati di quella che adesso definiscono una pagliacciata. Ma che viene stigmatizzata come tale solo perché il “colpevole” ha rilanciato in maniera imprevista e si è sottratto alla gogna. Da imputato destinato alla condanna, e perciò al pubblico ludibrio o addirittura alla prigione, a fiero difensore delle proprie ragioni, impaziente di dimostrare che l’assalto giudiziario equivale, invece, a un agguato politico.
Copione subdolo, copione errato
Curioso: se alla sbarra ce lo spediscono loro è giustizia; se ci si spedisce da solo è una pericolosa strumentalizzazione. Come ha dichiarato la Pd Anna Rossomando, «Salvini non può usare la giunta come palcoscenico per la sua campagna elettorale».
La verità, come al solito, è che il PD e soci sono a corto di argomenti a proprio favore e cercano di affermarsi attraverso lo screditamento degli avversari.
Lo screditamento. O addirittura la demonizzazione.
Un’ostilità viscerale che a posizioni ribaltate verrebbe additata come una forma di odio. Un’avversione esacerbata di cui le Sardine sono l’incarto colorato e accattivante. La sollevazione “spontanea” che viene presentata/spacciata per il toccasana che riscatterà il PD e dintorni dai molti vizi della politica come mestiere.
Se lo stesso fenomeno si fosse sviluppato a destra lo si taccerebbe di populismo. Siccome arriva da sinistra lo si esalta come il provvidenziale risveglio della coscienza collettiva. Democratica. Progressista. Aperta e solidale.
La scena di massa ha trovato le sue comparse, ma non è detto che basti. E allora, dietro le quinte, i registi della “Noi siamo il Bene – Production” continuano a darsi da fare. Scrivendo il loro copione a senso unico contro il Cattivissimo Matteo. Ma dimenticando che lui non fa parte del loro cast e che, quindi, non è tenuto ad assecondarli.
“Dettagli” che tendono a sfuggire, a chi è abituato a spadroneggiare.